24 ~ Ragioni e sentimenti

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Il giovane alato abbassò lo sguardo, incredulo di scoprirsi libero dalle catene che lo assoggettavano a Mausolo. Si piegò, lanciò le mani sulle caviglie incise dai lividi, testimoni del supplizio. Erano così scuri che si vedevano a distanza. I lunghi ricci castani celavano la smorfia. Le mani si unsero d'icore. «Non so chi di voi mi ha liberato, comunque vi ringrazio tutti.»

Stella si avvicinò, sollevò di poco l'abito e si chinò. «Hai delle brutte lesioni. Oh! Ma questo è sangue d'oro! Il sangue degli dei!» Negli occhi verdi brillarono le scintille della linfa celeste. Guardò in faccia il ragazzo e sorrise alla sua smorfia. «Darlina, forse puoi fare qualcosa per lui, con il leoncino?»

«Sei sicura che, insomma, non vorrei che...» sospirò e lasciò in sospeso il pensiero. Stella fece stendere il giovane, vinse le proteste e l'obbligò ad allungare le gambe. «Non dire idiozie, su. Da com'è conciato, si capisce che ne ha passate di dure pure quest'altro disgraziato.» Il ragazzo cambiò la smorfia con un cipiglio.

La Chimera si accovacciò accanto, e l'amica mise sotto il naso della testa leonina la prima caviglia, e quella la leccò. «Sta funzionando,» disse Darlina, contagiata dalle risate del giovane torturato dal solletico provocato dalla lingua dell'animale. «Le piaghe si stanno rimarginando. Non credo avrebbe funzionato se si fosse trattato di un altro nemico.»

Guarite le ferite e rimesso in piedi la nuova conoscenza, Stella domandò di nuovo chi fosse.

«Sono Zefiro, uno dei tanti dei minori del vento. Mausolo mi aveva catturato e costretto a fare da spia ai vostri danni,» confessò come se l'informazione non avesse nessun valore.

«Anche tu sei stato catturato? Com'è possibile? Ma come si fa a catturare un dio?»

«Mi rincresce, ma non posso dirvelo, non ci è permesso rivelare i nostri punti deboli. Capisco la vostra perplessità, signora Medusa, ma vede, Mausolo ha il supporto di un'entità malvagia dotata di un potere sconfinato, grazie al quale può fare prigionieri gli dei.»

«Tantalo,» fecero coro i tre, e Zefiro annuì. «Menomale che non dovevi scoprire le vostre carte divine!»

Zefiro fece spallucce. «Comunque, catturare gli dei e arrecare loro danni, non è una cosa impossibile. Noi divinità possiamo essere catturati, se si dispone di reti, filo o catene forgiate dagli dèi principali. Si possono ferire, se si dispone di un potere superiore. E...»

«E... cosa?» incalzò Stella. «Non mi piacciono i discorsi incompiuti. Parla!»

«E uno di voi possiede il potere necessario per abbattere un dio,» sospirò Zefiro. Stella e Sabato presero a fissare Darlina.

«Che c'è? Perché mi guardate così? Cos'ho?»

«Il tirso che ti ha forgiato Efesto, è tuo,» disse Stella. «Cara ciabattina dorata, sei la nostra arma segreta contro quella Bestia che vuole mangiarsi gli ostaggi di Mausolo.»

Darlina deglutì a gola secca. «Io?» si indicò, e la mano scomparve in mezzo alla capretta e il leoncino. «Ma non può essere, ci dev'essere un errore, non può essere, che stiamo scherzando. Io sono una chef, io scrivo libri di cucina, che c'entro io? Non ne capisco niente di 'ste cose da libri antichi io, oh! Perché non potresti essere tu, tu che queste cose le insegni pure in televisione. Ecco, te lo do il mattarello, così siamo sicuri che lo sai usare meglio di me, tiè!» chiosò allungando il matterello d'oro, ma l'altra scosse la testa facendo ondeggiare i serpenti.

«Io non posso. Insomma, l'hai visto no, che con una semplice botta casco giù come una pera cotta. Eh, non sono indistruttibile come te e Sabato. Eh, dovrai farti coraggio bella mia.»

«Ma io ho paura...»

«E chi non ne ha?»

«Nel frattempo, dobbiamo trovare un modo per arrivare a Platopoli,» convenne Sabato.

ANTIEROI ANTICHI COME NONNI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora