Il più grande errore che si può fare nella vita è quello di avere sempre paura di farne uno.
- Elbert HubbardFinalmente suona la campanella che segna l'inizio dell'intervallo. Dieci miseri minuti, come se fossero una pausa sufficiente rispetto alle sei lunghe e noiose ore di studio, per non dire rottura di coglioni.
Passiamo la vita tra scuola e lavoro e il tempo per noi stessi sembra quasi essere un lusso, come se per stare al mondo una persona sia obbligata a faticare e basta.
Siamo solo degli adolescenti e siamo già stressati a causa di quell'inferno comunemente chiamato scuola.
Raggiungo il bagno da solo, in compagnia unicamente di me stesso e del mio pacchetto di marlboro, perché quello stronzo del mio migliore amico si è subito fiondato dalla sua ragazza, senza preoccuparsi minimamente del sottoscritto. Quei due non riescono a stare nemmeno un'ora senza mangiarsi la faccia a vicenda.
Prima che si fidanzasse, passavo molto più tempo con Denis, poi è arrivata Giulia e io sono finito al secondo posto. Non mi lamento, solo a volte mi manca trascorrere del tempo da solo con il mio amico, senza il suo nasino lentigginoso che si intromette in ogni nostro discorso.
Mi accendo una sigaretta sotto lo sguardo sorpreso dei ragazzini del primo anno, i quali sanno che fumare a scuola è vietato.
Mi guardano spaventati come se fossero loro a star fumando e non io.Mi appoggio al calorifero e mi godo il calore che emana; chiudo gli occhi per brevi istanti, mentre il fumo esce dalle mie labbra e riempie la stanza fredda.
Apro gli occhi, notando con dispiacere Leonardo varcare la porta del bagno. Trattengo uno sbuffo, continuando ad aspirare.
Non appena le sue iridi chiare incontrano la mia figura, una smorfia si dipinge sul suo viso pallido.«Non avevi detto a tua madre di aver smesso di fumare?»
«Sbaglio o non sono cazzi tuoi?»
Tra noi va sempre così; non riusciamo ad avere un rapporto civile. E probabilmente non lo avremo mai, perché siamo troppo diversi e chiaramente non ci sopportiamo.
Lui non dice niente, si limita a lavarsi le mani nel lavandino. Lo osservo mentre compie quel gesto, più per noia che per reale interesse. Utilizza a mio parere troppo sapone e ci impiega diversi istanti per lavarsele. Come se fossero sporche, quando in realtà sembrano più che pulite.
Il mio fratellastro è davvero strano. E non lo dico solo perché mi sta chiaramente sulle palle, bensì perché ci sono diversi suoi atteggiamenti che me lo fanno pensare.
«Penso siano morti.»
Lui mi guarda stranito.
«I germi.» aggiungo. «Cioè i tuoi simili.»
Lui rotea gli occhi, dopodiché afferra un pezzo di carta e si asciuga le mani grandi e bianche.
Intravedo delle vene bluastre, ma sposto subito lo sguardo sul suo viso accigliato.«Ti credi veramente simpatico? Perché ti posso assicurare che non lo sei affatto.»
Mi stacco dal calorifero, avvicinandomi con passi lenti alla sua figura slanciata. Siamo alti uguali, forse il castano mi supera di qualche centimetro. Inspiro un po' di fumo, per poi buttarlo direttamente addosso al suo viso contrariato.
Lui tossisce. «Sei un idiota!»
Scoppio a ridere, mentre lui sembra tutto fuorché divertito.
«Ora puoi anche chiuderti in bagno a piangere.» gli sussurro nell'orecchio, prima di allontanarmi e uscire dal bagno, lasciandolo da solo.
~
«Com'è andata oggi a scuola?» ci chiede Simone, mentre passa il piatto di fagioli a suo figlio.
«Bene.» risponde prontamente Leonardo.
Il secchione della famiglia.«Tu, Luca?» mi domanda mia madre.
«Benissimo.» esagero.
Se escludiamo il tema e la verifica di matematica, che mi assicura un altro tre in pagella.«Abbiamo fatto la verifica di matematica oggi» mentre parla, lo sguardo del mio fratellastro è rivolto principalmente a me, e so già che quello che sta per dire sarà qualcosa contro di me. «La mia è andata bene, quella di Luca non lo so.»
Ricambio il suo sguardo e il sorrisetto compiaciuto che mi rivolge non mi piace affatto.
«Allora?» mia madre aspetta di sentirmi parlare. «Com'è andata la tua verifica?»
Guardo Leonardo fisso negli occhi. «Direi bene.» e sorrido tranquillamente, perché se pensava di mettermi nei casini, si sbaglia di grosso. I voti della verifica non sono ancora stati dati e mia madre non verrà mai a sapere del tre che ho sicuramente preso. Anche perché potrò sempre recuperarlo prima degli scrutini del primo quadrimestre, o trovare il modo di far sparire la verifica dal cassetto del professore. «Il professore si è perfino complimentato quando ha visto che sono stato uno tra i primi a consegnare.»
Mia madre annuisce contenta, ma qualcuno non sembra voler chiudere la bocca stasera.
«Che sei stato uno tra i primi è sicuro, ma solo perché hai consegnato in bianco.» commenta il castano.
«Il bianco sarà l'unico colore che vedrai, se non la smetti di starmi addosso.» gli lancio un'occhiata minacciosa.
«Ragazzi, perché non la smettete di battibeccare e non finite di mangiare?» mia madre si intromette nella conversazione, bloccando l'ennesima lita.
Ci limitiamo a fissarci in cagnesco, promettendoci vendetta.
Durante il resto della cena si parla del più e del meno, più che altro parlano i nostri genitori, perché tra me e Leonardo non so chi sia più taciturno.
Dopo aver aiutato a sparecchiare raggiungo la mia stanza e – come d'abitudine – faccio partire la musica dal mio cellulare, prima di allenarmi un po'.
Faccio qualche flessione, aiutato dal ritmo della canzone.
Mi arriva un messaggio da parte di Denis dove mi avverte che il giorno successivo non ci sarà a scuola, a causa di un maldigola a cui non crede nessuno.
Gli rispondo con un "bastardo, domani mi abbandoni" prima di lasciare il cellulare sotto carica e scendere in cucina per prendere un bicchiere d'acqua.
Trovo Leonardo appoggiato al bancone, con lo sguardo rivolto a terra. Sembra assorto da qualcosa e stranamente sembra non rendersi conto del mio arrivo. Solitamente mi rifilerebbe un'occhiata, questa volta mantiene lo sguardo sul pavimento.
Guardo per terra, per vedere se ci sia qualcosa di così interessante, ma ci sono solo le mattonelle color mogano.
«Sei alla ricerca di qualche formica? Ti sei stancato di essere solo?» come sempre trovo il pretesto per prenderlo in giro.
Lui però non risponde.
Scrollo le spalle, andando verso il frigorifero per prendere da bere. Gli passo accanto per prendere un bicchiere dal mobile sopra la sua testa, e per sbaglio gli tocco il braccio. Lui si ritrae all'istante, come se lo avessi bruciato in qualche modo.
«Ti sei svegliato.» noto.
«Lasciami stare, non sono in vena di sentire le tue cazzate.» dice soltanto, prima di lasciare la cucina.
Mr simpatia, signori e signore.
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Beside you
Romantiek«𝐋𝐚 𝐦𝐢𝐚 𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐯𝐨𝐫𝐫𝐞𝐢 𝐬𝐨𝐥𝐭𝐚𝐧𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐜𝐮𝐧𝐨 𝐦𝐢 𝐚𝐢𝐮𝐭𝐚𝐬𝐬𝐞 𝐚𝐝 𝐞𝐯𝐚𝐝𝐞𝐫𝐞.» Due adolescenti. Un tetto da dividere e due caratteri completamente opposti tra loro. Leonardo Fer...