Urla.

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Thomas’ s  POV

 Se ne andò risoluta. Avevo parlato con lei soltanto pochi minuti, ma avevo capito cos’era che aveva affascinato Dylan. Quella ragazza nascondeva qualcosa e sia Dylan che io amavamo il mistero. Ma lui,a differenza mia, dopo aver scoperto il mistero si disinteressava delle ragazze. La mia guancia scottava.

Fu in quel momento che mi vibrò il telefono e notai un messaggio.

Da Dylan: Allora? Che ha detto?

A Dylan: passo da casa tua tra dieci minuti.

Da Dylan: sbrigati.

Prima lui rinunciava a ubriacarsi con i ragazzi e passava gran parte della serata a aspettare una ragazza, poi era impaziente di scoprire cosa aveva detto Alexandra. Quel ragazzo aveva qualcosa che non andava più.

10 minuti spaccati dopo bussai alla porta. Subito Dylan mi aprì, come se fosse stato proprio lì dietro, a aspettare altro che io battessi le mie nocche sul legno della porta.

- allora, è sempre incazzata? O mi ha perdonato, anche se non ho ben capito che cosa dovrebbe perdonarmi?- chiese tutto d’un fiato.

- quanta fretta!- gli feci notare – che c’è ti importa veramente di lei? – lo provocai.

Lui sembrò rendersi conto della stranezza del suo comportamento e si ricompose, mettendosi a sedere sul divano con le braccia incrociate al petto. –Non dire cazzate – sputò acido.

-Bene, quindi posso anche tenermi per me il suo sorriso quando ho pronunciato il tuo nome?- chiesi.

- Fai come ti pare- mi liquidò con la mano.

Passarono 6 secondi, riuscì a resistere soltanto 6 secondi e poi domandò fingendo indifferenza – Davvero ha sorriso sentendo il mio nome?-

Iniziai a ridere perché non mi sarei più trovato davanti a una situazione dove il mio caro spezza cuori Dylan fosse stato messo in ginocchio da una ragazza.

- In realtà ha davvero riso, quando mi ha detto di dirti di andare a farti fottere – gli comunicai – e mi ha baciato sulla guancia- aggiunsi.

Una maschera di rabbia si formò sulla faccia di Dylan e si avvicinò pericolosamente a me.

- Thomas, io ti voglio bene, siamo amici dall’asilo, ma toccala ancora e ti faccio male- ringhiò.

- Non penso sia un problema, visto che ha detto che non vuole avere più niente a che fare con te. Penso che questo comprenda anche i miglior amici del ragazzo odiato- lo informai.

- Io ti ho avvertito- disse- e vattene – non ribattei, ma me ne andai e basta. Dylan può perdere la testa a volte e quando succede è sempre meglio non essere nei paraggi.

Prima di uscire dalla porta mi voltai indietro e dissi – vedo con piacere che ti sei innamorato- e chiusi la porta di scatto alle mie spalle. E sentii il telecomando scontrarsi con il legno alle mie spalle e risi sotto i baffi.

 Mi incamminai in strada e vidi una mano salutarmi da lontano e pregai che non fosse lei, che non fosse lei, che non fosse lei.

- Tommy! – esclamò una vocina acuta e fastidiosa. Era lei.

- Ciao Amy – risposi solo per cortesia.

- Dylan è in casa?-

-Si, sono appena uscito da lui-

Tirò un urlettino eccitata e senza neanche salutarmi, non che ne rimasi dispiaciuto, e si diresse verso la porta dalla quale ero appena uscito.

Con un sospiro tornai verso casa.

***

- Thomas è pronto!- urlò mia madre dal piano di sotto. Riuscii a sentire la sua voce nonostante avessi le cuffie nelle orecchie. La mia cara mamma.

Scesi e trovai mio padre già seduto a tavola, cosa che non accadeva mai. Senza far notare lo stupore mi sedetti anche io. Cenammo in silenzio, senza scambiarci le opinioni sulla giornata come ogni famiglia normale. Non avrei potuto dire loro di aver conosciuto Alexandra: mio padre mi avrebbe chiesto se aveva tante tette e mia madre non mi avrebbe neanche ascoltato, continuando a ripetermi di mettere in ordine la camera. Ma meglio il silenzio ai soliti litigi.

Mio padre puzzava di più quella sera, l’odore di alcool lo avvolgeva completamente. Non riuscivo a capire come facesse la mamma a sopportare il tanfo la notte.

Mi ritirai in camera mia e mi misi a osservare il soffitto della mia camera.

Ripensai alla mia giornata, come per sostituire il momento della cena, e quando pensai al bacio di Alexandra, mi venne la pelle d’oca. Era durato neanche un secondo, ma quella sera mi face restare il sorriso sulla faccia per almeno 10 minuti. Quando iniziarono.

-E quindi eri con lei? Non mentirmi!- disse mia madre.

- Io oggi sono stato tutto il giorno in ufficio e poi sono venuto qui. Non mi accusare di cose che non ho fatto-

- e questo odore si alcool? Cosa è, ti si è rovesciata addosso il disinfettante mentre curavi la ferita fatta con un foglio di carta?- gridò mi madre.

Una pausa, uno sciocco e l’urlo di mia madre. Non riuscii più a sopportarlo e me ne andai di lì.

Per uscire dovetti passare per la cucina e mia madre mi chiese con la guancia arrossata –dove pensi si andare, signorino?-

- Lontano da qui. Puoi farti picchiare da quello stronzo che si spaccia per mio padre, ma io non resterò qui a guardare- ribattei e uscii dalla porta prima che mio padre potesse realizzare cosa avevo detto, fin dove mi ero spinto. E avrei dovuto pagare una volta tornato a casa.

Camminai per la strada per minuti interi senza avere una meta, quando sentii un urlo.

Nel vicolo parallelo vidi un uomo che stava schiacciando una ragazzina, cercando di toglierle la maglia. La ragazza si ribellava, ma l’uomo era più forte di lei. Mi avvicinai a loro non sapendo come avrei fermato l’uomo. Ma quest’ultimo non appena mi vide scappò, probabilmente era drogato.

Mi avvicinai alla ragazza stesa per terra tremante e scossa dai singhiozzi.

E una morsa mi strinse lo stomaco.

Alexandra.

Hey!

sono riuscita a fare un doppio aggiornamento!! 

Grazie a tutti per le letture! Godetevi il  capitolo.

-Madison.

 

I saw a shooting star and I thought of you- Dylan O'brien-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora