CAPITOLO 13: LE DUE OMBRE

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Ero ancora disteso per terra...

Devastato dall'atto che avevo compiuto pochi secondi prima...

Andrea mi aiutò ad alzarmi da terra e con poche e semplici parole mi chiese spaventato mentre osservava il corpo esanime del bandito: < cos'è successo qui !? >,

< mi ha attaccato mentre stavo raccogliendo delle munizioni...

Mi saltò addosso e caddi per terra...

Mentre stava per pugnalarmi lo colpì con un calcio...

Provò a colpirmi un altra volta ma bloccai il suo attacco.

Fu quello il momento in cui presi il mio coltello e...

Lo colpii al petto... > risposi con la voce tremante e gli occhi gonfi di lacrime,

< su dai, alziamoci, é ora di tornare a casa, ne parleremo con gli altri appena arriveremo al rifugio > disse Andrea comprensivo mentre raccoglieva lo zaino contenente le armi e i giubbotti antiproiettile per poi metterlo in spalla, < va bene, partiamo adesso prima che ne arrivino altri... > risposi mentre accingevo a muovere i primi passi verso l'uscita.

Ma proprio quando afferrai la maniglia di quella porta rugginosa, avvertì una sensazione alla bocca dello stomaco e all'improvviso sentii un conato di vomito scuotermi l'esofago.

Proprio quando stavo per lasciarmi andare, decisi di lottare.

Non potevo sentirmi male proprio adesso sennò avrei compromesso la nostra missione.

Mancava poco per ritornare a casa, dovevo farmi forza e resistere per quegli ultimi, fatidici passi.

Uscimmo dall'armeria e ci incamminammo stanchi verso il punto d'incontro deciso dagli altri prima di ripartire verso l'accampamento.

Mentre camminavo sentivo il peso dei sensi di colpa che avvertivo come un macigno sulla mia schiena, durante il viaggio Andrea cercava di convincermi che non avevo scelta, l'unica soluzione, ma avevo appena ucciso una persona. Sentivo le lacrime scendermi lungo le guance per poi cadere a terra, bagnando l'asfalto che si trovava sotto i nostri piedi, passo dopo passo sentivo il bisogno straziante di scoppiare a piangere, ma non potevo mollare adesso, non dopo aver faticato così tanto.

Continuammo a camminare facendo attenzione che non ci seguisse nessuno durante il nostro tragitto, ma dopo mezz'ora di viaggio notammo due ombre che ci seguivano da lontano, silenziose e rapide. Dopo esserci assicurati che fossero reali e non oggetti frutto degli scherzi giocati dalla nostra mente, decidemmo di deviare verso una stradina nascosta per poi riparaci dietro ad un muro e avere un minimo di vantaggio in caso di attacco.

Dopo due minuti udimmo dei passi che si avvicinavano lentamente verso di noi, il cuore mi batteva così forte, sentivo le gocce di sudore che solcavano il mio volto ormai mutato dalla paura di quel nuovo mondo.

Dopo pochi passi arrivarono quasi di fronte a noi, ma non ci avvistarono a causa del buio della notte e del muretto che ci nascondeva dai loro sguardi...

Ma notai un particolare strano.

Uno di loro portava dei capelli lunghi e aveva una corporatura imponente rivestita da un giubbotto antiproiettile e imbracciava un fucile d'assalto, mentre l'altro aveva un corpo più alto ma più esile rispetto al primo e imbracciava un fucile da cecchino con un ottica gigantesca.

Mi alzai dalla copertura del muretto.

E lasciai intravedere il mio volto mentre veniva illuminato dalla luce fioca della luna.

A quel punto li riconobbi.

Mi bastò pronunciare una frase.

< Michel, Gabriele, siete voi ? >

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