Capitolo 10

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Freddo.

Buio.

Mattia sfregò le mani l'una contro l'altra e strizzò gli occhi colmi di stanchezza e tristezza.

Erano passate tre ore da quando aveva litigato con Christian e, non avendolo trovato nei dintorni di casa propria, il biondo aveva capito che doveva aver chiamato sua mamma per farsi venire a prendere. Così, lui, aveva deciso di chiamare la propria di madre, per avvertirla che avrebbe dormito dall'amico, così per poter avere il modo di passare il più tempo possibile fuori casa e chiedergli perdono in tutti i modi in cui il più grande glielo avesse chiesto.

Aveva preso l'autobus ed era sceso a qualche metro da casa di Christian, che si trovava in una parte poco conosciuta di quella città, scarsamente illuminata e stranamente più fredda del quartiere dove abitava lui. Sembrava che attorno a lui non ci fosse nessuno, nemmeno un misero insetto a fare il minimo rumore. Le uniche illuminazioni che lo aiutavano ad orientarsi, arrivavano dalle luci delle case accese, dove la gente iniziava a cenare e dalle illuminazioni di Natale, a cui non mancava così troppo tempo. Forse era la sensazione che provava nel petto a fargli percepire il freddo e il buio in un modo in cui non lo aveva mai fatto. Nemmeno da bambino aveva mai provato timore per quelle condizioni. Da solo nel letto, non chiedeva mai alla mamma di controllare sotto il letto o dentro l'armadio, lui era un bambino forte, un bambino già grande, che non aveva bisogno di nessuno.

Eppure eccolo lì 'il bambino grande', a tremare come una foglia, impaurito e infreddolito, in un luogo che aveva visitato migliaia di volte solo o in compagnia, ma sempre con serenità nel cuore e mai con timore. Perché la vera paura di Mattia era doversene tornare a casa, che il discorso di Christian fosse un punto definitivo, da cui volesse ripartire da solo, esattamente come aveva fatto con Martina.

Per l'ennesima volta prese il cellulare in mano, provando a chiamarlo.

Segreteria.

Guardò la percentuale della batteria che segnava il 15% e mise via l'aggeggio elettronico.

Alitò tra le mani e se le poggiò sulle guance.

Stava tremando dal freddo, sapeva che si sarebbe assiderato lì fuori se non fosse entrato in un posto riscaldato immediatamente, ma non si sarebbe mai arreso.

Guardò verso il portone di casa Stefanelli.

Aveva deciso di andare lì, di chiamarlo, di farsi notare in qualche modo, ma non voleva mettere in mezzo la famiglia del ragazzo, perché quella era una cosa che loro dovevano risolvere da soli. Non sapeva nemmeno se Christian avesse parlato di lui, in quel modo, ai suoi genitori e non voleva certamente creargli altri problemi in quel modo. Ma stava congelando e sapeva che si sarebbe sentito male se non si fosse riscaldato qualche istante.

Poi gli venne in mente che sapeva, più o meno, dove affacciasse la camera del ragazzo.

Si mise a correre verso il cortile posteriore del condominio, facendo sferzare ancora di più il viso dal vento gelido che si era alzato con l'arrivo della sera, ma almeno riscaldando i muscoli delle gambe quasi intorpiditi. Quando arrivò al proprio obbiettivo, si bloccò e si guardò in basso alla ricerca di un pezzetto di legno da poter utilizzare.

Fortunatamente sapeva che Christian abitasse al primo piano e che non sarebbe stato troppo difficile raggiungere la sua finestra con quel legnetto. Almeno per farsi notare, almeno perché lo notasse e lo facesse entrare in casa. Immaginava e sperava che vedendolo lì fuori al freddo, si sarebbe impietosito e lo avrebbe fatto entrare.

O era così arrabbiato che non gliene sarebbe importato proprio?

Puntò, si piegò indietro, caricò il lanciò e il legnetto spiccò il volo, colpendo la finestra prescelta. Mattia sorrise, felice di esserci riuscito, che i propri calcoli fossero giusti. Ma dopo qualche secondo, nessuno arrivò ad affacciarsi, nonostante le luci fossero accese.

Partire da te [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora