"La Manuel e Simone associati."

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La stazione di Bologna è un intreccio grigio di sotterranei e scale mobili, noi la coloriamo di baci per cui non serve neppure più chiedere il permesso, che sia il posto perfetto per far esplodere mesi di amore represso lo abbiamo compreso scendendo l'ultimo gradino del treno, mano nella mano.

Quello che ci appare dopo aver varcato la porta d'uscita però è uno scenario tutt'altro che grigio.
Ci sono palazzi antichi, portici imponenti, prati artificiali e persone stravaganti a conferire un pizzico di magia ovunque ti volti a guardare.
Persino l'autostazione con la sua mastodontica insegna gialla, che a primo acchito può sembrare decadente, di fianco alla meravigliosa scalinata della Montagnola assume un fascino particolare.

"Futuro bolognese, da dove cominciamo?"

"Non lo so, compriamo una mappa così capiamo dove andare."

"Simò, ora ti dico una cosa che ti sconvolgerà, io lo so che reagirai male, ma te prego non impazzì come al solito, ti giuro che pensavo lo sapessi."

E' il modo in cui afferra le mie spalle che mi pone in allerta, se ne ha combinata un'altra delle sue io giuro che questa volta lo ammazzo per davvero.

"Oh dimmi, mi stai facendo preoccupare."

"Anni fa hanno inventato un aggeggio, se chiama telefono, dentro ce stanno delle applicazioni che non te sto manco a spiegà, una di queste però è capace di farti vedè pure le mappe delle città. Pazzesco vè?"

Con che tono serio poi, trattiene a tal punto le risate che tra poco scoppia a piangere, praticamente un bambino.

"Sei un deficiente guarda, proprio un deficiente."

"Madonna e che faccia che hai fatto, te dovevo fa un video. Dai non te la pija a male, viè qua."

Allora se continuiamo così, che limoniamo per un'eternità ogni sette frasi scambiate va a finire che prendiamo il treno del ritorno senza esser riusciti a visitare nulla e non va bene.

Va benissimo!

Come posso resistere a lui che per colmare la differenza d'altezza si mette ogni volta in punta di piedi? Oppure le carezze sul collo che provocano brividi di dolcezza? Lo sguardo con cui cinge il mio viso usato come scusa per riprendere fiato?

Semplicemente non si può e forse mi provocherà una fortissima dipendenza.

"Simò daje, decidi 'ndo vuoi andà!"

"Ah, fai pure lo scocciato? Guarda che sei tu che non perdi occasione per saltarmi addosso, lo so che non mi resisti, ma almeno non prendertela con me se non riesci a calmare gli ormoni."

"Simò lo vedi quel palo della luce?" lo indica

"Certo che lo vedo, mica sono cieco."

"Se non la finisci de di cazzate te ce appendo. Mo ce vogliamo muove da qua che siamo fermi da venti minuti? Dove vuoi andà?"

"Piazza maggiore come prima tappa."

Dopo una dimostrazione patetica di come si usa il telefono da parte di Manuel, ci siamo incamminati su via dell'Indipendenza, le sue dita sempre incastrate alle mie.

Inutile specificare che per arrivare in Piazza Maggiore ci abbiamo impiegato due ore, c'erano troppi posti in cui fermarsi lungo il tragitto.

Io attratto principalmente dalla Finestrella di Via Piella, una piccola porta sul muro da cui si spalanca il canale delle Moline, un flusso di acqua circondato da case rosse e cespugli rigogliosi.
Il mio compagno d'avventura invece dalle trattorie, alla ricerca dei tortellini migliori da mangiare in zona, e dalla scritta latina "Panis vita, canabis protectio, vinum laetizia" sul Canton de' Fiori a cui ha scattato foto da mostrare a Lombardi.

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