"Vengo con te."

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Per una settimana e per circa una ventina di volte compare sullo schermo del cellulare la foto mia e di Manuel al compleanno di Aureliano, puntualmente rifiuto al quinto squillo, giusto il tempo di osservare quanto eravamo felici.

Per una settimana e per circa cinque volte mio padre è salito in camera per informarmi della presenza di Manuel in garage, puntualmente mi sono avvicinato alla finestra quando sentivo che stava per andare via.

Per una settimana e per ogni istante che la costituisce ho opposto resistenza alla tentazione di passare del tempo con lui, puntualmente la voglia di cedere è stata sovrastata dalla valanga di motivi per non farlo, il rancore represso, gli sbagli reiterati soprattutto quelli recenti, la chiave interpretativa di Alex, Alex stesso.

Per una settimana e per ogni suo giorno ci siamo incontrati senza scadere nella banalità dettata dall’abitudine, ci siamo rincorsi nelle distese di prato verdi, tenuti per mano nei musei di arte rinascimentale, baciati nei posti sconosciuti della città eterna, esplorato gli aspetti caratteriali nascosti, ci siamo conosciuti.

Ma la settimana finisce oggi, il tre settembre di un lunedì segnato sul calendario come il giorno dell’esame di riparazione alla bocciatura mio e di Manuel.

Alle nove del mattino seduto sullo sgabello del bar difronte alla scuola, con la compagnia di mio padre che parla persino mentre beve il caffè, mi domando se l’ansia mi sta divorando lo stomaco perché ho studiato il minimo indispensabile oppure perché tra poco apparirà davanti a me il ragazzo che mi ruba il sonno.

“Simone, è arrivato Manuel… Manuel siamo qui!”

Grazie per l’informazione papà, come se non avessi due occhi per accorgermene ed un cuore che esplode, sei sempre delicatissimo!
Poi lui lo sa pure che le cose tra di noi si sono incrinate, mica pretendo un po' di tatto ma almeno una gioia contenuta per questo rincontro, non c’è bisogno di sbracciarsi in questo modo.

“Buongiorno professò, me lo offre un caffè?”

Non mi degna di un’attenzione, non mi rivolge nemmeno la parvenza di uno sguardo, non mi saluta, ma potevo aspettarmi un trattamento diverso? Manuel è l’emblema dell’orgoglio, avrà segnato ogni rifiuto nel quaderno nero dei rinfacciamenti futuri.

“Roberta mi fai due caffè per questi scapestrati? Io scappo dentro a cercare di non farvi bocciare! Oh Mimì e Cocò, non me fate fa una figuraccia per favore.”

“Non ci conti professò!”

Ok Simò adesso che siete rimasti soli non giocare brutti scherzi, la tua missione è quella di evitarlo per un po' per cui stai tranquillo, trattieni il fiato, rimani in silenzio e le cose andranno per il verso giusto.

“Manuel io mi sto cagando sotto, tu sei pronto?”

Lo sento in lontananza il carretto del circo che passa a prendermi, mi arruolano come clown professionista.

Io non ci riesco se è con me, occhio che non vede cuore che non duole, ma se l’occhio vede le parole eruttano.

“Mi parli adesso? Il mutismo è passato?”

La mia mente matematica da sempre studia meticolosamente le possibili reazioni alle infinite casualità della vita e le conseguenti azioni da mettere in atto, di questa situazione però non avevo fatto previsioni, per cui nel mutismo ci ritorno l’attimo dopo in cui mi chiede se sia andato via, con la scusa di sorseggiare freneticamente il caffè.

“Comunque mi sento pronto, c’ho buttato il sangue in questi mesi per ‘stò esame, lo sai.”

“Hai ripetuto qualcosa ieri? Io ho fatto il matto dietro ad italiano.”

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