"Scusami, non volevo dire questo."

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“Simone ti sembra normale passare la notte fuori e non avvisare? A me e tua nonna stava venendo un infarto, non puoi comportarti così, io ti spedisco dritto da tua madre a Glasgow o peggio ancora in collegio!”

Le mie palpebre si aprono di soprassalto stimolate dal vocione inconfondibile di Dante Balestra.

Ma quando mi sono addormentato? Quante ore sono passate? Perché ho una parte di corpo intorpidita?

“Ma sono modi questi? Bere così tanto da non riuscire ad arrivare manco in stanza? Sembrate due barboni! Vi è andata bene che non avete fatto un incidente in moto! Non si guida da ubriachi! Io non ci posso credere, siete due sconsiderati, due idioti!”

I raggi di sole bruciano i miei occhi stanchi e ancora confusi, hanno la possibilità di contemplare però lo spettacolo più dolce mai visto prima, Manuel accoccolato sul mio petto, il mio braccio che lo stringe ed il suo incatenato alla mia vita.

Ma quanto è bello quando dorme?

Potrei osservarlo per sempre senza mai annoiarmi, assume questa espressione placida che maledirei chiunque oserebbe svegliarlo, come mio padre in questo istante.

“Manuel! Lo sai che tua madre mi ha chiamato trecento volte? Io non ti giustifico, sappilo, glielo dico che vi ho ritrovati qui lerci! Ma cosa vi è passato per la testa? Voi due ci farete morire prima o poi!”

Lo sento scattare, si slaccia da me con una rapidità fulminea, ha l’espressione di chi è stato colto in flagrante a commettere un reato ed io lo so che probabilmente non è ancora pronto, non posso pretendere che le cose siano cambiate in una notte ma fa male lo stesso.
Lo imito nel tentativo strampalato di rimettersi in piedi, la terra però non è del tutto stabile sotto di noi, un po' per l’alcol ancora in circolo e un po' perché la magia non è svanita del tutto, è agganciata al ricordo.

“Professò che ore sono?”

“Sono le sette e mezza, quindi tu fila a casa e tranquillizza tua madre, tu invece entra immediatamente dentro, vi bevete sette litri di caffè, vi fate una doccia e tra un’ora vi voglio vedere a scuola, ci siamo intesi?” 

Quanto fa schifo avere un padre professore e non poter bidonare come fanno tutti? Non poteva scegliersi una professione diversa? Che tra le altre cose non è manco tanto legale che insegni nella classe del figlio ma valli a capire i magheggi suoi e della preside.

“Che palle papà veramente.”

“Con tutto il rispetto,che palle un cazzo! Vabbè dai almeno vi siete divertiti? Avete passato una serata piacevole?”

“Incredibile professò, non può nemmeno immaginare quanto.”

Sorride imbarazzato e mi da la possibilità di aggiungere un nuovo sguardo al catalogo il “stavolta non mi pento di nulla” che è il più significativo tra tutti quelli che ho collezionato nel tempo, ha quasi l’aria di essere una promessa non scritta.

“Bene, molto bene, ora però scattare!”

Eseguo alla lettera gli ordini del tiranno Balestra con il cervello pieno di momenti indimenticabili e le labbra serrate in un ghigno di stupore, l’ansia e i quesiti prendono il sopravvento solo quando salgo sul motorino per raggiungere scuola, il vero tragitto verso la metabolizzazione.

Abbiamo fatto l’amore per davvero? Avrà il coraggio di affrontare il discorso? Quali saranno le conseguenze a tutto ciò? La mia storia con Alex che fine farà?

Cazzo Alex.

Cosa ci fa qui, davanti all’ingresso, appoggiato alla sua macchina? Perché Manuel lo scruta mentre beve un caffè? E’ impossibile che abbiano parlato vero? È tutto assurdo, voglio tornare indietro ma mi hanno già visto, ora come mi comporto?

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