31. Ehi, ma non sei geloso?

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«Ehi, prof Percy! Finalmente sei ritornato! Per caso ti eri dimenticato di noi poveri, sfigati gay de La casa degli unicorni?»

Akihiro, non appena mise piede all'interno di quell'edificio dalle pareti interne colorate sui toni pastello che andavano dal giallo, al lilla e al celeste, osservò un ragazzino, il quale doveva avere al massimo sedici anni, ma fisicamente sembrava averne molti di più, andare incontro al suo ragazzo, che allargò le braccia per poter abbracciare quel ragazzino alto e robusto.

Percy era alto, ma aveva un fisico longilineo per quanto potesse avere più muscoli di Akihiro, però, quel ragazzino dalla carnagione color caffè era davvero forzuto e superava Percy almeno di un paio di centimetri. Ricambiò il suo abbraccio e lo sollevò da terra senza particolari sforzi fisici.

«Mio Dio, Ashon!» esclamò Percy, ridendo. «Ti perdo di vista per scarso un mese e mi cresci di mezzo metro? Ah, i benefici dell'adolescenza!»

Il ragazzino - Ashon - sghignazzò, mostrando un leggero diastema tra gli incisivi superiori, e riportò Percy con i piedi per terra.

Percy si mise le mani sui fianchi, il sorriso gioioso non gli si era ridotto di un millimetro dalle labbra. Quella sera, tra l'altro, sembrava più radioso e colorato del solito. Era davvero felice di essere lì.

Esibiva una salopette di jeans, al di sotto una T-shirt a sfondo bianco con tante piccole fette di anguria stampate sopra; ai piedi portava dei vistosi calzini giallo banana infilati in un paio di Vans a scacchi neri e bianchi. Da una spalla gli pendeva una tracolla di stoffa fucsia dove aveva inserito il suo grembiule da pasticceria personale.

Indossava per l'ennesima volta tutto ciò che Akihiro non avrebbe mai indossato in vita sua. Però, c'era da confessare che il chirurgo trovava adorabile quell'abbigliamento eccentrico solo se era Percy ad indossarlo perché, come ci teneva sempre a ribadire quell'impiccione di Silas, oramai Akihiro guardava solo con gli occhi dell'amore.

Nonostante per Percy non fossero stati giorni particolarmente semplici, partendo dallo scontro con la sua famiglia, continuando con le offese ricevute e terminando con la confessione di Karol sulla sua gravidanza, Percy non aveva mai fatto uscire fuori un briciolo di tristezza o malessere. Dopo quel giorno non aveva più aperto il discorso famiglia McCallister.

Akihiro aveva il presentimento che il suo ragazzo stesse accumulando tutto all'interno. Aveva il timore crescente che, a lungo andare, Percy sarebbe esploso.

Percy aveva una bell'anima colorata, un'anima che non sempre era stata apprezzata. Percy dispensava un sorriso gentile a tutti, ma spesso quei sorrisi non erano stati ricambiati, soprattutto dalla sua famiglia e ciò gli aveva causato tante cicatrice sul suo cuore troppo buono.

Forse era quello, il suo "problema principale": Percy era troppo buono per quel mondo pieno di oscurità.

«Allora, prof Percy... Cosa ci farai cucinare oggi? Ehi, ciao... Chi sei?» domandò Ashon, cambiando tono, trasformandolo in diffidente, quando si accorse di Akihiro, una presenza sconosciuta all'interno di quello spazio sicuro, che doveva essere il luogo più vicino ad una casa per lui e per tutti gli altri adolescenti che quella struttura ospitava.

Percy ruotò il capo e spostò i suoi occhi truccati su Akihiro, il suo sorriso si allargò e qualcosa si smosse nello stomaco del chirurgo, il quale non si sarebbe mai stancato di essere guardato in quel modo così intenso dal suo ragazzo.

«Lui è il mio ragazzo, Ashon. Si chiama Akihiro».

Akihiro, preso in causa, si avvicinò all'adolescente. Ci pensò un attimo prima di porgergli la mano, ma alla fine allungò il braccio verso Ashon. Il ragazzino scrutò la mano di Akihiro quasi come se fosse stata una bomba, ma dopo qualche istante e con ancora un po' di diffidenza, strinse la mano di Akihiro. Nonostante la ritrosia iniziale, quella di Ashon fu una presa salda e vigorosa, la presa di un ragazzino rifiutato ma che voleva farsi vedere forte e sicuro di sé.

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