Capitolo 5

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"E quindi vi vedete di nuovo stasera?"
Sara si preme forte la mano sulla bocca a nascondere il sorriso.

"Perché ridi? Vi vedete o no?"

Francesca osserva la collega al disopra del cumulo di pratiche che ingombrano la scrivania.

Sara è arrivata in ufficio con l'aria sognante e gli occhi ridenti di una quindicenne innamorata, e le ha raccontato di come era andato l'appuntamento, una sorta di confessione malinconica di entrambi, concluso con un saluto silenzioso e senza prospettive che però contrasta apertamente con l'espressione felice che ha dipinta sul volto.

"Sara? Devo immolarmi sulla scrivania per avere una risposta?"

L'altra si riscuote e il sorriso diventa una mezza risata al punto che non riesce più a nasconderlo dietro la mano.

"Sì ci siamo dati un altro appuntamento. Ci vediamo per cena stasera. È stato...incredibile Francesca"

Sì incredibile è la parola giusta. Le racconta la seconda parte di quella strana serata, di come appena salita sulla metro avesse sentito, subito, la mancanza di lui, e di come si era sentita bene stando seduta a quel tavolino in sua compagnia e di nuovo, senza quasi capacitarsene avesse preso il telefono per scrivergli, praticamente in contemporanea con lui. "Abbiamo chattato come due adolescenti. Pensa che la signora seduta sulla metro vicino a me quando è scesa mi ha detto di sposarmelo, che un uomo che mi faceva sorridere così non dovevo farmelo scappare"
Francesca la guarda con un'espressione di puro compatimento, sopra gli occhiali "Vabbè, lo ammetto. Un'adolescente non si sarebbe mai resa così ridicola, hai ragione"

Sospira, incurante del fatto che l'amica finga di iniettarsi l'insulina, per l'alone troppo zuccheroso che la circonda.

Da quando si è alzata cammina su una nuvoletta rosa, deve ammetterlo, perché, la sera prima, scesa dalla metro lo aveva chiamato e si erano messi a ridere in contemporanea, come due cretini. Come due ragazzini invecchiati ma non ancora perduti. Ancora in tempo, forse.

"Vorrei rivederti ancora" le aveva detto lui a un certo punto. "Non so perché non sono riuscito a dirtelo prima, forse perché mi sono sentito piccolo e meschino, con i miei sogni di gloria contrapposti a te che i sogni aiuti a realizzarli. Ma davvero, non voglio perderti per altri vent'anni..."

Aveva smesso di ridere anche lei e glielo aveva confessato che anche lei voleva rivederlo, a tutti i costi.

"E così ci siamo dati appuntamento per stasera a cena" conclude guardando Francesca e poi poggiando di nuovo la mano di traverso sulla bocca "non ci credo, Fra, giuro che non ci credo"

Francesca aveva scosso la testa e aveva sostituito l'espressione disgustata con un sorriso rassegnato.

"Credici bella mia, perché si sente puzza di bruciato fin qui. Sei cotta come una pera. Fidati di Francesca tua..."

Sara aveva sospirato.

Cotta? Può darsi. Non saprebbe dirlo.

Ma qualcosa, quell'uomo ha già saputo farlo: ha superato agevolmente il triplo giro di filo spinato e si è affacciato, col suo garbo e il suo bel sorriso, a quella parte di cuore che lei aveva volontariamente messo in stand-by. Perché non era facile vivere la vita che viveva lei e trovare qualcuno che capisse davvero fino in fondo quel suo tenersi ai margini, quel darsi totalmente a chi subiva solo ingiustizie, quel suo annullare ambizioni e desideri personali.

L'uomo che era al suo fianco, quando aveva deciso di lasciare lo studio e la carriera, non lo aveva capito, lo aveva preso come una scelta castrante anche nei confronti della loro vita insieme e se ne era andato.

E lei aveva aggiunto i cocci del suo cuore agli altri cocci e non aveva più avuto voglia di ricominciare, di esporsi, di rischiare altri no.

Aveva fatto entrare nella sua vita la macchina fotografica e le piante grasse e se le era fatte bastare.

Ma adesso...

Filippo conosceva bene ciò da cui lei era fuggita. E sembrava aver capito i motivi per cui lo aveva fatto, e sembrava che non fossero un cruccio, al punto che le aveva detto di volerla rivedere.

Forse era il momento di capire se c'era ancora spazio per qualcos'altro oltre alla Reflex e alle succulente.

Forse.

****////****

"Non hai idea Sara, non hai idea davvero di quanto mi dispiace. È una cosa non programmata, ma importante, non posso proprio dire di no. Mi dispiace."

Sara ci mette un secondo a rispondere, ha paura che la delusione le si senta troppo nella voce. Preme lo schermo freddo contro l'orecchio, sperando che quel contatto rigido la aiuti a mantenere la compostezza che sa di dover ostentare.

"Ma figurati, mi rendo conto. Il lavoro..."

La voce di lui, invece sembra non voler nascondere la delusione. Sembra sinceramente dispiaciuto, ma tant'è.

"Non è esattamente lavoro. È qualcosa che può essere la cosa più importante della mia vita o la cazzata più grossa di tutte... " fa una pausa e Sara giurerebbe di sentirlo sospirare come quando l'ansia ti chiude la gola e devi costringerti a respirare.

"Ma non posso proprio dire di no, Sara"

"Allora non preoccuparti, ci sentiamo e ci mettiamo d'accordo per un'altra volta"

Lui aveva sospirato, di nuovo.

"Decidi tu quando, e chiamami, o mandami un messaggio, come preferisci. Ma ti prego Sara, promettimi che lo farai."

"Te lo prometto."

Si era sforzata di non sembrare delusa, di non lasciare che la sua voce raccontasse quanto ci avesse messo tutta sé stessa nel prepararsi, nel scegliere un trucco che rispecchiasse quanto si sentiva disponibile e vitale, e un abito a piccoli fiori che raccontasse quanto si sentiva giovane e fiduciosa e...

"Ti auguro una buona serata Filippo"

Non è sicura di esserci riuscita, a nascondere del tutto il freddo che sente, la sensazione di aver fatto male a fidarsi, a cedere al desiderio di provare a lasciarsi andare e ad accogliere di nuovo.

Può capitare certo.

Un impegno improvviso, di quelli che non puoi rifiutare. Lo sa bene che può succedere. Ma può succedere anche che sia semplicemente una messaggio in codice, un modo nemmeno troppo velato per farle capire che, scemati l'entusiasmo di un aperitivo al tramonto a piazza di Spagna, e di una lunga chiacchierata notturna, forse non è il caso di andare oltre. Forse è il caso di essere adulti e di lasciare il passato esattamente dov'è, nei ricordi.

Si slaccia il cappotto e scende dai tacchi che aveva indossato per uscire. Meglio finirla subito, senza farsi troppo male, ha ragione lui.

Non lo avrebbe chiamato, naturalmente. Il messaggio era arrivato. Forte e chiaro.



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