Chapter 12: "All the way down"

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Yulis macinava uno scalino dopo l'altro, a volte ingoiandone addirittura due insieme pur di stare al passo di quel paio di esseri mostruosi. Non riusciva a vederli, ma di sicuro poteva sentirli: i mugolii e i grugniti grotteschi che emettevano, uniti a quel sinistro frinire incessante, riempivano il vuoto della tromba delle scale, rimbombando tra le pareti come il suono di una campana logora e sbeccata. Ad essi, si unì presto il vociare concitato e vigoroso dei vigili del fuoco. Fortunatamente, questo proveniva dal basso, da una direzione diametralmente opposta a quella di Yulis, segno evidente che sarebbero intervenuti a breve al quattordicesimo per circoscrivere e contenere le fiamme. La ragazza tirò un mezzo sospiro di sollievo: sapeva che, senza il loro tempestivo intervento, sarebbe stata solo una manciata di istanti a permettere di continuare a distinguere l'aspetto del palazzo da quello di un'enorme torcia di cemento e fumo nero.

Continuò a seguire il lascito delle due creature per un paio di piani, fino a che non si trovò davanti a una porta a vetri, ormai completamente ridotta in frantumi. Assottigliò lo sguardo e ingoiò una nuova boccata di ossigeno, un po' anche per tentare di dare sollievo al proprio cuore sovraccaricato; imboccò poi il corridoio sospeso nel vuoto che permetteva al grattacielo di collegarsi al suo gemello, una torre del tutto identica a quella in cui si trovava. Gemini Center, così veniva definito il complesso delle due strutture, il fulcro degli affari privati e lavorativi di alcuni dei più influenti imprenditori di Tokyo in campo di telecomunicazioni.

Yulis seguì una nuova rampa di scale, molto più stretta ma meno fatiscente rispetto a quelle imboccate negli ultimi istanti. Nel giro di qualche altra falcata, si ritrovò nel bel mezzo della terrazza a cielo aperto che impreziosiva il tetto della torre, oramai divenuta il teatro dello scontro tra le due creature abominevoli provenienti dall'appartamento di Enrique.

Sbarrò gli occhi quando si accorse che il più grosso tra i due mostri teneva la testa dell'altro completamente schiacciata contro il parquet a ridosso della piscina; le ali verdognole e trasparenti del sottomesso che si dibattevano a una velocità sostenuta cozzavano contro il legno producendo un rumore agghiacciante, simile a quello di un insetto tozzo che con cieca insistenza continuava a scontrarsi con il vetro di una finestra chiusa. Grugnendo respiri pesanti e densi nel mentre che gravava con la propria stazza, il più grosso premeva la mano dalle fattezze antropomorfe contro la guancia dell'altro, quasi come se avesse voluto sfondargli la scatola cranica; il suo arto tramutato in lama, invece, era puntato in modo preciso e minaccioso nell'intersezione di due vertebre lombari. Non appena questi abbassò la spalla di un millimetro con l'intento di lacerare la carne sotto di sé, l'insettoide emise un urlo in grado di far accapponare la pelle, riverberando nell'aria e costringendolo ad allontanarsi in un barcollio sorpreso. Ne approfittò quindi per sgusciare via, lontano da lui, ma per farlo si gettò nell'esatta direzione di Yulis, ritrovandosi così sulla sua traiettoria.

< Cazzo! >

Ci fu un momento di stasi.
Un istante in cui i movimenti di tutti i presenti si bloccarono in uno stallo di indecisione e stupore.
Poi, una folata di vento gelido scompigliò i capelli biondi dell'eroina, lambendole la pelle scoperta con una carezza poco cortese.

Fu allora che gli occhi vitrei di entrambe le creature si puntarono nei suoi, diventando improvvisamente vispi ed irrequieti, e fu allora che Yulis realizzò davvero di essersi messa nei guai.

Se prima i due sembravano aver lottato tra loro per qualcosa, lo stesso qualcosa che Yulis aveva nascosto in una piccola tasca interna del costume, ora parevano accomunati da uno stesso obiettivo: si avvicinavano a passi lenti verso di lei, annusando l'aria come cani rabbiosi intenti a seguire il tracciato fumoso di una pista. E lei era lì, sola, ormai costretta a dover maneggiare una bomba ad orologeria il cui display divorava coppie di cifre ad ogni metro di distanza che veniva coperto.

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