태민

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Jeonghan era tornato con le sue stesse gambe in quel luogo che gli aveva portato via, per la seconda volta, la sua vita.

Era lì, con sguardo fiero e sicuro che trascinava la propria preda, per poterla prostrare ai piedi del suo Padrone.

Era stato una marionetta nelle loro mani così a lungo, che non può non essere in grado di farlo, di comportarsi come aveva sempre fatto.
Era stato creato per essere così. Eseguiva semplicemente gli ordini.

Non importava quanto fosse spaventato, quello che importava era che lì, oltre quella soglia cominciava la vendetta e lui non vedeva l'ora che si colorasse di rosso.
Alzò le mani e aspettò. Aveva la sua preda con sé. Il Cacciatore respirava a malapena. Moribondo.

Il cancello automatico si aprì stridendo, accompagnato dal lampeggiare di una lampada arancione.
Lui lo attraversò, spingendo la Tigre malconcia con sé, e vide già uomini armati accorrere ad accoglierlo. Infossavano giubbotti antiproiettile e fucili e caschi, in un attimo gli sono addosso come avvoltoi, con la solerzia delle api a cui era stato distrutto l'alveare.

-Fermo, mani in alto e non ti muovere!-

Jeonghan obbedì, era ciò che si aspettano, ciò che lo avevano sempre visto fare.
Gli uomini armati lo perquisirono con gesti rudi, li lascia fare, arrendevole. Quello non era di certo il benvenuto che meriterebbe una delle armi più preziose, che aveva appena portato come bottino il loro gioiello di morte ed efficienza, ma dopo tutto quello che era successo era naturale che non si fidassero.

Il sangue gli pulsava nelle tempie. Cose terribili sono successe in quel posto, e non solo a lui.

-È pulito, non ha armi.- disse uno degli uomini nel microfono che tiene appuntato al giubbotto.
Il Soldato sentì una voce rispondere attraverso un auricolare.
-È calmo?-
-Sì, signore. Sembra assolutamente collaborativo.- osservano che il prigioniero che il Disertore aveva portato con sè: aveva delle piastrine al collo. -E ha portato un Cacciatore.- comunicò immediatamente.

Ci fu un attimo di silenzio dall'altra parte.

-Portateli dentro.-
Quello che sembrò essere il capo della squadra, picchiettò la canna del fucile contro la spalla per fargli cenno di camminare.

Gli altri tirarono invece il Cacciatore, senza la minima grazia, mentre lui trattenne gli insulti tra i denti, ringhiando per la presa troppo forte. Non si sarebbe mai abbassato a camminare, e a seguirli come un cagnolino.

Entrarono in quel castello delle torture, senza vie di fughe, scortati. Senza alcuna prospettiva che non significhi morte certa.

Una sorte che prima o poi tutti loro avrebbero conosciuto.

***

Quarantotto ore prima

Era tardi per nutrire il minimo ripensamento.

Joo-hyun non ne aveva veramente, eppure aveva il pensiero fisso di stare per affrontare qualcosa più grande di lei. Si chiese per un momento se fosse così che Seulgi si fosse sentita nello scegliere il Cacciatore, che i Servizi Segreti. E non solo per quello che doveva provare nei suoi confronti, e per il senso di fiducia che doveva averle trasmesso nel salvarle la vita, e coprirsi le spalle a vicenda, ma anche per quello che sentiva essere giusto.

Quel rancore di una vita che non le apparteneva davvero, in cui si era buttata troppo in fretta, troppo giovane, e troppo inesperta.

E adesso, anche Joo-hyun si chiedeva a cosa appartenesse. A come il pensiero di dover agire nel modo giusto, entrasse nello stesso spazio mentale ed emotivo di Minho.
Tutto era diventato differente in pochissimo tempo per lei, per gli avvenimenti che erano accaduti e per come fossero successi.
Partendo da chi fosse a cosa fossero adesso.

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