6| La tua felpa, il profumo di te sui miei vestiti.

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«Vi ho interrotto?» chiese Nadia, vedendo solo in quel momento la posizione in cui eravamo; ovviamente, spinsi via Alex. «C'è Andrea?» chiesi elettrizzata, cercando di mascherare il più possibile l'imbarazzo. «Sì comunque Nadia, ci hai interrotti» commentò Alex alzando gli occhi al cielo. «Perché non mi hai detto che Andrea sarebbe venuto, invece di fare quella brutta roba stupida e cattiva?» chiesi seria, cercando di levargli quella soddisfazione dallo sguardo. «Non avrebbe avuto lo stesso effetto, no?» commentò facendomi l'occhiolino. «Non farti strani pensieri che lo so dove sta andando a parare la tua mente da depravato» affermai con sicurezza mettendo le mani sui fianchi. «Sentite voi due, potete rimandare i vostri flirt a più tardi e concentrarvi su di me? Sono particolarmente in crisi» intervenne Nadia mettendosi letteralmente tra me ed Alex. «Sì, certo. Andiamo.» In condizioni normali, un estraneo non sarebbe entrato in azienda passando inosservato, ma con il Natale imminente e la maggior parte del personale in ferie, chiunque poteva entrare in totale tranquillità. «No dai, io non ce la posso fare» disse sottovoce Nadia in un sorriso tirato, facendomi sorridere. «Avanti» esclamai prendendola a braccetto, andando ad accogliere il nostro ospite. Andrea fece un cenno con la mano per farsi notare, come se ce ne fosse stato bisogno. «Buongiorno» salutò cortese lui, sorridendo a Nadia e poi a me. «Buongiorno» rispose lei. Annuii fiera di me stessa, come se qualcuno mi stesse realmente chiedendo qualcosa. «Ciao Andrea, vuoi un caffè? Te lo preparo subito. Nadia anche tu? Arriva anche il tuo!» chiesi e mi risposi da sola, lasciandoli soli. Forse Nadia mi avrebbe uccisa, o forse mi sarebbe stata eternamente grata, ma qualcosa mi diceva che l'atmosfera del Natale avrebbe reso tutto un po' più magico. Tornai da loro poco dopo, con i caffè nelle mani e un sorriso speranzoso sul viso. Una speranza vana, mandata in fumo dall'evidenza pettegola della parte maschile aziendale, che aveva accerchiato Andrea e Nadia come un branco di iene ridanciane. Tentai di avvicinarmi, ma il mio passo deciso fu interrotto dalla presa di Alex sul basso del mio magione. «Ti do due scelte, ragazzina: nella prima, mi chiedi scusa per avermi spinto via e trovi il modo di farti perdonare» iniziò con tono basso, rauco e malizioso. Inspira, espira Lucy. Inspira, espira. «Oppure?» chiesi ferma e quanto più calma potessi. «Oppure, distraiamo tutti e salviamo i nostri amici» rispose, forse un po' deluso, ma sempre ben mascherato dal tono risoluto. Annuii: «Quest'oppure mi piace di più» commentai. «Perfetto, ma sono sicuro che tra poco non ti piacerà più» concluse con una scintilla bambina negli occhi e non feci in tempo ad informarmi sul come che il suo braccio prese contro al mio, abbastanza forte da farmi scivolare dalla mano il caffè appena preparato. In un'agilità improvvisata, simile a un orso sui pattini a rotelle, feci un balzo all'indietro, cercando quanto più possibile di evitare gli schizzi e finendo perfettamente addosso ad Alex, visibilmente divertito, prontissimo ad accogliermi con una mano sul fianco, aperta sulla mia pelle. Bruciava. «Il profumo del mio shampoo ti rende ancora più sexy» sussurrò piegandosi sul mio capo, spostandomi i capelli dietro l'orecchio.
Si poteva essere eccitati nel mezzo dell'imminente crisi nervosa?
Sbattei le palpebre più volte per cercare la forza di reagire senza fare cazzate, poi mi raddrizzai sposando la mano di Alex, temendo di trovarci il solco e diventando così marchiata da Maciste. Ebbi il coraggio di guardare la criticità dell'impatto caffè solo per distrarmi dallo sguardo di Alex: il maglione bianco non sarebbe mai più tornato bianco, al momento sembrava il principio di una delle tele di Pollock. Nadia aveva spalancato gli occhi, cercando una mia reazione allo tsunami, anche Alex stava metabolizzando quanto la sua idea brillante avesse generato il bigbang su di me, cercando di capire le mie intenzioni. «Okay, è tutto sotto controllo. Nadia, vieni in bagno con me per favore? Andrea, credo che possiamo rimandare tutto a cena, magari questa sera? Tanto offre Alex, il signore sbadato» dissi cortesemente, cercando di rimanere il più calma possibile. «Ehm, certo, ci sentiamo più tardi allora» rispose l'Architetto sgattaiolando via, mentre Nadia, cogliendo l'implicita richiesta di aiuto, mi aveva già raggiunta. «Alex, nello sgabuzzino ci sono stracci e prodotti per pulire» dissi infine, guardandolo malissimo. Annuì in silenzio, lasciandosi superare senza fare nulla. «Dimmi che tutto questo n'è valsa la pena» dissi a Nadia, davanti agli specchi del bagno delle donne, indicando il Pollock che avevo indosso. «Davvero carino l'Architetto, peccato per il pessimo tempismo» iniziò, da che pulpito. «Comunque ottima mossa per stasera, non so se tu sia più masochista o più geniale, fatto sta che non avendo nulla di carino da mettermi a portata di chilometri, ho bisogno di accompagnamento shoppinista per stasera, ti tocca saltare la palestra» aggiunse, con una risatina sul finale. «Lo dirò a Silvia e sicuramente verrà anche lei: da quando sua sorella si è trasferita a casa sua, ogni occasione è buona per stare fuori casa. Poi ci cambiamo da me e facciamo una preghierina per far tornare bianco questo maglione» risposi ridacchiando nervosamente, cercando inutilmente qualcosa che potesse venirmi in aiuto. «Ah, comunque, masochista. La risposta è e sarà sempre masochista» conclusi sfiorando il fianco marchiato da Eracle. Santo cielo, dovevo smettere di essere così volubile al suo contatto. Prima che potessi fantasticare su quella stessa mano sulla quale non dovevo fantasticare, la voce di Alex mi fece sobbalzare: «Ragazzina, sono io, mi apri?» domandò. Feci segno a Nadia di rimanere in silenzio. «Avanti, occhietti caleidoscopio, vedo i piedi» continuò. «Ma com'è possibile?! Non si vede niente da quella fessura così piccola» esclamai alzando un po' troppo l'acuto della voce. «No, infatti, ma adesso sono certo della tua presenza» rise lui. Alzai gli occhi al cielo, mi ero fatta fregare come una bambinetta, ancora, non mi ero mai sentita così tarda. Con un «Vi lascio un po' di privacy», Nadia si chiuse dietro di una delle due cabine, appena in tempo per l'entrata di Alex. «Non sei autorizzato ad entrare qui. È il bagno delle donne» dissi a braccia conserte e muso duro. Sorrise dolcemente, accentuando lo sguardo sensuale. Lucy, dannazione, smettila di guardarlo con occhi languidi, mi rimproverai subito. «Ti ho portato una felpa, così puoi toglierti il maglione, rimanendo comunque al caldo» disse lui, ignorando il mio commento acido, con la fantomatica felpa tra le mani. Decisi di evitare lo specchio: non sarebbe stato generoso con quello stupido quanto familiare rossore sulle gote. «Guarda che questo comporta uno sforzo non da poco da parte mia: sei davvero sexy con indosso i miei vestiti, dovrò impegnarmi tre volte di più per concentrarmi sul lavoro e non su...di te...» aggiunse abbassando il capo, lievemente imbarazzato. Imbarazzato? «Grazie, ma...» non feci in tempo a finire la frase: Alex mi interruppe, mettendo letteralmente la felpa nelle mie mani. «È possibile avere una conversazione con te senza le tue tenere obiezioni fastidiose? E soprattutto, niente ma: ti tieni il complimento e stai zitta» concluse più sicuro di prima, con tono rimproverante, anche se divertito. «No. Solo perché sei grande grosso e bellissimo, non mi puoi dire che cosa devo o non devo fare. Ora dammi questa dannata felpa ed esci da qui. Altrimenti mi spoglio davanti a te» replicai agguerrita. Alex alzò le sopracciglia, incrociando le braccia sul petto con atteggiamento da sfida. «Avanti» m'incitò, pensando seriamente di vincere contro miss orgoglio 2017. «Alex, Alex, Alex, pensi davvero che non lo farei?» chiesi retoricamente prendendo i bordi dello sfortunato maglione, alzandolo fino al pizzo del reggiseno nero, sopra al ferretto. Fu Nadia ad interrompere questa follia in tempo, al ridosso del capezzolo. «Okay ragazzi basta. Abbiamo capito tutti che c'è attrazione tra di voi, ma prima che questo bagno diventi il set di un porno amatoriale, Alex esci. Lucy ed io dobbiamo fare un bel discorsetto» affermò con le mani in alto e il tono di rimprovero Nadia, accompagnando Alex alla porta. «Lucy! Ti stavi davvero per spogliare davanti a Maciste? Nel bagno? Nel bagno dell'ufficio? A due passi da tuo padre?» continuò una volta uscito l'intruso. Abbassai il capo, incassando la predica con la coda fra le gambe. «Lo so, ma quello là mi fa saltare i nervi. Lo hai sentito? Ha detto che non sono capace di avere una conversazione normale, perché sono stolta e fastidiosa» mi lamentai come un bambino che piagnucola cercando la ragione dalla mamma. Avevo leggermente modificato le sue parole? Può essere, ma avevo comunque ragione io ed Alex era l'antagonista cattivo. «Sì, ha detto proprio così, esattamente tra il "tenera" e il "sexy"» commentò ridendo. Sbuffai, sfilando quello che rimaneva dal magione ed infilando la felpa di Alex che, a differenza di quella di ieri sera, non mi stava poi troppo larga, solo mi faceva enorme. Colpa del seno prosperoso. Maledetto. Mi guardai allo specchio, lasciando parlare la parte di me volubile che mi stava facendo sentire bene avvolta da quel tessuto tanto morbido e caldo. Come un abbraccio nel prolungamento di Alex. Santo cielo. Questa felpa profumava troppo di lui, mi stava facendo ubriacare. Scossi la testa, scacciando via quella voce per tornare in me. «Lucy, mi prometti che ora non fai cavolate, in magazzino?» domandò seria. Annuii. «Prometto. Però, non ti prometto di non parlare di te e Andrea» risposi seria sgattaiolando via dal bagno. La sentii chiamarmi più di una volta, ma era troppo tardi: chiusi la porta del magazzino alle mie spalle e, facendo un bel respiro avanzai sicura di me stessa. Peccato che la sicurezza svanì non appena la mia attenzione ricadde sul nuovo calendario di nudo da officina. Uno di quelli studiati a tavolino per enfatizzare la perfezione delle modelle, in totale contrasto con la cruda realtà della normalità femminile, o peggio di quella sotto la media della quale ne facevo parte pure io, con la mia bassa statura, la cellulite, le smagliature e la cifra troppo alta sulla Bilancia. «Che fai ragazzina, guardi la mia nuova amica? Ho deciso di chiamarla Pamela» disse Alex, mettendo un braccio intorno alla mia spalla. Sicurezza? Che parola strana, mai avuto a che fare con lei in vita mia. Almeno il sarcasmo non mi avrebbe mai abbandonata. Piccolo sollievo. «Senti signor uomo di Neanderthal–cacciamo e facciamo sesso per popolare il mondo, chiedi ad Andrea se ha qualche voglia per la cena, altrimenti andiamo al giapponese e scegliamo noi donne» affermai piatta, divincolandomi dal suo braccio, troppo sottostimata davanti alla perfezione di Pamela.
«Penso che il giapponese sia la scelta migliore, ma non pensi che sia troppo audace per te? Non è mica arrivato il weekend» provò a stuzzicarmi, cercando una mia reazione, non sapendo della crudeltà dei pensieri che mi stavo autoinfliggendo. «Cambia niente. Tanto è gratis. Paghi tu per me» risposi mantenendo lo stesso tono, lo sentii ridacchiare, ma non ci diedi troppo peso, tornando al mio lavoro.

Presa da numeri e dati sullo schermo del pc, non feci attenzione al fatto che Alex era diventato tutto silenzioso e indaffarato; capii cos'era successo a fine giornata, davanti al nuovo calendario: Alex aveva disegnato con il pennarello indelebile dei vestiti a Pamela ed io avevo nuovamente allentato la presa di posizione, lasciando che un sussulto smuovesse l'esercito.

Ragazza con gli occhi caleidoscopio - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora