Capitolo venti

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Daytime

Era il momento di vedere la classifica della gara di ballo giudicata da Anbeta. Chiara si sedette nello stesso posto in cui si era seduta nel pomeriggio: accanto a Simone, Mattia e Christian. «Partiamo dall'ultimo posto» disse Maria. «Secondo voi chi c'è?». «O io o Guido» provò Christian. «Va bene, facciamo comparire la classifica». All'ultima posizione comparve il nome di Mattia. Ci era rimasto visibilmente male, infatti Chiara gli accarezzò il braccio. «Te lo aspettavi?» chiese Maria. «No, non dopo quello che mi ha detto, anche perché non penso di essere andato così male» disse Mattia amareggiato. «Però va bene, va bene così». Nella penultima posizione c'era Guido, seguito da Chiara, che aveva ricevuto un 7. «Pensavo peggio, ma me l'aspettavo» disse lei. Simone le batté il cinque, circondandole le spalle con un braccio. Nella classifica seguirono poi Carola, Serena, Christian e Dario. «Va bene ragazzi, ci vediamo domani» disse Maria congedandoli. Mattia silenziosamente andò nella sua camera, si mise una felpa e uscì fuori nel retro. «Chri». Dopo un po' Chiara chiamò il ballerino. «Sai dov'è Matti?». Lui ci pensò su, poi disse: «Forse è uscito, andiamo a vedere?». Lei annuì, seguendolo. «Secondo me è rimasto male per la classifica» esclamò Chiara. Christian alzò le spalle. Quando uscirono dalla porta trovarono Mattia seduto sui divanetti intento a guardare il cielo stellato. «Che fai?» gli chiesero i due, sedendosi accanto a lui. «Pensavo» rispose. «A cosa?» «È la seconda volta che arrivo ultimo, e sono un po'... dispiaciuto» fece una pausa, giocherellando con la bottiglia d'acqua che aveva in mano. «La prima volta ok, lo immaginavo, però stavolta non me l'aspettavo, sono rimasto ancora più deluso, tutto perché mi faccio prendere dall'ansia come uno stupido».

Parlarono per quasi tutta la sera, finché Christian disse che voleva rientrare dato che aveva sonno. Chiara fece per seguirlo, ma venne bloccata da Mattia, che le prese il braccio. «Resta qui con me» le sussurrò. Quella frase le scaldò il cuore. Sorrise, sedendosi di nuovo accanto al ragazzo. «Ti posso chiedere una cosa?» disse lui ad un certo punto, spezzando il silenzio che si era creato. «Certo» rispose Chiara. «Come mai in questi giorni ti sei distaccata da me?». La domanda la spiazzò. Voleva dirgli la verità, ma aveva paura di poterlo ferire. Lo guardò negli occhi, quegli occhi azzurri che erano come calamite per i suoi. Capì che non poteva mentirgli, non ci sarebbe riuscita. «Avevo paura di affezionarmi troppo e rovinare il rapporto» disse tutto d'un fiato. «È che prima finiva sempre male, mi dicevano che mi prendevo troppo di confidenza e che parlavo troppo e-» Mattia la bloccò. «Tranquilla». Le prese la mano, guardandola. Lei si sentì tutto a un tratto più sicura, più libera. Tirò su col naso, sentendo gli occhi lucidi. «Scusa» disse. «E di che?» chiese Mattia, asciugandole una lacrima con il pollice. «Per non avertelo detto subito». «Stai calma Chia, non è successo niente» disse lui. «Sicuro?» «Sicurissimo». Mattia le circondò il corpo con un braccio, facendola avvicinare ancora di più a lui. Chiara fece la stessa cosa. Ormai erano attaccati l'uno all'altro. Lei appoggiò la testa sulla spalla di Mattia, che sorrise. «Stai comoda così?» chiese. Chiara annuì. «Ti dà fastidio?» «No, stai, sono comodo anch'io» disse. Guardarono il cielo. Quella sera era pieno di stelle, quali più grandi e quali più piccole. La luna, una sfera argentea, illuminava tutto. «Hai paura di innamorarti?» chiese piano Mattia. «No, prima ne avevo tanta però» rispose Chiara. «Secondo me non siamo noi a trovare l'amore, ma è lui che trova noi, e non ci puoi fare niente. Ed è complicato, perché amare ti fa stare sia bene che male. Se ami in coppia ti rende più forte, ma se ami da solo non hai vie di fuga. Però penso che si possa amare anche da lontano, in silenzio, senza smettere mai. Un po' come fanno le stelle, non credi?» disse lei, girandosi a guardare il ragazzo. Lui provò a cercare le parole adatte per risponderle, ma non ne trovò. Esistono momenti, nella vita, in cui tra due persone non c'è bisogno di parlare per capire ciò che si vuole dire. Bastavano gli occhi, e quelli dei due ragazzi quella sera parlavano moltissimo. «Sei brava a parlare» mormorò Mattia, incurvando le labbra in un sorrisino. «Grazie». Chiara arrossì, la facevano sempre imbarazzare i complimenti. «No davvero, potresti diventare la psicologa della casetta» scherzò Mattia. «Addirittura» disse lei ridacchiando. Lui girò la testa verso quella della ragazza, che se lo ritrovò ad un palmo dal naso. «Mi piacciono i tuoi occhi» disse Mattia. «Anche a me i tuoi» sussurrò Chiara. Per un millisecondo lui le guardò le labbra, poi ritornò agli occhi. «Mi eri mancata» le sussurrò. Poi le diede un bacio sul naso e uno al margine delle labbra. A quel contatto il cuore di Chiara prese a battere fortissimo, infatti temette che lui avrebbe potuto sentirlo da un momento all'altro. Anche per Mattia fu così. In fondo, anche se non lo sapevano, si facevano bene a vicenda.

Dal primo momento //Mattia ZenzolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora