9 ~ Gli orrori di Giza

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Cielo argentato, luce e caldo secco, erano le condizioni con le quali Stella e compagni dovettero fare i conti lungo il viaggio sulla terra d'Egitto. Nemmeno la prodigiosa carrozza, ora immersa nel modesto traffico di Rosetta/Rashid, riusciva a isolare l'aria torrida.

Darlina strinse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco le merci esposte nei negozietti aperti lungo la via percorsa dalla vettura. «Come mai la gente, sembra non ci veda?»

La Ninfa Menta sbatté le palpebre. «La carrozza degli inferi, con tutto quello che la contiene, è invisibile, e gli umani l'attraversano da parte a parte come fossero fantasmi.» Quando un camion venne in contro, attraversando i cammelli, i cocchieri e la carrozza con tutti i passeggeri come fossero impalpabili, la scrittrice ricordò la stessa cosa avvenuta con lo squalo, durante la fuga dalle Colonne d'Ercole. Era come essere nuvole che si mescolano ad altre nuvole, tranne per il fatto che, attraversato l'oggetto di turno, gli stomaci dei passeggeri facevano le bizze.

«Di grazia, dove troveremo Cleopatra?» Domandò Stella, aggrappata al divanetto per il disagio di sembrare uno spettro che si mescola con tutto ciò che circolava per la strada trafficata di Abashir. «E non si potrebbe percorrere una strada meno affollata? Mi sta venendo il mal di mare.»

«Giza non è lontana, signora Di Marino, abbia pazienza,» sghignazzò la Ninfa Menta, divertita senza pudore di farlo vedere.

«Visto che a te danno retta, potresti convincerli ad accelerare,» suggerì Darlina, indicando i cocchieri. Era tutta sudata e boccheggiante. «Vorrei un po' d'acqua. Perché non ce ne siamo portata appresso almeno un po'?»

«Hai ragione, questo caldo è infernale. Adesso che ci penso, mi sento anch'io accaldata,» disse sventolando le mani, e poi ordinò a Terrore e Paura di andare il più veloce possibile.

«Abbia pazienza, signora Orsolese, quando saremo arrivati a Giza, avrà tutta l'acqua che desidera.» Il tono di Menta, piatto come una tavola, non incantò per un solo istante la scrittrice di libri di cucina. La osservò quel poco che bastava per capire che nemmeno lei sapeva quando sarebbero arrivati a destinazione.

Superate città poco appariscenti come Disuq, e più affollate come Itay El Baroud, con tutti gli edifici bruniti dal sole cocente, e la gente abituata a vivere in un clima così arroventato, Darlina esplose non appena vide oltre l'ennesima città una fontana. Era arginata da un basso parapetto circolare, sul quale era posato uno stormo di ibis scarlatti che beveva con avidità. «No! Basta! Basta!» Si alzò, con un balzo schizzò fuori dalla carrozza, e si diresse verso quella fonte. I compagni di viaggio dapprima la richiamarono, ma poi, vedendola piegata sul parapetto in pietra con la testa sua e dei suoi animali ficcate in acqua, la imitarono. La Ninfa Menta poteva sgolarsi quanto voleva, ma persino il più disciplinato Sabato seguì la via della sete.

Menta scese dalla carrozza sbattendo così tanto le palpebre da sembrare quasi non le avesse. Lanciò un'occhiata sul confine della città di Itay El Baroud, preoccupata che qualcuno potesse vedere lei e i suoi ospiti. Un rumore d'acqua ingurgitata calamitò la sua attenzione. Lo stormo di ibis scarlatti, anche se disturbato, svolazzò attorno alle nuove creature sopraggiunte, tingendo il cielo blu di macchie rosse.

La Ninfa scosse la testa appena vide la Chimera Darlina in bilico sul parapetto della fonte, con le gambe che sforbiciavano, mentre tuffava la testa nell'acqua, imitata dalla capretta e dal leoncino che slinguazzavano all'impazzata.

«Darlina? Ma come bevi? Sembri un cocker!» Esclamò Stella che, seduta all'amazzone sul bordo della fontana, prelevava l'acqua con le mani, mentre la chioma serpentesca si allungava sullo specchio liquido bevendolo a suon di baci sfiorati.

Darlina alzò un attimo la testa. «Se ti sembro strana io, guarda un po' Sabato come beve!»

Stella ruotò la testa verso l'uomo, che se ne stava di spalle al beveratoio. S'insospettì. Sabato stava fumando assieme a quella testona di iguana, borbottando amenità. «Quest'acqua è davvero fresca! Mi fa venire i brividi lungo la schiena,» affermò Sabato con un risolino. Al che Stella vide strane contrazioni proprio su quella parte del corpo dell'amico. Strisciò lo sguardo più giù fino al fondo schiena, dove sotto il chitone porporato partiva la coda dell'Obelisco. Coda che curvava fino a immergersi nella fontana. Deglutì, ed ebbe un rigurgito.

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