38: Mi sentirò sempre sbagliato.

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Finalmente arriva la vigilia di Natale.

Niente scuola per due settimane e in questi giorni sono pure a casa dal lavoro, quindi posso rilassarmi.

Sotto l'albero ci sono già alcuni regali e ogni tanto cerco di sbirciare per capire cosa c'è sotto la carta, ma mia madre è troppo brava a impacchettarli e ogni volta che provo ad aprirne uno troppo preso dalla curiosità, mia madre riesce a cogliermi in fragrante.

È Sabato e siamo tutti insieme.

Stiamo facendo colazione, parlando del più e del meno.

Sono di buon umore e avere Leo accanto a me che mi tiene la mano sotto il tavolo aiuta sicuramente.

«Ragazzi, io e Simone andiamo a fare la spesa, mancano alcuni ingredienti per fare la lasagna domani. Vi serve qualcosa?»

«Puoi comprare la nutella? È finita.»

«Tu l'hai finita.» precisa Leonardo.

Gli faccio la linguaccia.

«Certo, tesoro. A te Leo, serve qualcosa?»

«No, Elvira, grazie.»

Una volta rimasti da soli. Mi fiondo su Leonardo e lo bacio.

Finiamo sul divano, uno sopra l'altro.

«Ho proprio voglia di prenderti.» ammetto.

Qualche istante dopo siamo mezzi nudi.

«La porta...» geme Leonardo mentre passo la lingua sul suo collo.

Finiamo sul divano, uno sopra l'altro.

Ci baciamo avidamente, ci soddisfiamo a vicenda, poi Leonardo appoggia la testa sul mio petto.

«Stavo pensando... visto che mia madre sa già di noi, dovremmo dirlo a tuo padre.» rifletto.

«Non lo so, mio padre non è Elvira, non so come potrebbe reagire.«

«Non ha più senso tenerlo nascosto. Prima o poi lo scoprirà da solo. E poi...»

«Poi?»

«Voglio poterti baciare, stringere, insomma, fare lo sdolcinato quando mi pare, senza paura che possa beccarci.»

«Okay» sospira. «Facciamolo.»

Un ora più tardi arrivano i nostri genitori con la spesa, aiuto mia madre a sistemarla dopodiché chiedo a tutti di riunirsi intorno al tavolo. Mia madre sembra aver capito qualcosa, Simone invece è ignaro di tutto.

Leonardo sembra teso, così gli prendo la mano. Portiamo le nostre mani uniti sopra al tavolo. Lo sguardo di Simone finisce subito lì.

«Cosa state facendo?» Simone sembra confuso. Accanto a  lui c'è mia madre, che a differenza sua non è tanto sorpresa.

«Io e Leonardo stiamo insieme.» dico, senza troppi giri di parole.

«È uno scherzo?» Simone ridacchia. Ma quando ci guarda e vede le nostre espressioni serie, smette di ridere.

«Siamo una coppia.» specifico.

«Cosa?!»

«Papà...»

«Papà un cazzo! Non ci posso credere! Non solo mio figlio è un malato mentale ma è anche omosessuale!»

«Simone, calmati.» si mette in mezzo mia madre.

«Stai esagerando.» dico io, mentre Leo rimane in silenzio, distrutto visibilmente da quelle parole.

«Tu» Simone mi guarda. «Ti ho sempre trattato come un figlio ed è così che mi ringrazi?»

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