12| Nuove vecchie conoscenze.

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Erano passati due mesi da quando avevo mandato a fanculo l'orgoglio, lasciandomi andare a tutte le sensazioni che Alex mi trasmetteva. Nonostante la testardaggine ogni tanto continuasse a bussare alla porta, Alex era sempre nei dintorni, pronto a scacciarla via prendendomi tra le sue mani. Mi guardava, sorrideva, mi baciava nascosti dagli sguardi altrui e tornavo da lui. Tornavo sempre, anche se in palestra non riuscivo più ad avere un po' di privacy con le mie amiche, da quando Alex si era messo in testa di farci da personal trainer, spettegolando con le altre e impedendomi di fare qualsiasi cosa che mettesse in mostra il mio sedere. Che stupido geloso, come se qualcuno fosse realmente interessato a guardarmi, goffa e sudata, fare allenamento. Poi tornavamo a casa sua o mia a fare l'amore, dormivamo e la mattina andavamo a lavoro, fingendosi quasi estranei.

Però ogni tanto mi fermavo a pensare. Che cosa stavo facendo? Seduta nuda sopra un uomo che mi faceva tanto innervosire, quanto sentire al sicuro. Le mani strette nelle sue, occhi negli occhi a labbra schiuse, raccogliendo i gemiti di piacere che uscivano come melodia, scanditi dai movimenti del mio bacino. Mi sorrideva, sciogliendo l'intreccio delle mani per accelerare il ritmo dei miei fianchi, sussultando al suono del mio orgasmo, cantando con me al suo.

«Mi fai impazzire Lucy» sussurrò al mio orecchio, baciandomi la clavicola con dolcezza. «Ti sento, anche i vicini ti sentono. Sei l'uomo più rumoroso con il quale abbia mai fatto l'amore» commentai ridacchiando, ancora in estasi, prima di essere morsa. «Ahi» «La prossima volta che mi paragoni ad altri uomini ti mordo più forte» si giustificò lui. «Ma che dici, io non faccio paragoni, vinceresti a mani basse e lo sai che se non vinco io poi divento antipatica» «E petulante.» Assottigliai gli occhi, ma sorrisi al commento, dandogli un piccolo bacio prima di alzarmi da sopra di lui. Si lamentò, ma mi lasciò fare, togliendosi il preservativo. I produttori di questa marca di preservativi biodegradabili avevano impennato la curva delle vendite in questi mesi, ormai usavamo solo quelli. Sospirai, stiracchiando le braccia. «Sei stanca piccola?» domandò dolcemente, prendendomi dai fianchi con la sua classica semplicità dovuta alla forza vichinga, facendomi sedere di schiena tra le sue gambe per abbracciarmi e al tempo stesso aggrapparsi al mio seno. «Sì. Quel brutto ceffo del mio personal trainer mi fa stremare in palestra, poi arrivo a casa e ci sei tu che fai fare tutta la fatica a me. Poi oggi è solo giovedì e sono solo con la lattuga scondita e l'ananas del pranzo. L'ho capito sai, tu mi vuoi esanime, così non mi ribello e tu puoi farti i tuoi porci comodi» mi lamentai, sistemandomi bene tra le sue forme. Alex ridacchiò. «Ti distrai troppo in palestra parlando con gli altri uomini, ti devo mettere sulla giusta strada, altrimenti esce la parte violenta e picchio tutti» ironizzò spostandomi i capelli dal collo per baciare la pelle scoperta e dopo abbassando una delle mani dal seno al ventre. «Per quanto riguarda la seconda parte, invece, guardarti negli occhi sentendo il tuo corpo sopra di me, mi fa impazzire» aggiunse, sussurrando sexy al mio orecchio, spingendo le dita nella parte più erogena della mia intimità. Sussultai, iniziando a gemere sotto i suoi movimenti circolari. «Alex, che fai, sono appena venuta» dissi piano senza tuttavia fermarlo. «Ti faccio perdere altre 122 calorie, piccola, così poi possiamo ordinare dalla rosticceria cinese senza sensi di colpa» rispose divertito. Mugugnai di piacere. «Cazzo Alex, hai appena detto la frase più eccitante che potessi dire nel masturbarmi» «Prendiamo anche i ravioli al vapore e il pollo fritto» aggiunse, il respiro stava accelerando, preparandosi ad una nuova ondata di piacere: «Pago tutto io ovviamente» «Oh Dio Alex» venni all'istante.

Ero ancora tra le sue braccia cercando di riequilibrare la frequenza del respiro, ascoltando Alex ordinare metà del menù della rosticceria cinese, distratta dal calore del suo torace. Come poteva la sua pelle profumare tanto anche adesso, dopo tutto il movimento? Selli avrebbe detto qualcosa del tipo "profumo di sesso". Solo ora capivo davvero cosa volesse dire annusando il suo petto in una posizione contorta, ancora nuda tra le sue gambe, sul divano. «Piccola, dovresti appoggiare la schiena qui, non il naso» esclamò Alex divertito, lasciando cadere il telefono sul cuscino del divano e le mani libere di aggrapparsi di nuovo alle mie tette. «Taci, sto godendo del tuo profumo. Comunque se dobbiamo parlare di cose che si dovrebbero fare, dovresti spostare le mani, ho le tette che rischiano di prendere la loro forma» mi lamentai divertita con il sorriso che non smetteva di esibirsi sulle labbra, esibizionista qual era. «Uhm, allettante» commentò malizioso, impugnando meglio la presa. «Alex!» protestai, in una risata, interrotta dalla suoneria del suo telefono. «Chi è che ti chiama all'ora di cena?» domandai di sottecchi, fingendo disinteresse. Alex sorrise nell'appagamento dell'ego: «Adoro quando fai la gelosa ragazzina. Sinceramente non mi interessa sapere chi mi rompe le palle quando sono con te» disse, scendendo sul mio collo per baciarlo ancora. «Non faccio la gelosa, sono solo curiosa. Dai, chi è?» insistetti allungando la mano per prendere il telefono. «Mina? Chi è Mina, Alex?» domandai glaciale, lui sorrise senza rispondermi, tornando poi a baciarmi il collo. «Alex, guarda che rispondo io. Dimmi chi è» insistetti, alzò le spalle, giocando con i miei capezzoli. «Ottimo» sbuffai, premendo il tasto verde e portandomi il telefono all'orecchio. «Pronto con chi parlo?» dissi seria, Alex ridacchiava, mentre dall'altro capo del telefono si sentiva balbettare. Puttana. «Uhm, i-io, uhm, c-ercavo Alex, m-ma penso di aver sbagliato numero» aveva una voce dolce ed estremamente femminile, con un accento straniero. Pure. «No, no. È proprio il suo numero, ma lui ha le mani impegnate a stringermi le tette e non può rispondere. Quindi, con chi parlo?» domandai di nuovo mantenendo il punto. Lei esitò, imbarazzata. «Ah, uhm, okay. Potresti chiedere a mio fratello se mi può scrivere il suo indirizzo di casa che papà vuole spedirgli della roba da qua? Quando si libera ovviamente, non vorrei interromperlo.» «Ah ecco. Che figura di merda» imprecai, con la risata sempre più forte di Alex alle mie spalle. «Ridi pure stronzo» dissi imbarazzata allontanandomi da lui. «Dove vai, vieni qui» sussurrò, tirandomi a sé da un braccio e prendendo il telefono. «Ciao sorella, ti scrivo l'indirizzo più tardi, ci sentiamo un'altra volta» disse cercando di domare la mia ribellione forzata al suo abbraccio. «No Mina, non te la passo di nuovo» aggiunse, mi bloccai, strabuzzando gli occhi. Alex ne approfittò per prendermi sotto il suo braccio libero. «Sì è Lucy. Dai, fa' la brava. Ti chiamo domani» concluse la chiamata, spegnendo il telefono e tornando su di me. «Hai parlato a tua sorella di me?» domandai curiosa e imbarazzata incastrando le cosce tra i suoi fianchi e il divano. Alex sorrire, pettinandomi i capelli con le dita. «Ti sorprende?» «Uhm. Non me lo aspettavo, non mi parli mai della tua famiglia» dissi sciogliendomi, lui alzò le spalle. «Hai ragione. Uhm, vediamo. Mio padre è un cuoco, ha un piccolo chiosco sulla spiaggia e mia sorella gli dà una mano ogni tanto. Lei è quel tipo di persona che se trova una persona in difficoltà la porta a casa e la fa diventare parte della famiglia, sai no, tipo cani randagi. Che poi mio padre è uguale, ma è più coscienzioso, l'opposto di mia madre. Ma di lei non so praticamente nulla, quindi non potrei dirti nulla. Che cos'altro vuoi sapere piccola?» chiese con un sorriso dolce legando le mani dietro la mia schiena, mentre le mie erano perfettamente a loro agio sulla sua pelle. «Uhm, che cosa hai detto a tua sorella di me?» chiesi andando dritta al sodo, Alex ridacchiò: «Le ho detto che sei una ragazzina petulante, acida e testarda.» Lo guardai male, ma non riuscii a dire niente oltre che un "bastardo" a denti stretti, mentre il campanello preannunciava l'arrivo della nostra cena. Mi alzai di scatto, infilando subito dopo la sua maglietta bianca. «Cosa pensi di fare?» «Vado a pagare la cena, dato che sono acida orgogliosa e petulante» «Non c'è dubbio. Specialmente non così» indicò il mio non outfit. «E invece, te pensa, è proprio quello che ho intenzione di fare» commenti rubandogli i boxer e la possibilità di anticiparmi. «Ragazzina, pensi davvero che non andrei ad aprire nudo?» «Fai come vuoi, ma sappi che poi io faccio lo stesso» affermai con sicurezza, Alex sbuffò sedendosi di nuovo sul divano, dandomela vinta una volta tanto. Il campanello suonò di nuovo, mi precipitai ad aprire. «Prendi il mio portafoglio dalla giacca e controlla che ci sia tutto» urlò dalla sala. «Mi scusi, il mio ragazzo è incivile» dissi di proposito piano, sperando che l'udito super sviluppato dell'incivile non fosse in agguato. Non avevamo parlato di etichette e di sicuro non sarei stata io ad aprire l'argomento con definizioni specifiche, soprattutto dopo gli aggettivi con i quali mi aveva descritta a sua sorella. Dirlo al fattorino mi tutelava dal possibile pregiudizio che sarebbe sorto in questa situazione, vista da occhi esterni. «Piccola, Alex ha fame.» No, non mi aveva sentito. Pagai la cena con i miei soldi e congedai il fattorino, ma prima che potessi tornare in sala, il campanello suonò ancora. «Te l'avevo detto di controllare» commentò, alzai gli occhi al cielo. «Mancano dei soldi?» chiesi preoccupata aprendo la porta.

Ragazza con gli occhi caleidoscopio - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora