Prologo

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Dedicato a tutti quegli specchi evitati, ai collant contenitivi, i tacchi comodi e il make up miracoloso.

A tutte le donne che al principe azzurro preferiscono un piatto di carbonara, ma che in segreto sognano Mr.Darcy e Khal Drogo.

Dedicato anche a tutte le persone che hanno un giudizio, proprio su tutto, e mai richiesto.

*                        *                             *

Prologo.


C'era un signore anziano seduto sulla panchina del parco sotto casa, sospirava, sorridendo commosso dall'alba. Lo avevo già visto lì, con il suo giaccone, i vestiti miseri e la classica acconciatura di chi non se la passa bene da diversi anni. Non girava nessuno nel quartiere così presto di mattina, c'era solo lui. La prima volta pensavo fosse un barbone o un tizio qualunque, magari pazzo e lo osservavo così, per curiosità: non aveva mai alcolici con sé, solo uno zaino e un libro dalla copertina di pelle.

Era diventata quasi routine: lo studio, gli incubi, la sveglia alle 4 puntale e il signore sulla panchina. Almeno fino a quando quel signore non scomparse per giorni, poi per settimane. Ero davvero preoccupato di un vecchio sconosciuto che sorrideva all'alba?

Non riuscivo a smettere di pensare a lui, era diventata un'ossessione: iniziai a leggere gli annunci delle persone scomparse, morte o ritrovate, ma di lui neanche l'ombra. Avevo perso la speranza fino a quel giorno.

Tornavo dal turno di notte, sfinito, ma non abbastanza per evitare il libro di Diritto Penale lasciato in sospeso sul tavolo da pranzo, vicino al piatto di minestra e lui era lì. Seduto sulla panchina, con il suo zaino e il libro dalla copertina di pelle. Mi avvicinai lentamente, insicuro sul da farsi: insomma, casa mia era proprio lì e quella era l'unica strada per arrivarci. Non fare il codardo Patrizio. «Non la trovi meravigliosa l'alba?» domandò il signore, spostando lo zaino per farmi sedere. Bizzarro, mi sedetti. Non sapevo come o perché, ma mi sentivo rassicurato. Non dissi nulla, guardando il sorgere del sole a fianco a lui. «Il momento della giornata che preferisco: l'aria fredda viene riscaldata dai primi raggi del sole e non importa se il tempo non sarà clemente durante il giorno, all'alba è sempre sereno. Rassicurante» iniziò senza distogliere lo sguardo. Sorrisi, sempre in silenzio, lasciandolo parlare: «Ho vissuto tante vite diverse in tutti questi anni che ormai non le conto più, visto così tante cose, toccato emozioni e sentimenti che non mi sorprendo mai di nulla. Anche la tecnologia ormai è diventata superata, eppure ogni giorno sorge il sole ed io mi stupisco sempre del suo splendore» concluse prendendo un fazzoletto di stoffa dalla tasca del giaccone, per soffiarsi il naso. «Sono diventato un vecchio che racconta storie davanti all'alba, ahimè, ne ho una per tutti e tu sembri proprio un giovane che ha bisogno di sentire la sua» aggiunse, lo guardai corrucciato, tra l'imbarazzo e l'allerta. «Cosa glielo suggerisce?» chiesi, il vecchio sorrise di cuore. «La tua curiosità.» Sgranai gli occhi, facendolo ridere. Mi raccontò di una leggenda cinese secondo la quale le anime degli uomini risultano legate da un nastro rosso, invisibile ai loro occhi, ma saldamente ancorato alla persona alla quale sono destinate dalla nascita. Indistruttibile: «Non importa cosa tu faccia, quante persone possano entrare nella tua vita, il nastro che è legato a te ti condurrà fino al capo opposto, dall'anima con la quale vivrai fino alla fine dei tuoi giorni». «Chi lo decide? Chi decide che quella è proprio la mia anima?» domandai sulla difensiva, il signore sorrise. «Il destino, nelle mani dei vecchi come me che si emozionano davanti all'alba» rispose semplicemente, aprendo il libro con la copertina di pelle. «Capisco che tu sia scettico davanti ad un povero pazzo, così stai pensando, giusto? Se ti dicessi che qui dentro ho scritto il nome di tua moglie, dei tuoi figli e dei tuoi nipoti, vorresti leggere?» domandò.

Povero pazzo.

Scossi la testa d'istinto: «Sono un uomo di scienza, di matematica, mi piace pensare di avere il pieno potere delle mie decisioni e delle reazioni che ne conseguono. Scelgo di essere pragmatico al romanticismo» risposi di getto. Il signore annuì. «Immaginavo questa risposta, non hai deluso le mie aspettative» si alzò dalla panchina, mettendosi lo zaino sulle spalle. «Avrai una bella vita Patrizio, difficile, ma piena di gioie e amore della tua numerosa famiglia.» Se ne andò così, lasciandomi di stucco, tra mille domande.

Diedi il temibile esame esattamente due settimane dopo quella sera, uscendo trionfante dall'aula, con la testa così alta da non vedere chi mi passava davanti. Fino a sbattere contro una ragazza: aveva i capelli chiari e riccissimi, così lunghi che le arrivavano ai fianchi, avvolti da un paio di jeans a zampa d'elefante. «Guarda davanti quando cammini, Patrizio Chiarini!» aveva detto la ragazza, ma ero troppo impegnato a guardare quanto quelle labbra fossero graziose mentre leggevano il mio nome dal libretto. «Be', fa niente. Mi chiamo Elisabetta, Elisabetta Fanin. Offrimi un caffè» aggiunse dopo.

Ne fui stregato.  

Ragazza con gli occhi caleidoscopio - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora