Fiori

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Questa è la storia di un'amore così forte e così ricco di problemi che mi ha portato a questo.

Un'amore che mi ha portato sull'orlo del precipizio.

Sull'orlo della disperazione.

Tutto era cominciato innocuamente, lo stavo guardando da lontano, ammiravo la sua spavalderia e come i suoi capelli biondi rilucessero sotto il sole primaverile.

I miei occhi guardavano i suoi mentre lui guardava i fiori di ciliegio cadere per via del vento.

Fu in quel preciso istante che lo sentii per la prima volta.

Un dolore sordo che si estendeva dal petto fino alla mia gola.

Senza farmi vedere da nessuno mi nascosi dietro un albero pronto a rimettere l'anima perché sembrava che qualcosa si fosse incastrato nella mia gola e tossii. Il dolore era inimmaginabile e mi graffiava dall'interno come se avessi avuto della carta vetrata incastrata dentro di me.

Le mani a coprirmi la bocca presero a macchiarsi di rosso quando con un ultimo colpo di tosse riuscii ad espellere il petalo di un fiore.

I miei occhi si spalancarono inesorabilmente alla vista di quel singolo oggetto, così minuscolo da sembrare inoffensivo, ma che invece sapevo che era la mia condanna a morte.

Non volevo crederci.

Dopo tutte le avversità che la vita mi aveva gettato contro, quella mi sembrava veramente troppo.

Cos'ho fatto di male per meritarmi anche questo? Mi domandai continuando a fissare quel piccolo petalo di ciliegio. Che ironia, proprio i ciliegi che amavamo guardare insieme adesso mi stanno uccidendo.

Mi riscossi per un attimo ed estrassi dallo zaino che avevo alle spalle, uno dei fazzoletti di carta che mia madre con premura mi aveva quella mattina e mi ci pulii le mani con forza.

Per quanto sfregassi, sembrava che il sangue non volesse sparire, per quanto volessi non riuscivo a togliermi dalla mente quel petalo che ormai si era mescolato ai suoi gemelli stesi a terra.

I miei occhi saettarono per un attimo per vedere se qualcuno mi avesse visto, se qualcuno avesse visto qualcosa, ma non vidi nessuno dei miei compagni di classe fissarmi, con un sospiro di sollievo mi scostai dall'albero e andai a cercare i miei amici che mi avevano accompagnato lì.

Li trovai poco distante da dove mi ero nascosto e si stavano guardando intorno.

«Midorya-kun, ma che fine avevi fatto?» mi chiese Iida Tenya con il suo solito moto meccanico delle mani.

«Scusa Iida-kun, ma mi ero incantato.» risposi io grattandomi la nuca in imbarazzo.

In cuor mio speravo che il sorriso che gli stavo rivolgendo fosse il più naturale possibile.

Da quel giorno il tempo sembrò condensarsi in un unico ammasso fatto di fiori che sbocciavano nella mia bocca, occhiate di sottecchi a colui che li aveva nascere e sguardi pieni di rimprovero da parte dei miei amici.

«Senti Midorya, è chiaro a tutti che non stai bene. Vuoi dirmi che ti succede?» mi chiese una sera Todoroki Shoto mentre ci trovavamo in sala comune a fare i compiti insieme agli altri nostri compagni.

«Sto bene, non ti preoccupare.» risposi io con un sorriso poco sincero che rivelava quanto fossi stanco in realtà. Era da un po' che non riuscivo più a comportarmi normalmente.

«Non è vero, per favore parla con me.» mi esortò il mio amico posando una mano sulla mia, ma il mio sguardo venne attratto da qualcuno che aveva appena voltato l'angolo.

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