Anthony Bridgerton (primo incontro)

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T/n non faceva altro nella sua giornata che continuare a leggere in modo compulsivo sempre gli stessi libri, li sfogliava e sfogliava cercando quella precisa pagina che l'aveva emozionata, si sedeva sulla poltrona con aria impaziente, leggeva il passo, sospirava, portava il libro vicino al petto e lo stringeva con aria sognante. Era sola, trent'anni della sua vita erano passati in fretta e, dopo la dipartita della madre, avvenuta qualche anno prima, si era ritrovata nella grande casa completamente sola, con solo a tenerle compagnia la sua fidata governante Brigida, ormai anziana, ma che teneva alla giovane come fosse sua nipote. Ogni volta che Brigida lasciava la casa e le luci si spegnevano la giovane signorina T/n si ritrovava angosciata e persa e come unica sua consolazione riprendeva le solite pagine dei soliti libri. La grande casa, come la chiamavano tutti nel paesino, era una dimora antica e appartenuta ai suoi bisnonni che erano conti e, anche se tutti la chiamavano casa, quello era un vero e proprio castello, c'erano almeno 20 stanze, un salone da ballo, una grande cantina, le cucine, e un gigantesco giardino in cui vi erano le più varie piante. Sebbene t/n avesse a disposizione molto spazio preferiva passare le sue giornate confinata in una sola ala della dimora, sperando di non sentirsi così persa. Le altre ale del castello erano adibite ad albergo e a centro ricevimenti e congressi, perlomeno quindi, almeno d'estate, riusciva ad avere la compagnia di qualcuno che decideva di sposarsi lì oppure festeggiare qualsivoglia evento gioioso della vita. Come già detto, sebbene lo stile di vita potesse apparire solitario, t/n adorava la sua casa, dopotutto era stata della sua famiglia per secoli e quando era piccola aveva amato oltre ogni immaginazione andare nella grande sala e, con il suo costume da cenerentola, ballava fino a cadere ridendo a terra a furia di giravolte su sé stessa, il tutto sotto lo sguardo divertito di sua madre. Adorava immaginare quegli uomini e quelle donne danzare, le gonne roteare e incresparsi leggiadre come le acque di un laghetto, gli inchini discreti ed i sentimenti casti eppure carichi di emozione attraversare come scosse elettriche le dita dei giovani, che ballavano per tutta la notte e magari sì, perché no, nasceva un amore che sarebbe durato per sempre.
Quella mattina, in una giornata soleggiata d'estate, una donna corpulenta sulla cinquantina bussò alla sua porta, t/n andò ad aprire e, con gentilezza, si rivolse a lei.
"Buongiorno, desidera?"
"Lei è la proprietaria?"
la donna cercò di sfoggiare il suo miglior sorriso intriso di rossetto rosso e voglia di convincere t/n per qualcosa, ed era nervosa, si notava, teneva una piccola cartellina in cuoio stretta tra le mani e compressa contro il petto.
"Sì, sono io, desidera?"
"dovrei parlare con lei perchè avrei bisogno di un'autorizzazione, ma le assicuro che cercherò di non rubarle troppo tempo, contessa"
la donna pronunciò l'ultima parola con occhi sognanti, t/n rimase con gli occhi spalancati, nessuno la chiamava contessa da tempo e quel suono, così strano per le sue orecchie, le faceva sempre un po' effetto.
t/n fece accomodare la donna all'interno dell'ingresso e questa, con l'entusiasmo di un bambino, cominciò ad osservare l'atrio della grande casa, una scalinata in marmo portava alla sala principale al piano superiore e il pavimento, a scacchi bianchi e neri, decorava con eleganza l'ambiente, dove il soffitto era decorato con intarsi di legno e lungo il perimetro della stanza c'erano i busti degli ultimi quattro conti che avevano soggiornato nella dimora.
Le due donne non salirono sulla splendida scalinata laterale però, bensì attraversarono una piccola porta che le condusse in una cucina spartana con un tavolino in legno e dei grandi pentoloni appoggiati su un enorme camino spento di pietra.
"Brigida, ci porteresti un tè freddo per favore?" le chiese cordialmente t/n, poi voltandosi verso la donna, ancora troppo emozionata per ricomporsi

"so che è anziana, ma insiste per prendersi cura di me, e appena ne ho l'occasione le do qualche piccolo compito"
t/n si schiarì la voce e la donna finalmente riprese uno sguardo lucido e attento e, guardandola, aprì la cartellina per mostrarle una serie di documenti dove, a caratteri cubitali, vi era scritto "associazione balli d'epoca", t/n guardò con molta curiosità la documentazione, non sapeva ci fossero associazioni simili in zona, ma prima che potesse chiedere fu la donna a parlare.
"Lasci che mi presenti, io sono Matilde Bassi, sono venuta, se non le reco disturbo ovviamente, per chiederle di affittare a noi, o meglio, a me, il gran salone da ballo per poter organizzare una grande cerimonia di inaugurazione per l'apertura della nostra filiale in città dell'associazione di ballo storico, si tratta di un ballo ottocentesco", la donna attese che t/n rispondesse, o che almeno reagisse, ma lei sembrava rapita dalla notizia, finchè, con entusiasmo, accettò.
Matilde cercò in ogni modo di ringraziarla ma t/n continuava a tentare di chiedere qualcosa, la donna, troppo entusiasta ed anche un po' fuoriluogo, smise di starnazzare solo quando il volto disteso di t/n si tramutò in un insieme di rughe d'espressione che certamente indicavano un suo disappunto.
"Volevo chiederle in che giorno ci sarà il ballo e se tutti possono partecipare"
"certo, possono tutti coloro che hanno un minimo di capacità nella danza e, ovviamente, un costume adatto e, se per lei va bene lady, io organizzerei per la prossima settimana".
T/n accettò e, quasi con sollievo della padrona di casa, la donna saltellante andò via e fu il momento per la rigida lady di dare sfogo alle sue emozioni, l'idea del ballo la eccitava alquanto, aveva sempre sognato di poter vivere un'esperienza del genere, soprattutto nel suo stesso castello, che, se avesse potuto esprimersi, sarebbe stato felice di sentire finalmente dei piedi battere ritmicamente contro il pavimento rosso della sala grande e finalmente, gonne scintillanti e uomini galanti avrebbero adornato il castello con i loro modi.
La settimana successiva fu per t/n un vero tormento, oltre agli addetti alle decorazioni che andavano e venivano e la povera Brigida che stava impazzendo per trovarle il vestito perfetto e pulire tutto, una sensazione estranea a lei da tanto era tornata a riempirle le giornate, la felicità, quella incontrollata, chissà con chi avrebbe danzato, si chiedeva, chissà chi sarebbe stato il suo cavaliere, e quale vestito avrebbe avuto, quale acconciatura, quali scarpe, oppure nessuno le avrebbe chiesto la mano e lei sarebbe rimasta sola, non poteva sopportare l'idea.
"t/n, come state?" Brigida entrò nella stanza portando con sè l'ennesimo sacco bianco contenente l'ennesimo costume da provare e t/n sperò che non fosse un altro abito giallo canarino con strane perline attaccate.
"Beh, non so, una festa qui, non ne abbiamo più tenute dalla morte della mamma",
"capisco che siate un po' agitata, ma signorina, andrà tutto bene, vi divertirete e, per favore, per una sera pensate a voi e siate felice, ora vi prego, provate questo, il parrucchiere sta arrivando e in seguito dovrete andare a controllare se l'addobbo floreale vi aggrada."
Brigida aiutò, con fare materno, t/n ad infilare il vestito e, finalmente, a differenza dei precedenti, questo le calzava a pennello ed era sicuramente di suo gusto, la gonna era ampia e di un azzurro ceruleo adatto alla sua carnagione e ai suoi capelli biondo scuro, le scarpe erano altrettanto belle, così belle da farla rimanere a bocca aperta a fissarle, di un raso così lucido e azzurro da ricordarle il cielo. Dopo che fu venuto l'acconciatore t/n camminò lungo il grande corridoio del primo piano e si diresse verso la sala da ballo.

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