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Quella notte feci un sogno strano: camminavo su una scogliera e il mare sotto il mio sguardo era cupo e scosso da una tempesta imminente, la vedevo arrivare da oltre l'orizzonte. Il mare rimaneva sempre alla mia destra, mentre dall'altra parte il vento della costa mi spingeva sempre più verso lo strapiombo. Ad un certo punto mi fermai e abbassando lo sguardo vidi un fiore davanti ai miei piedi che rimaneva stabile e fermo nonostante il vento. Era raggiante, questo fiore, e man mano che lo guardavo sembrava cambiare, anche se non capivo bene come. Quando mi resi conto che stava prendendo colore, la tempesta che prima sembrava così lontana arrivò e spazzò via il fiore portandolo in alto verso le nuvole grigie, mentre io rimasi immobile senza neanche i capelli scompigliati. Sentii il vuoto improvviso e poi mi svegliai.

Il telefono stava squillando ininterrottamente e la pioggia fuori dalla finestra sbatteva contro il vetro. Lo afferrai velocemente ancora turbato dal sogno appena concluso, ma appena misi a fuoco la schermata la suoneria si interruppe e una notifica apparì sullo sfondo nero: avevo tre chiamate perse da Soobin. Nel giro di otto minuti mi aveva chiamato tre volte, ora quattro. A quel punto risposi subito quando ricevetti la quinta chiamata.

-Pronto?

-Porca miseria, non potevi rispondere prima?!- il suo tono era nervoso e la sua voce tremava, sembrava essere sul punto di esplodere.

-Hey, calmati e dimmi che è successo. Perché sei così scosso?

Lo sentii fare un respiro profondo e quindi gli lasciai il tempo di elaborare ciò che doveva dirmi.

-C'è appena stato un incidente davanti a casa mia, un ragazzo è stato investito e credo... c-che sia lui.

La sua voce si spezzò definitivamente alla fine della frase e con lei anche un pezzo del mio piccolo mondo che non sapevo di avere. Con la mente vuota mi misi la prima felpa che trovai sulla sedia davanti ame, infilai le scarpe e uscii di casa correndo sotto la pioggia scrosciante. La mia mente non voleva capire ciò che il mio corpo stava facendo, non si spiegava perché sentissi il bisogno di arrivare là e neanche perché il mio respiro si stava facendo corto nonostante io non volessi che mi importasse così tanto.

Cercavo di convincermi che fosse una forza dietro di me che mi spingeva e io continuavo a mettere un piede davanti all'altro per evitare dicadere.

Ma chi voglio prendere in giro?

Nel momento in cui arrivai mi piegai appoggiando le mani sulle ginocchia in cerca di aria e non potei reprimere l'istinto di alzare il viso per cercare una qualsiasi possibilità che non fosse vero. I capelli bagnati si erano attaccati sulla mia fronte e con le gambe tremanti mi avvicinai lentamente alle strisce pedonali dove un gruppo di persone era intento ad osservare qualcosa. Un'ambulanza di fianco a loro con i lampeggianti accesi.

Cosa guardate con così tanta attenzione? Cosa c'è lì davanti?

Quello che vidi erano dei paramedici intorno ad una barella che si affrettavano a caricare sull'ambulanza.

Ecco, per un momento mi ritornò in mente il fiore del mio sogno e di come era stato strappato dal vento. Quel fiore raggiante lo rividi nel suo viso pieno di tagli e bagnato dalla pioggia, che non si degnava di fermarsi per lasciarlo in pace. Se qualcuno mi avesse chiesto perché il mio viso era bagnato non avrei saputo se rispondere per la pioggia o per le lacrime. Le mie gambe iniziarono a muoversi da sole ed andai a bussare alla porta del mio amico, dove mi aprì sua madre con un'espressione spaventata in volto.

-Soobin è in casa?- la mia voce sembrava lontana, come se non mi appartenesse.

-Tesoro, è venuto verso casa tua correndo. Non l'hai incontrato mentre venivi qua? Che gli sia successo qualcosa?- notai che iniziava ad agitarsi e provai a tirare fuori la scusa più plausibile per tranquillizzarla.

-Ho preso una scorciatoia per arrivare qua, non ci saremo visti. Ora torno a casa, sono sicuro che mi stia aspettando.

Chinai la testa per salutarla e cercando il più possibile di non girarmi verso la macchina ancora ferma in mezzo alla strada dove un uomo era stato fermato dai poliziotti, ripresi la mia corsa verso casa. Non l'avevo incrociato e sinceramente avevo paura anche io che gli fosse successo qualcosa.

Anche se riuscivo a sentire il mio respiro affannato uscire dalle labbra la sensazione era di aver trattenuto il fiato fino al momento in cui vidi Soobin in piedi davanti alla mia porta. Lo guardai girarsi lentamente verso di me.

-Non riuscivo a stare lì...- sussurrò con lo stesso tremolio nella voce che aveva anche prima al telefono. Non gli risposi, non sapevo bene cosa dirgli visto che sentivo io stesso il bisogno di essere confortato. Mi limitai ad abbracciarlo.

Lo invitai a rimanere a casa mia per il resto della giornata così che non dovesse tornare davanti al luogo dell'incidente. Per le prime ore rimanemmo in sala sul divano mangiando qualcosa di caldo che avevo preparato sul momento e cercando qualsiasi cosa per distrarci dall'accaduto. La notte Soobin riuscì con fatica ad addormentarsi anche se molto tardi, mentre io rimasi sveglio tutto il tempo guardando le gocce di pioggia cadere sulla strada nera: mi sembrava impossibile una cosa del genere.

Notai l'alba dal cielo cupo che si fece un po' più chiaro, non l'avevo mai notato prima ma il grigio di quel momento sembrava caldo, sebbene ancora macchiato dalle nuvole pesanti. Vedendo quella luce che per un momento mi accecò gli occhi mi dissi di calmarmi perché in fin dei conti l'ambulanza era arrivata in tempo e quei paramedici si erano sbrigati, quindi non c'era bisogno di preoccuparsi così tanto. Soobin credo l'avesse già dato per perso.

Quando si svegliò mangiammo qualcosa e lentamente andammo verso scuola rimanendo in silenzio sotto l'ombrello. L'unica cosa che mi disse fu che voleva chiedere ai professori se avevano saputo qualcosa dai genitori, ma non ce ne sarebbe stato bisogno.

Appena entrati, vicino all'ultima classe del primo piano, un gruppo distudenti di prima stavano in semicerchio davanti agli armadietti, ma ero sicuro che non si stessero cambiando le scarpe. Sentii il cuore salirmi in gola e battere più forte ogni passo che facevo nella loro direzione. I rumori sembravano offuscati dal mio respiro e dai rimbombi dei miei piedi nel corridoio scuro, lo sguardo fisso su due ragazze in particolare che stavano abbracciate, una delle due piangeva, ma non capivo se lo facesse per il dolore o per fare bella figura.

Aspetta, perché dovrebbe provare dolore? Perché lo sto dando per scontato come se sapessi già il motivo per cui sono tutti lì?

Sentii il mio cuore farsi pesante e le lacrime scendermi lungo le guance, ma le mie azioni successive non riesco a ricordarle bene, forse presi a botte un ragazzino, forse continuai più semplicemente a piangere con la mente offuscata.

Quegli studenti erano davanti ad un armadietto decorato con fiori e qualche candela. Ogni tanto arrivava qualcuno per appendere un biglietto con una frase fatta come "ci mancherai" o "riposa in pace",nessuno sembrava voler scrivere una dedica sincera. Al centro dei fiori era stata posizionata una foto, la sua foto. A quanto pare i paramedici non si erano sbrigati come avrebbero dovuto. Vidi un ragazzo uscire dalla classe con un bigliettino, attaccarlo all'armadietto e poi chiedere ad una sua compagna: -Com'è che si chiamava questo?

Quanta ipocrisia.

Grigio chiaro di lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora