Capitolo 6

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Era tornato all'attacco lui.

Quasi una settimana dopo, al termine di un pomeriggio orrendo passato a raccogliere le testimonianze di un bimbo abusato che raccontava, aiutato da una psicologa, il male assoluto.

Sara non era mai riuscita ad abituarsi a storie di quel tipo. Ogni volta sprofondava in un abisso di sofferenza e furore difficile da spiegare e mantenersi lucida, per fare le domande che le sarebbero servite a imbastire un'accusa efficace, le costava un tale sforzo che dopo, semplicemente, non aveva altre forze che per attendere il tempo necessario ad arrivare a casa e piangere.

Aveva sentito il trillo della notifica ma non aveva guardato, si era buttata sotto la doccia bollente, quasi a voler lavare via l'orrore che quelle parole le avevano appiccicato alla pelle.

Il telefono lo aveva guardato solo quando era già nel letto, avvolta nel piumone, a scacciare via delle ossa Il gelo dell'insopportabile.

Aveva premuto sull'icona verde e il volto di Filippo era baluginato sullo schermo col numerino a indicare due messaggi.

"Perché non ti sei più fatta viva?"
"Posso chiamarti?"

L'ultimo, quello in cui chiedeva di poterla chiamare era di pochi minuti prima, arrivato probabilmente mentre era sotto la doccia.

Il ribrezzo provato durante la giornata è ancora tangibile nel fondo della gola, non è assolutamente il momento, non saprebbe articolare nemmeno una parola.

Prova a digitare un messaggio ma sono disarticolate anche le dita.

"No davvero, adesso non..."

Sta ancora provando a scrivere qualcosa di vagamente sensato che il telefono prende a squillare e sullo schermo si materializza la foto di lui ed il suo nome.

No no no, adesso no, per favore. Troppo vulnerabile, troppo scoperta... non è davvero in grado di dare spiegazioni o altro. Fa troppo male, tutto quanto.

Però, di contro, se non risponde lui potrebbe pensare che non gli voglia parlare perché è arrabbiata, e davvero non è così. Non vuole assolutamente che il loro essersi ritrovati abbia come unico risultato il perdersi con amarezza, perché davvero Filippo non la merita e lei non la prova.
Semplicemente vorrebbe potersi nascondere ancora un poco, il tempo di ricompattare il guscio che la voce di quella creaturina sfregiata dall'abomino ha frantumato in mille pezzi.
Perché ha paura di non farcela, ha paura che la voce calda di lui la costringa a una resa che non può concedersi.

Il telefono smette di squillare ma riprende a farlo, un istante dopo. È uno che non molla mai, è sempre stato così.

"Guarda che non era una scusa, sai"

Non le riesce di dire niente, le sfugge solo un sospiro, una via di mezzo tra sollievo e resa definitiva.

"Voglio davvero rivederti, non sai le volte che ho controllato il telefono, in questi giorni, per essere sicuro di non essermi perso una tua chiamata, o un tuo messaggio..."

Eccolo il pianto. Dapprima silenzioso a rigarle le guance e a permeare le labbra di sale, poi scomposto in lunghi singhiozzi, impossibili da trattenere.

Non lo sa quando l'ha capito, se da pochi istanti o se è una consapevolezza che si porta dentro inascoltata da vent'anni, ma le sole braccia che vorrebbe per farsi cullare e consolare, sono le sue.

"Sara? Sara, che succede? Ti senti male, vuoi che venga lì da te?"

È stato così naturale e liberatorio lasciare che le lacrime debordassero, facendo tracimare la sofferenza provata e il sollievo di non dover più essere costretta a portarla da sola, che ora quasi sorride, mentre lo rassicura che no, non sta male. E che no, non serve che la raggiunga.
Che ha solo un po' il cuore a pezzi e che forse il collante per rimetterlo insieme è lui.

Lui a cui è facile raccontare, e con cui è consolatorio condividere il fardello della rabbia e dell'impotenza.

Lui che forse davvero vuole rivederla, che forse, tutto sommato non ha accampato un pretesto.

Lui che insiste, nonostante tutto, nel chiederle quando possono vedersi.

Cerca una postura più comoda contro i cuscini, poi riprende fiato. Deve essere certa che comprenda, perché lei vuole rivederlo, con tutta sé stessa, ma deve essere sicura che lo voglia anche lui.

"Filippo credimi, capirei se... ecco io ho immaginato che il tuo sia stato una sorta di messaggio subliminale per dirmi che andava bene così, che ci eravamo ritrovati, che era stato bello ma anche basta. Quindi davvero, non devi sentirti obbligato ad insistere".

Dall'altro capo le arriva uno sbuffo

"La vuoi smettere? Voglio rivederti. È così difficile da accettare?

Beh sì un pochino sì. Soprattutto considerando lo sfacelo che è ora, con gli occhi arrossati e un campo di battaglia di kleenex sparso intorno.

Ma lui non la vede e qualcosa le dice che forse -forse- non gli importerebbe più di tanto, perché la voce gli si fa caldissima

"Sara ti prego, vuoi essere così gentile da concedermi un altro appuntamento?"

Dio Santo ma che potere ha quell'uomo? Dieci minuti fa era prostrata sotto al peso di tutte le sofferenze del mondo e ora si sente così leggera che potrebbe volare

"Dopodomani può andar bene? "

È giovedì ed è il giorno della settimana che di solito tiene libero per sé.

Il giorno giusto per riprovarci.

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