CAPITOLO 9: LA RICOGNIZIONE

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Durò tutto pochi istanti, il pesante portellone d'acciaio si chiuse alle nostre spalle per poi emettere il classico rumore di armamento della serratura.

< é ora di andare > dissi agli altri con una voce svogliata ma speranzosa.

In pochi istanti percorremmo la ripida salita che separava il nostro rifugio dalla strada, la visione che ci si parava davanti ad ogni passo era qualcosa di spettacolare, una notte con il cielo rosso sangue e una lenta pioggia cinerea che scendeva dal cielo, il tutto dominato da una notte tetra e oscura. Avevo paura, ma il fatto di sapere che con me c'erano i miei amici mi dava molto coraggio.

Ci incamminammo verso il supermercato cercando di rimanere nell'ombra, mentre utilizzavamo tutti i nostri sensi per percepire le più piccole discrepanze in quella quiete tombale, era una lotta contro la mente, ti sembra di udire qualcosa ma un attimo dopo ti accorgi che é tutto nella tua testa. Il detto "la mente gioca brutti scherzi" era azzeccato in quella situazione.

Ci sembrava di procedere a rilento poiché avanzando furtivi si sprecava molto più tempo, ma non potevamo rischiare...

non con la responsabilità che gravava sulle nostre spalle.

In questa missione tutto doveva procedere per il meglio...

Poiché ne valeva per la nostra vita e per quella dei nostri amici...

Continuammo a camminare in silenzio per circa mezz'ora, poi all'improvviso mi ricordai delle parole di Stefano, "Sempre sé c'è gente viva lassù.", solo ora mi accorsi che fino ad ora non avevamo incontrato nessuno.

Avvertì i ragazzi di questo e ci mettemmo a discutere sottovoce:

< ehi ragazzi vi siete accorti che fino ad ora non abbiamo incontrato nessuno, eppure é passata almeno mezz'ora da quando siamo usciti dal rifugio > dissi preoccupato agli altri,

< non ne ho idea, la cosa strana è che non abbiamo sentito nemmeno un rumore, tu hai sentito qualcosa di strano André > chiese Federico con aria interrogativa,

< io non ho sentito niente eppure da qualche parte ci dovrebbero essere altre persone sopravvissute a tutto questo > rispose,

< sono d'accordo con te > disse Stefano,

< secondo me c'è qualcosa di strano, adesso continuiamo ad avanzare però dobbiamo tenere gli occhi aperti,capito!? > disse Alberto,

< capito! > rispondemmo tutti e quattro alle parole di Alberto.

Si capiva dai nostri visi che eravamo preoccupati e impauriti, però oltre a questi due sentimenti si avvertiva uno sguardo serio e deciso che lasciava trasparire tutta la nostra determinazione per il compimento della missione a noi assegnataci.

Dopo circa cinque minuti dalla discussione, arrivammo al supermercato. Era stato completamente depredato, tranne per un po' si lattine di cibo in scatola ancora intatte e per qualche bottiglia di latte ormai andato a male.

Raccogliemmo tutto quel che ci poteva servire, tra le quali trovammo qualche batteria, un po' di lattine di cibo in scatola, e poca acqua custodita in una bottiglia. Ma poi ci ricordammo che tutti i supermercati possiedono un magazzino dove conservano tutti gli alimenti, cercammo il magazzino e quando lo trovammo ci entrammo dentro e trovammo un abbastanza cibo e acqua che ci sarebbe bastato per sfamare il gruppo per un po di tempo.

Usciti soddisfatti dal supermercato ci rendemmo conto di quanto tempo era passato da quando eravamo entrati dentro, era passata almeno mezz'ora e decidemmo che ci saremmo accampati dentro un negozio abbandonato per il tempo necessario a mangiare qualcosa per riprendere le forze, restando comunque svegli.

Non mi sarei mai aspettato di trovare la città così vuota.

Non mi sarei mai aspettato di vivere un esperienza simile.

Non mi sarei mai aspettato di sopravvivere.

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