Capitolo 23.

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Mi ero stancata del buio.

Ovunque guardassi vedevo solamente buio e oscurità, uno scherzo del destino, perchè amavo la luce.

Mio padre mi diceva sempre che avevo occhi splendidi al sole, e adesso avevo persino terrore nel pensare solamente di guardarmi allo specchio.

Le mie caviglie erano lacerate e sanguinanti per via delle catene che mi tenevano inchiodata al muro, e l'unico rumore che sentivo era quello dei topi. 

Mi ero abituata all'oscurità,ma nonostante questo mi era difficile riuscire a vedere al di fuori delle grate.

Mi sentivo così sola e vulnerabile.

Avrei dovuto scappare quando ne avevo la possibilità, adesso, se anche fossi riuscita a uscire da quella prigione ero convinta che Adair mi avrebbe trovata. O forse, più semplicemente sarei morta di fatica poco dopo.
In quelle condizioni non sarei sopravvissuta a lungo nelle buie strade di Londra.

D'un tratto un rumore sordo si fece eco da lontano, sembrava quasi lo scattare di una serratura.
Una luce si fece spazio, e pian piano che si faceva più vicina potevo sentire dei passi tenui.

Chi era entrato non aveva intenzioni di farsi sentire.

- Signorina? - Una calda voce femminile si fece eco al di fuori della porta.

Mi alzai lentamente cercando invano di riuscire ad arrivare alla porta, quando la sua figura si fermò davanti a me.

La luce della sua candela ora illuminava la stanza, ed era ancora più angusta di quanto mi immaginavo nel buio.
Dorotea era in piedi davanti a me con in mano un vassoio.

- Le ho portato da mangiare signorina... - Sorrise mantenendo il tono basso, ma facendo trasparire il suo evidente dispiacere.

Ero incredula.
Dorotea aveva appena messo a repentaglio il lavoro e la vita per portarmi del cibo, se Adair l'avesse scoperto avrebbe sicuramente reagito in modo esagerato.

- Grazie Dorotea, non eri tenuta a farlo - Non persi tempo e mi fiondai a mangiare quel pezzo di carne molto invitante.

- Non sono d'accordo con i metodi del padrone, non posso esternarlo, ma ancora lui non è padrone della mia morale. - Rispose a tono.

Alzai un sopracciglio.

- So che non è la prima volta... - Ammiccai.

Lei si irrigidì e abbassò lo sguardo. Rimane in silenzio mentre con le mani si accarezzava il vestito nero che portava. Si sistemò il grembiule con fare nervoso.

- Ho visto parecchie cose da quando sono qui, ci sono praticamente cresciuta, le assicuro che non è sempre stato così -

Cercava forse di difenderlo?

- Non è giusto comunque, non deve scaricare l'odio delle sue esperienze sulle spalle di donne innocenti - Risposi bevendo un sorso d'acqua.

- Avete ragione... Ma... -

- Che cosa succede qui? -

Trasalì improvvisamente.
Spostai il vassoio lontano dalle mie gambe e attacca i la schiena al muro.

Adair era appoggiato al braghettone della porta, guardava Dorotea con uno sguardo inquisitorio, ma nonostante tutto Dorotea rimase composta.

- Che cosa ti avevo detto? Nessuno deve entrare qui. - Il suo  tono era cupo e severo.

Guardai per un'attimo Dorotea sinceramente in colpa per averla fatta rischiare.

- Mi scusi signore, non avevo intenzione di... -

Il Patto. (Amore proibito)  { IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora