capitolo 5.

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Indossai le scarpe e afferrai il telefono, cominciai a scendere gradino dopo gradino, rampa dopo rampa e finalmente mi ritrovai in strada.
Camminai passo dopo passo finché non arrivai a destinazione, e ovvero quel ristorante "vicino casa mia". All'interno c'erano vari tavoli, tutti vuoti, anzi, l'intero locale era vuoto, com'era possibile?

Tirai il telefono fuori dalla tasca del pantalone e cominciai a scrivere a Mikey, per capire se erano in ritardo.

-Mikey, ma quanto cazzo ci state mettendo?

-Eh? Dove?

Non capisco. Era uno scherzo?

Sospirai innervosita e mi posai con la schiena sulla vetrina del locale, il lampione di fronte a me cominciò a lampeggiare, per poi fulminarsi del tutto.
Era abbastanza inquietante come situazione, finché accanto a me non sentii dei passi, tanti passi, rumorosi, assordanti.
Sorrisi perché finalmente erano arrivati e mi girai verso di loro, quando d'un tratto mi sentii mancare l'aria, il mio naso era bloccato e non riuscivo a inspirare, c'erano tante mani che mi tenevano e toccavano: un incubo probabilmente.

**

Completamente distrutta. Forse ero morta, è possibile? No. Se fossi morta adesso non sarei qui a pensare ciò, cos'è successo? Avevo solo un non chiaro ricordo di me che aspettavo gli amici di mio fratello, e poi?

Spalancai gli occhi. Avevo una luce sparata negli occhi cosa che mi fece subito venir voglia di richiuderli. Mi sentivo bloccata e debole, tentai di nuovo ad aprire gli occhi, o perlomeno, ci provai.

<<Si è svegliata>> una voce molto roca e profonda avvertì qualcun'altro.

<<Arrivo>> una voce molto, e dico molto familiare rispose al suo compagno.

Sentii dei passi, molto pesanti e tranquilli allo stesso momento.
Delle ciocche nere di capelli apparsero su di me, erano familiari ma non riuscivo a collegarle a qualcuno.

<<Dove...sono?>> domandai confusa.

<<Kit!>> esclamò gioioso.

Sentivo che quell'individuo stesse strappando qualcosa di plastica e allo stesso momento mi sentii
molto più libera, mi resi conto che mi aveva liberato dalle prese di scotch.
Pian piano mi alzai mettendomi a sedere cosa che feci con molta calma e serenità, strizzai gli occhi, la luce che c'era in quella stanza era luminosissima.
Girai la testa e di fronte a me trovai qualcuno che non mi sarei mai aspettata, spalancai la bocca dallo stupore o forse terrore, sentivo le mani leggermente tremolanti e un nodo in gola.
Mi mancava l'aria, volevo andare a casa, volevo Mikey, volevo la Toman, avevo bisogno di aiuto, sentivo la necessità di urlare, gridare aiuto, ma sapevo che nessuno mi sarebbe venuto a salvare.

<T..tu>> balbettai in preda al panico.
<<Io?>> sorriss.

Lo riconobbi subito, capelli neri e occhi dello stesso colore, ciocche bionde, felpa Walhalla: il solito bastardo.
Kazutora Hanemiya, che cazzo mi avevi fatto?
I miei occhi cominciarono a riempirsi di lacrime che a loro volta cominciarono a solcarmi il viso, stavo morendo di paura e stavolta ero travolta dal terrore che potesse ammazzarmi o qualcosa di peggio.
Il cuore mi stava esplodendo, lo sentivo andare avanti e indietro senza sosta invece lui era lì fermo davanti a me con la sua solita espressione del cazzo.

<<Che...che mi avete fatto?>> chiesi nuovamente.
<<Ordine del capo>> rispose.
Non era cambiato di una cifra dall'ultima volta, sempre lo stesso, identico sia caratterialmente che fisicamente.
Non so perché stavo morendo di paura, non ne ho idea, ma so solo che ero distante da casa, lontana da mikey. Era la mia unica certezza.

Tokyo è nostra || Chifuyu MatsunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora