"Manuel, sei pronto?"
Non lo so se sono pronto, mamma.
Vorrei tanto esserlo, ma un'ingiustificata insicurezza mi attanaglia al silenzio.
Forse lo sono stato, per un solo momento, quantomeno con te.
Te la ricordi la sera in cui c'è stato l'incidente?
Poco prima ero cullato sulle tue gambe, accarezzato dalle tue mani, con quei semplici gesti eri stata in grado di risvegliare in me la pura sincerità che appartiene ai bambini e volevo confessartelo.
Parlarti di questo grande amore, l'incapacità di dichiararlo, la paura di liberarlo.
A fermarmi poi quel tonfo, uno schianto contro le mura di casa nostra, a provocarlo era stata proprio la persona su cui questo grande amore si riversava.
Ma lui questo non lo sapeva, lui conosceva solo la mia finzione, usata per negare la verità del mio essere, una tra le tante ragioni per cui lui quella sera voleva morire e ha annientato una parte di me.
Lui.
Questo pronome all'inizio ho cercato di estirparlo dai pensieri, cercando l'opposto disperatamente, come era sempre stato, come mi aspettavo che sarebbe sempre stato.
Come non è stato perché aveva già piantato radici troppo profonde.
Non deve essere lui, deve essere lei, ma c'è solo lui, ancora lui, tra tante lei, sempre lui.
Quanta difficoltà nell'accettare se stessi e un pronome. Ritrovarmi a dover accettare un'essenza sconosciuta di me, trascinata via dall'ignoto, per un pronome.
Che strano poi familiarizzare con esso.
Io amo lui, non lei, amo lui.
Cedere in ultimo alla consapevolezza che non esiste nessun'altro pronome possibile, in questo universo burattinaio di un destino inderogabile.
Finalmente abbracciarlo e combattere per riaverlo indietro, amarlo incondizionatamente.
Lui.
Ma oggi mamma non voglio essere pronto per dirti ciò che avrei ammesso mesi fa, vorrei invece svelarti che io quel grande amore l'ho dichiarato, l'ho liberato, lo sto vivendo, ed è per questo che non respiro più a fatica.
Vorrei dirti che se da un mese mi chiedi ripetutamente perché ho una luce particolare negli occhi, non è perché è arrivata una nuova lei, come presupponi tu, a rubarmi il sonno e la malinconia, ma è l'amore che condivido con lui, in segreto.
Vorrei non fosse più segreto per te, vorrei che tu ci vedessi lui nei miei occhi e non una luce particolare, ed è per questo che forse mi sento pronto.
"Manuel, allora sei pronto? Mai una volta che mi rispondi oh!"
"Mà, mi manca solo la cravatta, me la metti tu?"
"Oggi compi diciotto anni, ormai sei un uomo, dovrai imparare a farti il nodo alla cravatta da solo."
Lei armeggia con la stoffa e io rifletto su quanta importanza abbia la sua estrema premura, mai stata scalfita neppure dalle mie peggiori ribellioni, e la sua voce graffiante, l'unica conosciuta durante l'infanzia e fonte di dimestichezza nel presente.
Questi diciotto anni mi hanno privato senza ombra di dubbio di tante cose, la figura di un padre, un nucleo numeroso e unito, una stabilità economica, dei punti di riferimento precisi, ma non ho subito mai un senso di mancanza perché c'era lei con i suoi vestiti buffi e la passione per le lingue geneticamente non trasmessa ad annodarmi la cravatta, ad esserci.
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Quello sguardo
FanfictionTre mesi dopo l'incidente Simone deve fare i conti con la realtà, il costo è di dover reprimere i propri sentimenti. Lui che si era sempre sentito difettoso per l'incapacità di amare, adesso è costretto a smettere pur di essere felice. Manuel però...