Capitolo 17

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Luglio era esploso in tutta la sua soffocante canicola. Roma pareva ardere, nelle piazze affollate di turisti e nelle fontane scroscianti che regalavano un'illusoria parvenza di frescura. Sotto le volte stuccate di Chigi gli impegni sembrano moltiplicarsi così come la fatica per portarli a termine: sono giornate che sembrano non finire mai, specie per chi è svuotato di energie sin dal mattino.

Sara si porta stancamente le mani alle tempie, per muovere le dita in un massaggio leggero. Il caldo amplifica la difficoltà a rimanere concentrata e a vincere la voglia di chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno. C'è un refolo d'aria, che muove appena le tende e il divanetto di fronte alla scrivania ha un aspetto così invitante...

Come in trance lo raggiunge e vi si posa, rannicchiata tra i faldoni che ha accumulato anche lì. Raccoglie le gambe ed allunga il braccio sullo schienale, per appoggiarvi la guancia e abbandonarsi, corpo e mente.

Due minuti, si dice per mettere a tacere il senso di colpa, due minuti soltanto. E invece nemmeno quelli, perché passa meno un istante che una mano calda e gentile le afferra la spalla e la scuote con dolcezza.

"Sara? Sara, stai bene? Non rispondevi al cellulare..."

Strizza appena gli occhi nella luce dell'ufficio che le pare cambiata e inquadra il bel volto di Filippo chino su di lei, e quello preoccupato di Pier qualche passo più indietro.

"C'è bisogno del comunicato stampa, deve uscire tra meno di un'ora, sei riuscita a prepararlo?"

Sara lo guarda stranita: come sarebbe a dire tra meno di un'ora, sono le due, ha controllato poco fa e hanno pensato di divulgare il programma dettagliato del viaggio negli USA con le agenzie di stampa della sera... ma quanto ha dormito?

Fa un cenno con la testa, a indicare la scrivania, mentre prende atto che quello che per lei è stato un istante in realtà sono state quasi tre ore di sonno profondo.

"È sulla scrivania, l'ho anche salvato sull'iPad, se ti è più comodo. Devi solo verificare che ci sia tutto quello di cui avevamo discusso, ma direi di sì"

Pier recupera il dispositivo e vi si immerge poi esce dalla stanza senza nemmeno salutare. Rimangono lei e Filippo e benché la porta non sia chiusa lui può permettersi un tono un poco più intimo.

"Stai bene? Mi hai fatto preoccupare, non è da te non sentire il telefono."

Lei sorride. Sta bene? Direbbe di sì, a parte la stanchezza mortale che ancora le pesa addosso, e che negli ultimi giorni sembra non abbandonarla mai.

Sbuffa appena: è qualcosa che davvero fatica a spiegarsi, quello sfinimento e quel bisogno di dormire, non ha mai provato una cosa simile, e se non fosse che non ha mai vissuto un'esperienza lavorativa così totalizzante, difficile e che la coinvolgesse così tanto anche emotivamente, probabilmente se ne preoccuperebbe. Ma lo stress di quei mesi a Chigi è più che sufficiente a giustificare la sua prostrazione, per non parlare delle temperature particolarmente roventi di quell'estate.

"Sara?"

Sorride a Filippo che ancora la guarda ansioso, una ruga di preoccupazione a solcargli la fronte "Sto bene, stai tranquillo. È di certo il caldo, e i ritmi che sto tenendo. D'altronde..." ammicca appena e lascia che la voce le si abbassi un poco "succede, quando hai per capo uno stacanovista pignolo, precisino e...infaticabile"

Sorride anche Filippo

"Hai ragione. Non ci prendiamo una pausa da Natale, di fatto" appoggia i gomiti sulla spalliera del divano e assume una posa che possa apparire disinvolta ma che in realtà serve per arrivare vicino al suo orecchio e poterle parlare con quella sfumatura rauca che lei conosce così bene.

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