Capitolo 13 - Insieme

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Infondo nessuno dei due
Può stare senza l'altro.


«Mi spiace di Kevin» disse Yana, camminando vicino a Saros, per giungere al solito lago.
«E fai bene» ammise lui ricevendo una gomitata come risposta. «Sei stata tu a lasciare la festa!» continuò Saros difendendosi nel mentre si toccava il braccio fingendosi di essersi fatto male.

«Perché tu mi hai costretta!»
«Costretta? Mi pare che le cose siano andate diversamente» sorrise giocoso.
«Mi hai letteralmente caricata sulla spalle e ti sei messo a correre via mentre io ti minacciavo»

Saros fece spallucce facendo finta di nulla. Come se non fosse stato lui a farla fuggire dalla festa.
Yana, sentendosi in colpa, mandò un messaggio a Kevin dicendogli che era tutto bello ma che doveva tornare a casa. Però gli promise di uscire con lui il giorno successivo per scusarsi di persona. Si sentiva troppo in colpa.

«Yana ricordi cosa ti ho detto tempo fa al nostro primo incontro proprio qui? Al lago?» chiese Saros stendendosi sul prato seguito da lei.
«Hm, a che frase ti riferisci? È passato circa un mese, non ricordo»
«Voglio imparare a conoscerti» rispose «Ecco cosa ti ho detto». Yana lo guardò per un attimo ma poi prestò l'attenzione sul lago avanti a loro.

«Sì ma la cosa dev'essere reciproca» rispose.
«Ti prometto che prima o poi parlerò di me ma vorrei prima sapere su di te. Perché odi così tanto il tuo nome?» chiese Saros non distogliendo nemmeno per un istante gli occhi da lei.

«Perché me lo hanno scelto i miei genitori e io non voglio averci più niente a che fare con loro. Mi hanno abbandonata, capisci?» rispose con tono doloroso ma allo stesso tempo furioso.
«Se vuoi bene a una persona, non l'abbandoni... giusto?» continuò incerta, portandosi le ginocchia al petto.

«Dipende dalla situazione Yana»
«Se dipendeva dalla situazione allora mi venivano a trovare qualche volta all'orfanotrofio o a venirmi a prendere dopo che quest'ultima si risolvesse»
Saros rimase in silenzio. Non sapeva cosa dirle anche perché non aveva mai vissuto una situazione del genere quindi non sapeva esattamente cosa si provasse.
«A nessuno piace essere abbandonati, rifiutati dai propri genitori» continuò Yana appoggiando il capo sulla spalla di Saros. L'odore dolce dello shampoo di lei, gli invase le narici. Quest'ultimo si immobilizzò per un attimo ma poi tornò normale e sorrise beato del profumo che lei emanava.

«Posso farti una domanda?» chiese lui.
«Certo»
«Allora perché hai con te la collana del sole? Non rappresenta il tuo nome, ovvero figlia del sole?»
«Perché altrimenti non sarei nessuno. Non voglio del tutto eliminare le mie origini e questa collana è l'unica che vorrei avere al collo. Ce l'ho da quando sono nata e penso che mai me la toglierò. Sai perché? Perché è mia, appartiene a me. Non ho mai pensato, nemmeno per una volta, che me la mise mia madre. Mai, io la ritengo mia.»
«Vedi Yana, come puoi dire di non credere al tuo nome se con te porti sempre il sole?».

Rimase per un attimo in silenzio. Sembrò pensarci seriamente alle parole di Saros.
«Stai cercando la tua eclissi, no? La tua luna... allora perché rifiuti di essere il sole? Di essere Yanara?» domandò di nuovo lui. «Forse non te ne rendi conto ma in realtà, per quante volte vorrai negare il tuo nome, lo rappresenti ugualmente. Perché tu sei Yanara, figlia del sole e nessuno, nemmeno tu stessa, potrai negarlo» aggiunse.
Yana alzò il viso verso di lui e i loro occhi finalmente si incontrarono. Ed ecco di nuovo quella strana sensazione, la stessa del primo giorno; del loro primo incontro.
Le cosiddette farfalle nello stomaco.

«Se è come dici tu, allora perché continuo a odiare il mio nome?»
«Perché nel tuo cuore, non riesci ancora a perdonare i tuoi genitori biologici. Rappresenti il tuo nome ma non vuoi che gli altri lo vengano a sapere per non farti chiamare come loro chiamavano te»

Yana sembrò rifletterci sopra e in effetti aveva ragione. Infatti non odiava il nome di per sé ma per come gli altri lo pronunciavano. Per non sentirsi chiamare come i suoi genitori biologici chiamavano lei. Sorrise; sorrise perché dopo tanto tempo, Saros le fece aprire gli occhi. La fece ragionare e capì il vero motivo che la spingeva a odiare il suo nome.

«Grazie» sussurrò tenendo sempre lo sguardo fisso su di lui.
«Ti aiuterò a farti piacere il tuo nome, promesso». Si avvicinò al viso docile e esile di lei per lasciare un piccolo bacio sulla fronte. Yana chiuse d'istinto gli occhi abbozzando un tenero sorriso.
Era il secondo bacio che le regalava quella sera e provò immensa gioia, sentendosi il cuore martellarle all'infinito.

Ed ecco che erano finalmente tornati insieme.
La luna insieme al suo sole;
il sole insieme alla sua luna.

Credi nel tuo nomeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora