Capitolo I

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Il rumore dell'autobus era sempre lo stesso. Fragoroso, prepotente ed irrimediabilmente irritante.
Erano le 7.07 di Lunedì mattina.
Il cielo era di un colore indescrivibile; a tratti era illuminato da qualche raggio di Sole che pigramente si faceva strada fra le nuvole. I gabbiani, rapidi, volavano in alto, sopra la Laguna, che sembrava immensa, vista da quel lunghissimo ponte. Una distesa d'acqua che rifletteva la luce e sembrava quasi agitarsi, increspata ogni tanto da un soffio di vento.
Ah, Marzo. Che mese strano. Non fa né caldo, né freddo. L'inverno è ormai finito, ma la primavera non si fa vedere. Sembra quasi un sogno lasciato in sospeso, senza un finale. Un intervallo fra due diverse stagioni che, per qualche sfortunata causa, non coincidono.
Sofia se ne stava lì. Impassibile, quasi annoiata dalla bellezza di tutti i giorni. Era avvolta da un soffice piumino nero. Una sciarpa le sfiorava il volto.

Vedendola, qualunque persona avrebbe per prima cosa notato i suoi occhi: enormi, verdi e profondi. Chiunque si sarebbe perso in quello sguardo, ma era proprio quello sguardo, in quel momento, ad essere perso. Fra centinaia di volti, la sensazione di non sapere dove trovare riparo.
L'autobus procedeva lentamente, in mezzo a tante macchine. Finalmente, raggiunto il capolinea, le porte si spalancarono.
L'aria fresca del mattino fece irruzione in quello spazio angusto, dove decine di persone si spingevano l'una contro l'altra durante tutto il tragitto. Era curioso, per Sofia, soffermarsi ad osservare la gente.
Quel Piazzale era ogni giorno lo stesso. Le stesse panchine, gli stessi alberelli striminziti, gli stessi marciapiedi. Lo stesso imponente ponte di vetro, le stesse biglietterie, lo stesso Hotel. Ciò che lo rendeva in qualche modo nuovo era il ritmo frenetico di persone diverse che si aggiravano fra i veicoli ogni mattina, chi andava di fretta, chi si soffermava a bere un caffè ai tavolini della stazione, chi invece camminava verso la sua destinazione.
Erano tante persone. Ognuna aveva la sua, di destinazione. Ognuno aveva i suoi problemi, i suoi impegni.
Sofia portava le cuffiette, come ogni mattina, per coprire il rumore del mondo con le parole di qualcuno che forse condivideva le sue emozioni. Le piaceva pensare che quel qualcuno potesse capire la sua vita ancora prima di conoscerla. E sembrava quasi possibile, con la musica.
Le piaceva attraversare la strada con passo deciso, estranea alla folla, a testa alta, senza soffermarsi a salutare nessuno, senza che nessuno turbasse anche involontariamente la sua mattinata.
Si avviò verso il pontile di legno al quale approdava il suo battello. Il battello era il mezzo di trasporto più comodo. Permetteva di raggiungere ogni attrazione turistica in pochi minuti di navigazione. Nel caso di Sofia, rappresentava l'unico modo di raggiungere la scuola.

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