𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 5 - In un Lago di Sangue

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Quando Tommaso gli diede le spalle, Alan ne approfittò per tirare fuori da dietro la schiena un gran coltello affilato, che aveva preso dalla sua cucina la sera prima.

Appena Tommaso si appoggiò al lavandino, sentì un dolore atroce alla schiena: Alan lo aveva appena trafitto proprio mentre non gli prestava attenzione.

Tommaso non ebbe il tempo per dire nulla che cadde a terra in una pozza di sangue, perdendo i sensi. Ma essendo ancora vivo, Alan si inginocchiò accanto a lui e iniziò ad accoltellarlo ancora e ancora...
2....6....17....32....
Alan aveva perso il conto di quante volte lo avesse ormai infilzato. Dentro e fuori, dentro e fuori. Non riusciva a fermarsi, ormai la sua rabbia aveva preso il controllo. Dopo una decina di minuti si fermò per l'affanno, si alzò in piedi e guardò la scena: Tommaso aveva la maglietta bianca totalmente imbevuta di sangue; il suo volto era inespressivo, pallido, e pieno di schizzi di sangue; e il pavimento, il lavandino e Alan stesso, erano tutti sporchi e grondanti di sangue.

Alan non si lasciò prendere dal panico (anzi, in realtà era molto tranquillo) e andò a recuperare dal suo zaino una piccola accetta che gli aveva prestato suo nonno.

Alan, perché vuoi la mia accetta?

Mi piacerebbe costruire una casa sull'albero per la mia sorellina.

Ah ok, allora te la presto volentieri.

In realtà Alan non aveva una sorellina, ma suo nonno soffriva di Alzheimer* e quindi ci aveva creduto. Il piano era di tagliare Tommaso in diversi pezzi per poi buttarli in dei sacchetti neri. In questo modo sarebbero stati più facili da trasportare e sopratutto meno sospetti, essendo che nella sua scuola, il liceo artistico, era normale mettere le proprie sculture in dei sacchetti, per far si che non si asciugassero. In questo modo avrebbe potuto spacciare i pezzi di cadavere di Tommaso per delle sculture. Alan guardò il suo orologio. Aveva ancora un'ora prima che i suoi compagni finissero la lezione. Non aveva tempo da perdere.

Cominciò a tagliare Tommaso a colpi di accetta, pima la testa, poi le braccia ed infine le gambe. Non fu molto faticoso, probabilmente per via di tutta l'adrenalina che aveva in circolazione. Dopodiché tirò fuori dal suo zaino un grande rotolo di sacchetti neri e ci mese dentro in uno, sia i vestiti della vittima che i suoi; in un altro lo zaino e gli effetti personali di Tommaso; e nei sacchi restanti le sue diverse parti del corpo.

Alan, prima di ucciderlo, si era assicurato che il kit di pulizia delle bidelle fosse nello spogliatoio, e con esso, a questo punto, pulì tutto il sangue rimanente. Ormai mancavano solo dieci minuti alla campanella, e Alan si affrettò a nascondere tutti i sacchetti sotto le panche dello spogliatoio. Dopo essersi messo i vestiti puliti e sciacquato le ultime tracce di sangue sul suo viso, si sedette su una panca, le mani sulla testa, come se soffrisse di una terribile emicrania. Per fortuna oltre ad Alan c'era solo Enea. Non sarebbe stato difficile ingannarlo.
Enea era il ragazzo popolare, giocava a basket nella squadra della scuola e tutti volevano essere suoi amici. Aveva dei grandi e poderosi muscoli ed era alto addirittura quasi il doppio di Alan.

Ciao Alan, come stai? Un po' meglio?

Ei, non molto, sono pieno di mal di testa e mi gira tutto.

Mi spiace. Ma... cosa... cos'è questo odore?

Ad Alan il sangue gli si raggelò nelle vene. Non aveva preso in considerazione che ci potesse essere puzza di cadavere. Era stato uno stupido. Decise di fare il finto tonto.

Quale odore?

Non lo so, è strano... sembra odore di incenso.

Incenso?! Alan era abbastanza sicuro che i cadaveri non odorassero di incenso. Ma forse era stato troppo tempo in quella stanza da essersi abituato all'odore? Enea continuò.

Però io ho il raffreddore quindi forse mi sbaglio.

Alan tirò un sospiro di sollievo. Aveva avuto fortuna, se Enea non avesse avuto il raffreddore lo avrebbe sicuramente smascherato.

Quando tutti i suoi compagni di classe furono usciti dalla palestra, Alan prese i sacchetti. Quelli più compromettenti li mise nello zaino, mentre gli altri li tenne in mano. Doveva liberarsene il prima possibile, era troppo pericoloso andare in giro con delle prove schiaccianti come quelle. Salì sulla sua bici a rotelle e partì.

Mentre pedalava per il centro storico della sua città, incrociò una sua compagna di classe. Non si salutarono nemmeno, ci fu solo uno scambio di sguardi, ma Alan si era accorto che teneva il telefono in mano. La ragazza si chiamava Martedì ed era la classica ragazza dipendente dal cellulare, quindi non si era stupito di vederglielo in mano.

Arrivò a casa e nascose immediatamente i sacchetti sotto il suo letto.
Il giorno dopo si sarebbe svegliato presto e sarebbe andato a buttarli nell'ultimo posto in cui la polizia avrebbe cercato.
Il vulcano Ciprian.

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