capitolo 3

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-Dai bella psicotica vieni qui, non ti faccio niente tranquilla- un uomo viene verso di me, con un ghigno strano -VATTENE VIA!- cerco di scappare, corro, ma i miei piedi non si muovono, cado nel vuoto; e giro, giro, non riesco a fermarmi. Vedo il mondo girare e io cerco ancora di scappare, l'uomo è ancora dietro di me, non lo vedo ma so che è -VATTENE VIA!- urlo ancora nel vuoto, nessuno sta accorrendo in mio aiuto, vedo le persone che mi guardano, ma non fanno nulla -AIUTO! MI VUOLE UCCIDERE! AIUTO! AIUTO VI PREGO!- urlo piangendo, cado ancora e non mi fermo, l'uomo mi afferra e il freddo mi pervade.

Apro gli occhi di scatto, e mi alzo ansante. Questa settimana è la terza volta che ho un incubo, terza notte di paura.
Mi alzo, mi lavo e mi vesto, afferro il mio bicchiere di latte ed esco fuori sotto il cielo grigio.
Prendo tra due dita una sigaretta e la accendo, aspiro e la guardo, il fumo la pervade e io continuo a tenerla in mano, ferma, consapevole che mi sta uccidendo a poco a poco... aspiro un'altra volta e libero la mente.
Arrivo ai cancelli della scuola e vedo Lynn e Barney scambiarsi effusioni molto calorose, che schifo.
La giornata passa normalmente, la solita merda insomma, esco e riesco ad uscire da quest'inferno indenne, Lynn e gli altri avranno trovato di meglio da fare che picchiare me.
Non avevo voglia di tornare subito a casa, così andai verso la periferia e presi l'autobus che portava al bosco sul confine. Scesi dal veicolo e mi sistemai la borsa sulla spalla, presi un piccolo sentiero per poi allontanarmi e prendere una strada secondaria, che portava verso il centro del bosco.
Adoro questo posto, fin da quando ero bambina. Lo avevo scoperto quando avevo sei anni, il pallone era scomparso ed ero andata a cercarlo, non lo ritrovai ma in compenso trovai questo luogo, un piccolo prato nell'ombra perenne di un enorme quercia, che con i suoi rami e le sue foglie lasciava scorgere solo piccoli spazi di cielo. Mi arrampicai sui grandi rami e lasciai una gamba sospesa nel vuoto, tirai fuori il mio telefono e infilai le cuffie nelle orecchie, presi il mio pacchetto di Camel e accesi l'ultima sigaretta, stavo ascoltando "Lavender moon" quando un rumore mi distolse dai miei pensieri. Degli scricchiolii di passi sulle foglie, chiusi la musica e vidi arrivare l'ultima persona che pensavo di incontrare, Cole.
Lo guardai con un'espressione indescrivibile, un miscuglio di emozioni riempirono il mio volto in pochi istanti, lui mi guardò e mi sorrise -Ciao- lo disse nel modo più innocente possibile e io mi girai meglio verso di lui, si era avvicinato ed io lo guardavo dall'alto con le gambe a penzoloni, mentre lui mi scrutava dal basso -Che ci fai qui?- gli chiesi io, pensavo di essere l'unica a conoscere questo posto
-Non lo so in realtà, stavo camminando quando mi sono trovato qui- senza lasciarmi metabolizzare la sua risposta salì sul ramo accanto a me, sembrò notare il pacchetto finito di Camel e mi chiese sorridendo -Perché fumi tu?- io lo guardai con la bocca spalancata mentre tirava fuori dalla tasca un pacchetto di Camel e me ne offriva una, me la portai alla bocca e mi sporsi verso di lui, me la accese con un leggero sorriso sulla bocca -Per liberare la mente e scordarmi per un po' di me stessa- risposi tranquilla, ormai avevo raggiunto una specie di empatia con questo ragazzo, mi attraeva, non in senso fisico, ma sento che mi posso fidare di lui -Tu invece?- lui mi guardò poi spostò lo sguardo verso il terreno sotto di noi -Per lo stesso motivo, poi per cercare di facilitare un po' il lavoro alla signora in nero- lo guardai comprensiva e continuammo a parlare di quello che sentivano nostro e ciò che detestavamo.
Eravamo tranquilli, ridemmo perfino, era da tempo che non ridevo con sincerità, Cole mi capiva.
Eravamo entrambi dei piccoli caos mentali, e due piccoli caos ne formano uno con meno difetti, creano un piccolo universo.

Non parlammo di cose troppo personali, bensì dei piccoli dettagli inutili della vita, le esperienze indimenticabili come concerti o viaggi mentali, per poi raccontarci delle nostre prime esperienze con la droga. Nessuno di noi è drogato, non mi piace essere considerata una tossica quando non lo sono, un giorno ho voluto semplicemente provare, ma non mi sono mai fatta più di nulla. E Cole lo stesso.
Le ore passavano e il cielo si scurì, il sole nascose il proprio volto oltre l'orizzonte e lasciava spazio alla Luna.

-Dovrei andare- dissi mettendo a posto le mie cose nella borsa
-Anche io- ci allontanammo nel buio del bosco, poi aspettando l'autobus spostammo lo sguardo verso il cielo -Che ne pensi della Luna- mi chiese lui
-Non lo so in realtà, è bella, argentea ma non so perché mi fa paura- lo sentii sorridere
-Tutte le cose belle spaventano penso, il sole ad esempio non ti spaventa- lo guardai, la luce illuminava il suo volto in maniera inquietante -E tu di che hai paura?- mi guardò, due lame mi trafissero
-Non lo so- non parlammo più, l'autobus arrivò e salimmo, scesi alla mia fermata e lo salutai
-Ci vediamo Cole- mi girai e sentii le sue labbra sul mio orecchio -Ci vediamo Sam-

Dopo essermi fermata a comprare un altro pacchetto di sigarette, arrivai a casa, salutai i miei genitori e dopo i soliti "Dov'eri? Che hai fatto? Con chi eri? Potevi avvisare" e inutili risposte, potei salire in camera, presi il mio pigiama, mi lavai, presi le mie cuffie e mi addormentai sotto le note di "Shadow Moses".

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