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Nicolas
- Come vanno le ripetizioni? Avete cominciato a incontrarvi? -
Io e Ellison ci guardiamo con fare interrogativo.
- Volevo ricordarvi, se non ve lo avessi detto, che se non ci saranno miglioramenti da parte delle persone che hanno bisogno di essere aiutate in matematica, non verranno attribuiti alcuni punti extra. Fate del vostro meglio. -
Mi avvicino ad Ellison per sussurrarle all'orecchio. La sento rabbrividire e vedo la pelle d'oca farsi strada nel suo braccio. Mi lascio trasparire un sorrisetto laterale.
- Va bene se ci incontriamo questo pomeriggio?- dico mentre lei cerca di non guardarmi.
- Va bene. Dove? -
- A... casa mia, va bene? - dico con voce tramante, sperando che dopo il bacio di ieri mi creda. Un po' incerta poco dopo annuisce.
- Basta bisbigliare e continuiamo con le equazioni. - ulula la professoressa allungando il collo tra di noi, facendoci allontanare di scatto.
Io amo la matematica, mi affascina e mi aiuta a comprendere la vita. Credo che tutto e tutti ruotino intorno alla fisica, all'algebra, alla geometria. Quando ero bambino amavo risolvere i problemini di matematica che le maestre ci assegnavano e, spesso ne facevo anche oltre il dovuto. Le espressioni algebriche alle medie e le equazioni alle superiori. Cavolo che soddisfazione. E pensare che c'è gente che detesta questa materia. In realtà non è una semplice materia come può essere latino, è un insegnamento di vita. Le persone non la capiscono e per questo se la prendono con essa, dandole la colpa. La matematica piace sempre e solo quando si riesce a farla.
Perciò mi appassiono al resto della lezione che finisce dopo un battito di ciglia, come fosse una folata calda e leggera di vento. Mi volto verso Ellison che invece sembra del tutto annoiata.
- Come fa la matematica a non piacerti, Singh?-
- La odio. È molto diverso. Non riesco a capirla. Il problema è che non credo mi serva. La letteratura, l'italiano invece sono tutto per me. Il neoclassicismo, il romanticismo, sono simbolo d'amore e spiritualità dell'uomo, se le persone volessero nascondersi dalla vita vera, questa sarebbe una possibilità. I numeri sono solo numeri, non esprimono il lato sentimentale delle persone, ma solo la parte razionale. Come fosse solo la solita routine, noiosa, uguale. L'italiano è tutto il contrario, è dotato di una specie di calamita che attrae il pensiero, avvolgendolo. Quando si leggono i libri non si parla di matematica, non ci sono numeri perché non sono un mezzo di comunicazione. Per questo io amo l'italiano.  - dice avvicinandosi al mio orecchio e, questa volta, è lei a provocarmi un brivido che percorre la mia schiena e si fa strada nelle braccia, coprendo tutto il corpo.
- Vedi, Singh, quando la fisica fu scoperta prima esisteva già. Quando invece il latino fu inventato, fu inventato e basta. È stato solo un modo per favorire la propaganda di una lingua. Ma rispetto il tuo giudizio. - sospiro tirando il mento in su, senza guardarla. Si lascia scappare un sorriso, alzando le sopracciglia. È così bella anche tra i banchi di scuola, con la matita nell'orecchio, i capelli raccolti in un concio morbido e una semplice tuta, ma questo non glielo dico. Mi limito a sorridere anche io, guardandola nei suoi occhioni che non mi stancherò mai di definire 'miei'. Ad un certo punto non posso far a meno di notare, quando arriva la prof di arte, un contatto tra le nostre ginocchia. Chissà se lei ne è consapevole o è solo un mio presentimento. Chissà se anche lei starà pensando queste cose. Chissà se mi darà la soddisfazione di farmelo intuire, quel che lei pensa ora. Magari al bacio di ieri. Magari alle ripetizioni che le darò stasera, o magari solo a quanto è noiosa la prof di arte. Non mi guarda e rimane ferma immobile nei suoi pensieri. Vorrei comprendere tutto di lei, di quello in cui crede e quello che per lei è importante e, sapere di non poterlo fare mi dà i nervi.
Scosto con lo sguardo il ciuffo di capelli che le coprono il viso e lei, notandomi curioso nel cercare di intravedere i suoi occhi tra la chioma, si volta e mi dice:
- Ti serve qualcosa? Come mai mi guardi? - un profondo senso di delusione mi fa rimanere a bocca asciutta.
- Sì, mi puoi prestare una penna? - dico non curante delle parole appena uscite dalla mia bocca. Mi passa l'oggetto prendendolo dal suo astuccio nero tutto scarabocchiato con segni che somigliano alla scritta 'Summer'.
Quando le nostre mani calde si sfiorano in un tempo che mi pare quasi eterno, mi chiedo se stia sognando. Prendo la penna nera che mi porge notando l'unica donna avente le unghie al naturale senza smalto. Mi stropiccio cercando di tornare alla realtà e di concentrarmi. Sospiro.
- Cari ragazzi, come state, come vanno le vostre vite? - dice la prof guardandoci con un lieve sorriso. È una vecchietta, mi fa molta tenerezza quando la guardo, cammina con il suo bastone che sembra l'unico mezzo che le permette di camminare. Senza quel pezzo di legno lucido sarebbe il niente. Stando gobba si fa strada tra i banchi squadrando gli alunni con i suoi occhioni grigi dietro gli occhiali tondi, dalla montatura color oro. Come tutte le prof esistenti sulla terra, porta un copri spalle perla e dei pantaloni che non sono né jeans, né leggins, né tuta. Pantaloni normali larghi e senza tasche, quelli che si intendevano pantaloni prima ancora che nascesse il jeans. Mi affascina però come si pone agli alunni, sempre con quel tono dolce e amichevole, nemmeno fossimo bambini, ma è l'unica professoressa che veramente ci permette di sognare ancora.
Dalla finestra vedo Jones, spalanco gli occhi e un misto tra delusione e paura mi perseguita. Mi ero annientato, avevo dimenticato la realtà. Prendo il telefono e apro il suo contatto:

/Ho fatto, Jones. Verrà da noi questo pomeriggio./

Ellison
Nicolas sembra quasi diverso. Sono sicura che non ha nemmeno notato che dietro di lui c'è il suo bodyguard che mi fissa con sguardi strampalati e pieno di tristezza. Ma non mi importa più. Lui ha detto di stare tranquilla? Dopo il bacio di ieri sera non riesco a pensare ad un mondo senza di lui. E se... invece mi sbagliassi? Se non fosse così? Se... Ellison... è un amico. Non può essere niente di più.

In mensa scorto Alex con la coda dell'occhio mentre sono vicino a Nicolas, mentre ci dirigiamo insieme verso i tavoli.
- Ehi, come va? Lo sai che mi sei mancata? Mi dispiace così tanto di non essere in classe insieme... - dice mentre un inserviente gli porge la zuppa di lenticchie programmata dal menù. Posa il piatto nel posto accanto al mio e mi lascia un lieve bacio sulla guancia, lasciandomi senza replica. Guardo Nicolas, che sembra deluso. Lo sono anche io. Ma come mi viene in mente di baciare il mio migliore amico? Come mi viene in mente di tradirlo così? Mi piombano addosso tanti insulti da fare a me stessa ma vengo interrotta dal contatto tra le mie gambe accavallate sotto il tavolo e le ginocchia di Nic. Alzo lo sguardo per cercare il suo, già presente. Vorrei fregarmene di tutti e andargli vicino per baciarlo. Cavolo. Ma non posso. Quanto meno questo pomeriggio sarò a casa sua. La cosa mi spaventa molto ma, so che qualsiasi cosa accadrà lui ci sarà. Devo comunque migliorare in matematica e in qualche modo concimare la mia sapienza. Quindi non vedo soluzioni. Non dirò niente ad Alex, nemmeno a mamma. Fingerò di andare in un bar.
Programma fatto. Ora devo solo trovare il coraggio.

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