𝐕𝐞𝐧𝐭𝐢𝐬𝐞𝐢

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Celeste

La puntata era terminata e adesso, Luca e Nicol stavano preparando la cena, mentre io stavo parlando sul divano con Alex.

«Ma io ancora non ho capito come anche tu, riesca ad avere una pronuncia così perfetta in inglese!» esclamai buttandomi con poca grazia sul divano beige.

«Ho vissuto un anno in inghilterra con mio padre, tutto qui» rispose con nonchalance.

«Io invece l'anno scorso sono stata dieci mesi in Kansas per studiare» rivelai, incrociando le gambe e girarmi verso di lui.

«E come è stato?»

«Bellissimo, a parte il fatto del vivere con una famiglia che per certi versi non conosci, però mi sono trovata molto bene, mi hanno accolta subito e sono diventata come una figlia, e poi detto tra di noi c'avevano i sordi» subito scoppiò a ridere, facendo spuntare le sue solite fossette, sicuramente per quello che avevo detto alla fine.

«Che avevano?» chiese ancora divertito.

«Mamma mia, non posso nemmeno parlà nel dialetto mio, avevano i soldi, è più chiaro mo

«Ok adesso si, dai andiamo che è pronto» si alzò dal divano, mi scompiglio leggermente i capelli e mi porse una mano per aiutare ad alzarmi.

~

«Ragazzi chi vuole giocare a uno?» chiese Mattia con il suo solito accento barese, sventolando in aria il pacchetto delle carte.

Mi avvicinai a lui e lo stesso fecero Christian, Luca, Carola e Luigi.

Giocammo circa tre partite, quando Luca e Carola decisero di andare a letto perché era tardi.

«Vabbè ragazzi anche noi andiamo che abbiamo sonno vero Mattì?» sbadigliò Christian.

«Ma come io volevo la rivincita! Non puoi vincere sempre tu oh» si lamentò, ma il moro gli pizzicò un fianco facendogli con la testa, segno di andare in camera.

«Giocheremo domani, adesso andiamo a letto forza» lo prese sottobraccio e se lo trascinò in camera.

«Ah si certo, ho tanto sonno anche io, buonanotte ragazzi, ci vediamo domani» ci salutò con la manina, facendo palesemente finta di sbadigliare.

Poco dopo capii che entrambi l'avevamo fatto apposta per lasciarci da soli a risolvere, dato che sapevano anche loro della "discussione" che c'era stata.

«Vado anche io... buonanotte» mi alzai e feci il giro del tavolo, ma non riuscii nemmeno in tempo a varcare la soglia della cucina, che una mano, la sua mano, mi aveva afferrato il polso, facendomi bloccare sul posto per la sorpresa.

«In realtà... ti volevo parlare, posso farlo adesso o hai troppo sonno?» chiese imbarazzato, lasciando lentamente la presa sul mio polso.

«No no se è urgente possiamo parlare, andiamo sul divano dai» lo presi per mano e camminammo fino al divano blu, illuminati dalla luce fioca che rilasciavano le lampadine del medesimo colore.

Ci sedemmo e restammo qualche minuto buono in silenzio, a fissare il televisore spento davanti a noi.

«Non avevo il diritto di fare così l'altro giorno, non so perché ma è stato un comportamento istintivo, e io non faccio mai così, quindi ti volevo chiedere scusa per questo, sul serio, non te lo meritavi...»

𝐓𝐢𝐞𝐧𝐢𝐦𝐢 𝐒𝐭𝐚𝐧𝐨𝐭𝐭𝐞 || 𝐋𝐮𝐢𝐠𝐢 𝐒𝐭𝐫𝐚𝐧𝐠𝐢𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora