XXVI

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Forsan et haec olim meminisse iuvabit ~Virgilio
Forse un giorno sarà dolce ricordare anche questo

Semi aveva ragione. Tutti i test, le scansioni e le diagnosi dicevano la stessa cosa: Oikawa sarebbe stato bene.

Ci sono voluti alcuni giorni perché tornasse alla normalità. C'erano molti ricordi che dovevano essere rimessi insieme.

Quando finalmente la sua mente si ricucì, Oikawa era insopportabile.

"Hanno detto che potrebbe volerci ancora qualche giorno", piagnucolò, gettandosi un braccio sul viso. La maggior parte delle flebo erano state rimosse. Ne rimaneva solo una, attaccata con il nastro adesivo al dorso della sua mano ancora pallida. "Ho detto al dottore che sto bene, ma lui pensa che stia mentendo. Non mi piace. Voglio un nuovo dottore".

Lo sguardo di Iwaizumi era piatto. Era reclinato su una sedia accanto al letto di Oikawa, con un portatile appoggiato sulle ginocchia. "Non riesci nemmeno ad andare in bagno da solo, Shittykawa. Se ti rilasciano subito, uscirai e ti farai male".

"Non è vero, Iwa-chan" disse lui. Il suo braccio fluttuò di lato e girò la testa in un broncio. "Sono andato in bagno prima, quando sei sceso a prendere da mangiare. Da solo. E stavo bene".

Iwaizumi si sarebbe arrabbiato, se ci avesse creduto davvero. In realtà, si limitò a sospirare e a guardare di nuovo il suo portatile. Si era preso ancora più tempo libero dal lavoro, il che significava che non avrebbe potuto fare un'altra vacanza per circa dieci anni, ma ne valeva la pena. Stava cercando di completare almeno alcuni compiti più semplici a distanza. Aveva approvato tutti i rapporti del suo turno nell'ultima settimana e stava cercando di condensarli in un foglio di calcolo per il capitano Mizoguchi.

Era andato tutto bene mentre Oikawa si era appisolato, ma da quando si era svegliato trenta minuti fa, era diventato molto più difficile concentrarsi.

"Sono solo pochi giorni", disse Iwaizumi. "Sopravviverai".

"È troppo tempo. Morirò".

"Ti ho aspettato per trentotto giorni" disse Iwaizumi. Picchiettò sulla tastiera, anche se non stava nemmeno prestando attenzione a ciò che digitava. "Qualche giorno in ospedale non è niente".

Oikawa non rispose. Rimase in silenzio per troppo tempo, e quando Iwaizumi girò la testa, trovò Oikawa che già lo guardava.

"Mi dispiace", disse Oikawa a bassa voce, senza più alcuna traccia del suo piagnisteo infantile. "Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo".

"Non scusarti con me. Tu non hai fatto niente".

"Avrei dovuto ascoltarti". Oikawa abbassò lo sguardo sulle sue mani. Le sue dita erano raggomitolate in grembo. Erano ancora troppo sottili, troppo fragili. "Sapevo che avrei potuto farmi male, ma non ero molto preoccupato. Sapevo cosa aveva fatto Shirabu, ma non avrei mai pensato che avrebbe davvero... fatto questo. Mi piaceva Shirabu. Non era mai amichevole, ma era a posto".

Iwaizumi chiuse il portatile e lo mise da parte. "Non è stato lui a farti questo. L'ha fatto a me. A Shirabu piacevi. Me l'ha detto chiaramente, se è questo che ti preoccupa...".

"Non è questo. E' solo..." si interruppe, e per un momento Iwaizumi non era sicuro che avrebbe continuato. Poi disse: "E se tornasse per te, Iwa-chan?"

Iwaizumi si alzò dalla sedia e si sistemò sul bordo del letto di Oikawa. Il materasso si comprimeva sotto il suo peso. Infilò le dita in quelle di Oikawa e disse: "Non lo farà. Non preoccuparti di questo. Shirabu non tornerà".

"Ma io non sono morto, quindi..."

"Quindi niente." Iwaizumi strofinò il pollice sul dorso della mano di Oikawa, attorno al bordo del nastro adesivo che teneva ferma la flebo. "Ha avuto la sua vendetta. Ha finito. Anche se scopre che sei ancora vivo, non gli interesserà. Ha fatto quello che ha detto che avrebbe fatto. Questo per lui conta più del risultato. Si tratta della mia punizione e della sua reputazione. Non ha niente a che fare con te".

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