Brividi.

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Alexandra’ POV

Lo odiavo. Mi stava trattando come un premio; qualcosa che doveva per forza vincere per mostrare a tutti di essere il più forte. E la cosa che mi dava più fastidio era che per un breve momento, su quella panchina mi era sembrato diverso. Come se fosse solo una copertura il suo essere. A quanto pare mi sbagliavo.

Camminavo veloce perché volevo tornare a casa prima che mia nonna si preoccupasse. L’avevo avvertita che sarei rimasta a cena in uno dei pochi bar del paesino, ma non avevo specificato l’orario di ritorno.

 Ero stanca  e volevo arrivare il prima possibile sotto le coperte e così decisi di prendere una scorciatoia passando per un vicolo buio invece che dalla strada principale. Quando fui a metà del vicolo vidi un uomo con in mano una bottiglia in fondo a esso. Un brivido di paura mi attraversò la schiena. “ Torna indietro!” urlò una vocina nella mia mente, incredibilmente simile a quella di mia nonna. Camminai per qualche altro metro, forse era solo ubriaco e non mi avrebbe fatto niente.

- Hey, piccola- gridò l’uomo con una voce rauca. Oh, cazzo. Voltai le spalle e cercai di andare il più velocemente possibile lontano da lì, ma l’uomo fu sorprendentemente veloce nonostante i vari gradi di alcool che portava in corpo e mi tagliò la strada.

-Non ti hanno mai insegnato che non si deve camminare nei vicoli di notte? Sai si incontrano cattive persone- mi disse e nonostante non fosse vicino mi arrivò al naso l’odore pungente dell’alcool.

- I - io, s-stavo solo…- balbettai cercando di indietreggiare lentamente, ma l’uomo si avvicinò velocemente a me,stringendomi le braccia tra le sue mani. Cercai di liberarmi dalla sua stretta, ma lui iniziò a bloccarmi con più forza.

- Sai, sei un po’ troppo vestita per essere estate- commentò e capii esattamente cosa aveva intenzione di fare. Prima che potessi urlare, strattonarmi via di lì,provare a correre o tutte e tre cose insieme, lui mi spinse con violenza e urtai uno dei muri del vicolo.

-No, ti prego. Non farlo, io…- ma non mi fece neanche finire di supplicarlo che aveva già una mano che cercava di entrare sotto la mia maglia.

Non potevo gridare. Chiamatemi stupida, chiamatemi codarda o come volete. Non avevo la voce.

In qualunque punto la sua mano puzzolente e sporca mi toccava avvertivo brividi di terrore e ribrezzo che mi facevano accapponare la pelle.

Iniziò a baciarmi il collo, e le lacrime iniziarono a scendere. Con la bocca percorreva tutta la distanza dalla mascella fino al petto. Voleva torturarmi prima di fare ciò che più desiderava.

E, mentre piangevo, mi maledicevo, mi maledicevo per essere passata da quel maledetto vicolo, e non dalla strada principale, mi maledicevo per la mia fottuta pigrizia.

Poi passò una mano sul mio labbro inferiore e allora morsi le dita con quanta più forza riuscii a trovare. Per un secondo allontanò la presa su di me e si allontanò leggermente da me, ma io non aspettavo altro.

Riuscii a correre e per un secondo credei di essere ormai salva, ma lui mi raggiunse e questa volta mi scagliò per terra e urlai per il dolore dell’urto. Si posizionò sopra di me e mise le mani sotto la mia maglia fino a arrivare al seno, ma si fermò all’improvviso e scappò, lasciandomi sola a terra, in un vicolo buio, scossa dai singhiozzi e dai brividi.

Sentii dei passi avvicinarsi e delle mani posizionarsi sulle mie spalle. Per un attimo temetti che l’uomo fosse tornato, ma poi mi resi conto che le mani che mi stringevano erano molto più piccole e giovani. E mi stringevano con delicatezza.

- Alexandra – sussurrò una voce confusa e terrorizzata. Era una voce che conoscevo.

Mi girai e anche nel buio riuscii a distinguere i capelli biondi. Thomas.

Una sensazione di sollievo si espanse per tutto il mio corpo, ma con il sollievo le lacrime aumentarono.

Thomas si stese a terra con me e mi abbracciò come un amico, nonostante lo avessi conosciuto quel giorno stesso e i singhiozzi aumentarono ancora di più.

- Shh, Alexandra. Stai bene ora, sei con me e non permetterò che ti facciano del male- mi rassicurò Thomas, ma non mi sentii affatto più rassicurata.

Mi prese il viso tra le mani e mi chiese- Alexandra cosa ti ha fatto quell’uomo? Voglio dire tu eri a terra, e l-lui era sopra di te e..- balbettò e notai che anche le sue guancie erano umide.

Mi voltai verso di lui -  Ti spiegherò tutto quello che vuoi, basta che mi porti via di qui- singhiozzai.

-Ti porto a casa-affermò.

-No, non portarmi a casa mia, mia nonna non deve vedermi in questo stato- riuscii a dire.

Thomas rimase in silenzio qualche secondo e poi disse- Vorrà dire che stanotte rimarrai a casa mia-

***

Thomas’ s POV

Non volevo portare Alexandra a casa mia. Non perché non lo volessi, tutt’altro in effetti, ma perché avevo paura che mio padre avesse potuto fare qualcosa per la mia risposta di poco prima. Non mi importava niente perché ero abituato a essere picchiato da lui quando era ubriaco, ma se avesse fatto qualcosa a Alexandra soprattutto dopo quello che aveva passato quella notte.

Tenni un braccio attorno alla sua vita durante tutto il percorso da dove l’avevo trovata fino a casa mia non perché non fosse in grado di camminare da sola, ma perché volevo farla sentire protetta. Non avrei permesso a nessuno di farle del male. L’avevo conosciuta soltanto da un giorno, ma sentivo già il dovere di occuparmi di lei.

Arrivammo a casa mia, ma non c’ era traccia di mio padre. Meglio. La portai velocemente in camera mia.

-Stenditi pure sul letto, io ti prendo qualcosa per dormire- le dissi.

- Thomas, grazie per tutto. Per essere arrivato, per ospitarmi qui, per…- iniziò a ringraziarmi, ma la interruppi dicendo -  non lo dire neanche per scherzo. Non mi devi ringraziare-

Mi avvicinai all’armadio e mentre sceglievo una maglietta che non mi facesse sembrare un deficiente da farle indossare la sentii parlare al telefono.

-Nonna ciao, si lo so che è tardi, ma ho incontrato Julie, ti ricordi di lei… no, quella era Emily… Julie era quella delle caramelle…esatto lei e mi ha chiesto di rimanere a dormire a casa sua. così sto da lei. Ci vediamo domani.- disse  e chiuse subito la chiamata perché sentivo dal suo tono che si stava per mettere a piangere. Le porsi una maglietta blu delle più piccole che avevo e un paio di pantaloni della tuta. S teneva la testa tra le mani e delle lacrime le rigavano le guancie. Faceva male vederla crollare così.

Mi sedetti accanto a lei sul letto e la abbracciai. Per un attimo temetti che non ricambiasse, ma poi si aggrappò alla mia maglietta e si sfogò.

-Immagino che tu… ehm, non voglia… parlarmene…riguardo a… - tentai di chiederle.

-Mi ha quasi violentata. Non ha finito quello che ha iniziato grazie a te- sussurrò e mi guardò negli occhi. I suoi erano così belli. Volevo baciarla, lo volevo così tanto, ma pensai che se l’avessi fatto avrei rovinato tutto. Così mi limitai a dire per cercare di  – e così sarei Julie?-

Le scappò un’adorabile risatina e desiderai farla ridere ancora e ancora e ancora.

Quando si fu cambiata e ci fummo messi sotto le coperte insieme lei si girò verso di me  emi sussurrò – Grazie ancora, Thomas –

-Non provare a ringraziarmi ancora!- brontolai.

-Buonanotte- bisbigliò.

-Buonanotte-

SPAZIO AUTRICE:

Ciao a tutti! GRAZIE PER I VOTI!!!! spero tanto che il nuovo capitolo vi piaccia.

Cercherò di pubblicare il prima possibile.

-Madison

I saw a shooting star and I thought of you- Dylan O'brien-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora