Deku slave

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«NO!» urlò Midorya Izuku, «TI PREGO, FERMATI. NON LO DIRÒ A NESSUNO, MA LASCIAMI.» la sua voce era ormai gracchiante da quanto stava urlando forte.

Le sue preghiere però non vennero ascoltate.

Il suo carceriere troneggiava sopra di lui con il volto in contro luce, cosicché il prigioniero non lo potesse vedere. Non che fosse necessario, gli occhi di Izuku erano così colmi di lacrime che non avrebbe potuto vedere ad un palmo dal naso.

Il suo corpo era ridotto ad uno straccio, nudo e ricoperto di qualsiasi tipo di ferita, non riusciva a muovere braccia e gambe senza provare un dolore straziante. Solo la sua voce resisteva ancora, ormai gli era rimasta solo quella.

«Ti prego...» disse tra i singhiozzi.

«Tsk, tsk tsk...supplicare è da perdenti.» fece lo strano figuro guardando malamente il verdino che sdraiato scompostamente a terra, cercava di mettere a fuoco il suo interlocutore.

«Cosa ti ho fatto di male? Perché sono qui?» chiese il piccolo provando a sollevarsi ma ricadendo a terra con un tonfo.

«A tempo debito, per adesso lavoriamo.» e nel dirlo lo afferrò per i capelli. Lo sollevò senza alcuna fatica e lo trascinò nella parte più oscura della stanza, che a quanto pareva era molto grande visto che ci mise un po' di tempo a lanciarlo con forza contro un'altra parete.

Un gemito di dolore sfuggì al minore che sbatté con la testa contro il muro.

Il colpo era stato così forte che aveva aperto una ferita vicino all'orecchio sinistro.

«Suvvia,» disse una voce poco distante, «Bisogna trattare bene gli ospiti.» e nel dirlo si chinò sopra a Izuku. «Mh, ma che bella merce che abbiamo qui.» continuò afferrandogli il viso e rigirandolo per poterlo guardare meglio. «Ma che begli occhi verdi abbiamo qui, sono così pieni di vita.» gli accarezzò una guancia. «Oh, ci sono anche delle lentiggini. Forse più che una cavia da laboratorio, qui abbiamo uno schiavo.» un largo sorriso si estese sulle sue labbra, un sorriso brutto, malvagio, perverso.

A Izuku sfuggirono le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.

«Ti prego...» provò a dire, «Voglio andare a casa.» venne interrotto dalla risata sadica dell'uomo sopra di lui.

«Oh, cucciolo, non tornerai mai più a casa. Ora sei di mia proprietà.» e nel dirlo gli mollò uno schiaffo su di una guancia, il colpo fece ruotare il volto del minore e un dolore al collo lo rese rigido.

Skip time

Erano passati alcuni anni da quando il bambino Midorya Izuku era stato imprigionato. Anni passati nel dolore e nelle torture che in alcune parti del corpo, avevano lasciato dei segni permanenti.

Era arrivato il giorno in cui sarebbe stato venduto.

C'era voluto del tempo per sottomettere il carattere forte e determinato del verdino, ma nessuno è invincibile e Izuku era stato preso che era veramente piccolo. Le torture gli avevano lesionato, non solo il corpo, ma anche la psiche, rendendolo sottomesso ed ubbidiente verso chiunque.

Aveva quasi diciassette anni, di cui nove spesi nell'addestramento alla sottomissione.

Era diventato uno schiavo sessuale e il nuovo padrone lo stava andando a reclamare proprio in quel momento, quando nell'enorme capannone dove stava per avvenire lo scambio di merce non proruppe uno smash.

«Correte.» gridò il vecchio padrone di Izuku vedendo il pericolo di perdere una delle sue merci più preziose. Afferrò per il braccio il verdino e lo trascinò verso il portone dello stabile. Fuori vi era la sua macchina, pronta per essere messa in moto per la fuga.

Multiship mhaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora