Akihiro socchiuse gli occhi e rilasciò un silenzioso respiro di stanchezza mentre era in attesa, davanti al distributore di caffè annacquato dell'ospedale, che il suo bicchiere si riempisse.
Era già al quinto caffè che stava per entrargli in circolo ed erano appena le tre del pomeriggio; sarebbe giunto alla sera con le palpitazioni e un principio di crisi isterica.
Aveva da poco terminato, dopo due lunghissime ore, l'operazione al crociato sinistro di una ragazzina di dodici anni, la quale aveva pensato bene di lanciarsi da una quercia con la convinzione che sarebbe caduta in piedi come i gatti.
Afferrò finalmente il suo caffè, se lo portò alle labbra ed era sul punto di abbeverarsi, quando Richard McCallister, suo collega da un paio di anni, giunse al suo fianco.
«Akihiro», lo salutò, formale come sempre.
«Richard», disse, prima di prendere un sorso di quel desiderato caffè.
Akihiro era dipendente dalla caffeina. Anche se quel caffè faceva schifo, lui ne aveva comunque bisogno per sopravvivere e mantenersi in piedi.
«Il tuo turno è finito?» gli chiese Richard, allargando il camice bianco e infilandosi le mani nelle tasche del suo pantalone elegante e che costava quasi quanto l'auto del padre di Akihiro. Negò con il capo. «Devo controllare un po' di scartoffie.»
Richard annuì, poi il suo sguardo, perennemente serio e crucciato, si incupì esponenzialmente quando notò qualcosa alle spalle di Akihiro, proprio in fondo al corridoio ospedaliero dove si trovavano.
Continuando a sorseggiare la sua bevanda sacra, Akihiro lanciò una fugace occhiata in fondo al corridoio per cercare di capire cosa, quella volta, stesse contrariando Richard.
Il motivo del fastidio dell'impeccabile dottor McCallister venne subito adocchiato da Akihiro: si trattava del dottor Silas Brooks, il quale, sorridente e gentile, chiacchierava amabilmente con un gruppetto di infermiere.
«Quell'uomo continua a essere costantemente fuori luogo», asserì Richard.
Akihiro evitò di sbuffare e roteare gli occhi perché sapeva fin troppo bene quale opinione avesse Richard di Silas e di qualsiasi altra personalità diversa dalla sua.
«Non sta facendo niente», si limitò a dirgli Akihiro.
Richard aggrottò le folte sopracciglia castane e spostò il suo sguardo affilato su Akihiro.
«Niente? Parla con gli infermieri come se fossero amici di vecchia data, con una confidenza poco professionale, senza contare il suo essere così rumoroso e quella spilla a forma di arcobaleno che ha attaccata al taschino del camice perché, ovviamente, c'è bisogno di far comprendere le sue inclinazioni anche sul posto di lavoro. Come se non mi bastasse mio fratello.»
Akihiro aggrottò la fronte e, d'istinto, riportò i suoi occhi su Silas, il quale si accorse della sua occhiata, incrociò il suo sguardo e gli fece un sorriso furbo, sventolando una mano nella sua direzione. Akihiro gli accennò un sorriso in risposta. Poi riportò la sua attenzione su Richard. «Silas è un ottimo ortopedico, credo che questo sia l'importante».
Era un uomo estroverso, l'esatto opposto di Akihiro. Ma preferiva di gran lunga avere a che fare con Silas, piuttosto che star sempre a sentire le lamentele di Richard. Non gli andava bene nulla. Lui, come suo padre, avevano da ridire su chiunque e quel loro modo di fare polemico aveva iniziato a stancarlo parecchio, per quanto Akihiro cercasse di non darlo a vedere. Anche quel continuo denigrare le scelte e le abitudini di suo fratello, non lo rendevano una persona migliore, come Richard era convinto di essere.
Akihiro aveva avuto modo di conoscere Percival alla festa di compleanno di Richard, due giorni prima. Non avevano avuto un buon inizio; si erano scontrati e presentati in maniera rocambolesca e Akihiro, senza volerlo, aveva finito per atteggiarsi proprio come Richard, trattando Percival con sufficienza e guardandolo dall'alto in basso. Quel ragazzo dai capelli ossigenati non passava di certo inosservato. Akihiro lo aveva notato, eccome.
Era la persona più colorata che avesse mai visto nella sua vita e aveva un sorriso luminoso che non aveva niente a che vedere con quello inesistente di suo fratello. Sembravano provenire da due mondi paralleli.
Solitamente, non aveva la consuetudine di giudicare le scelte di vita degli altri, i loro modi di essere e apparire. Anche se non sarebbe mai andato in giro con una spilla arcobaleno attaccata al taschino del camice o con degli orecchini a forma di ciliegia, e, soprattutto, non si sarebbe mai fatto sorprendere mentre ballava Beyoncé in auto, era comunque consapevole che su quella Terra esistevano personalità diverse dalla sua.
E da quella di Richard, fortunatamente.
Il giorno del compleanno del suo collega, però, non era stato nella migliore della sua forma; suo padre si era sentito poco bene proprio quella mattina, per via di un malore causato dal troppo calore. Aveva deciso di evitarsi volentieri di presenziare a quella festa noiosa e piena di champagne costoso per controllare la salute di suo padre, ma sua madre lo aveva spinto fuori casa e costretto a uscire.
Era serio, a volte pedante nella sua continua ricerca della perfezione in ambito professionale, ma non era uno stronzo. Almeno, non volontariamente.
«Ci sono ortopedici migliori e più seri di lui. Mi meraviglia il fatto che non abbia ancora ricevuto nessun richiamo dall'alto.»
Sì, dal Signore Gesù Cristo, pensò Akihiro sarcasticamente. Forse, il suo pensiero era stato un po' blasfemo, ma, in fin dei conti, non era nemmeno cattolico e Richard lo stava indispettendo.
Gettò il bicchiere vuoto di caffè nel cestino accanto ai distributori, si lisciò il camice e osservò Richard. «Ora devo proprio andare.»
Richard inarcò un sopracciglio e annuì; successivamente, Silas si ritrovò a passare proprio di lì e richiamò l'attenzione di entrambi i medici.
«Ehi, Akihiro! Ci vediamo questa sera! Richard, fallo ogni tanto un sorriso o hai paura che ti escano le rughe? Tanto ormai, stai camminando verso gli anta da un pezzo.»
Le labbra di Akihiro tremolarono, vedendo Richard McCallister così visibilmente indignato da risultare quasi comico.
Silas se ne andò, sventolando le dita nella loro direzione e camminando fiero come sempre, con la sua fedele spilla a forma di arcobaleno attaccata al taschino del camice.
«Non mi dire che andrai all'addio al celibato di quello scellerato?»
Akihiro aveva voglia di urlare, ma si trattenne.
«Okay, vorrà dire che non te lo dirò, Richard», gli disse, incamminandosi verso il suo studio, che non vedeva l'ora di raggiungere, anche se ad attenderlo c'erano una pila di documenti che avrebbe di gran lunga preferito bruciare.
«Akihiro, se andrai a quell'addio al celibato, ti farai una cattiva reputazione. Per di più, in quel locale ci lavora...»
Akihiro si voltò di scatto verso Richard e alzò una mano per bloccare la sua ennesima polemica. «Richard, con tutto il dovuto rispetto per le tue opinioni a me ormai fin troppo chiare, ti dirò che andrò a quell'addio a celibato perché Silas è un mio collega e un mio amico. Se mi farò una cattiva reputazione per aver messo piede al Pepper Club, sarà solo una mia responsabilità.»
Richard alzò il mento, quasi a mo' di sfida. «Come preferisci, Akihiro. Io ti ho avvisato», affermò e, finalmente, se ne andò.
Akihiro sospirò per la liberazione e si passò una mano tra i capelli neri. Quasi corse verso il suo ufficio e, quando finalmente si sedette dinnanzi la sua scrivania, si permise di buttare fuori un: «Cazzo, che pesantezza».
Per levarselo dai piedi, avrebbe dovuto confessargli che la sua sessualità non rientrava nei canoni dell'eterosessualità presenti nella scala Kinsey, ma non lo avrebbe mai fatto perché teneva alla sua privacy e a separare il lavoro dalla vita privata. Si allentò il nodo alla cravatta e, nella sicurezza delle quattro mura del suo studio, smise per un attimo di essere il dottor Akihiro Sasaki e di ritornare a essere solo Akihiro: uomo di origine giapponese di trent'anni, che dopo tanti sacrifici, sia da parte sua che della sua famiglia, era riuscito a diventare medico con una specializzazione in chirurgia generale.
Mentre prendeva una penna per incominciare quel calvario fatto di cartelle cliniche e accendeva il computer, la sua mente analitica venne distratta dall'immagine di quel Percival McCallister, mentre ballava nella sua auto davanti al semaforo e, non sapendo bene perché, gli venne da sorridere.
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Il Mal Riuscito
ChickLitMotivi principali per il quale sono il figlio Mal Riusciuto: sono l'ultimo, non sono per niente etero e odio la Medicina. Al quarto posto c'è il mio lavoro, che spiegherò in seguito, e al quinto è che ho deciso di diventare vegano. Odiare la Medic...