38. Gli opposti che si attraggono

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Dopo aver lasciato Hoshi a casa dei genitori di Akihiro ed aver trascorso un brutto quarto d'ora, Percy ed Akihiro erano riusciti a fuggire dalle grinfie di Kumiko ed a dirigersi finalmente verso la villa dei genitori di Silas.

Kumiko Sasaki, prima di mandarli via, aveva scattato alla coppia almeno una ventina di foto da kinenhin to shite nokoshitai, voler tenere come ricordo.

Akihiro si era sentito imbarazzato come la sera del suo ballo di fine anno, a cui non aveva nemmeno avuto particolarmente voglia di partecipare, quando okāsan lo aveva riempito di fotografie per poi incorniciarne almeno quattro, mettendole in esposizione sul comò della sua camera da letto, accanto alle foto della nascita di Akihiro e del suo matrimonio con otōsan. Il comò di Kumiko era praticamente l'altarino della vita dei Sasaki. Metteva il giusto quantitativo di ansia e faceva venire in mente, ogni volta che lo si vedeva, che sarebbe stato perfetto per ricordare i morti.

Percy, invece, non aveva provato l'imbarazzo di Akihiro, lui adorava i proiettori ed i flash puntati su di sé quindi si era lasciato fotografare proprio come una pop star e Benjiro Sasaki se l'era quasi fatta addosso perché, secondo lui, Akihiro e Percy potevano davvero dimostrare la tesi che hantai no mono wa hikiau, gli opposti si attraggono.

La villa dei signori Brooks, i genitori di Silas, era - come l'aveva già definita Percy solo adocchiandola dall'auto - spaziale e wow. Era una struttura su due piani, tinteggiata di un bianco candido, con un portone in legno massello ed inserti dorati ai cui i lati si ergevano due colonne in stile dorico e su di esse si trovava un'ampia balconata alla Romeo e Giulietta, decorata da vasi in ceramica pieni di ortensie azzurre. Dopo aver percorso un lungo viale in ciottoli bianchi, si poteva ammirare perfettamente l'immenso prato verde brillante che circondava la proprietà e dove erano stati allestiti dei gazebi per la cerimonia ed il ricevimento di Silas ed Anthony. Nella proprietà si trovava, inoltre, un piccolo vigneto perché il padre di Silas amava il buon vino e produrselo anche da solo.

«Questa villa è la cazzo di fine del mondo!» esclamò Ashon, correndo verso Akihiro e Percy, vestito con camicia bianca a maniche corte, pantaloni neri e converse nere. Aveva proprio l'aspetto di un cameriere.

Percy aveva avvisato Eli che stavano arrivando e il cuoco de La Casa degli Unicorni aveva espresso apertamente il suo timore di avvelenare qualcuno perché forse non era in grado di preparare il pranzo per un matrimonio. Anche se il menu era semplice e prevedeva un antipasto a buffet, un primo, un secondo, della frutta a buffet e la torta nuziale di cui si era occupata la madre di Anthony. C'erano solo trenta persone da dover servire, Akihiro aveva già detto che i due futuri sposi avevano sempre avuto il desiderio di fare una cerimonia semplice, intima, con pochi invitati, tanta musica e tanto champagne.

Percy aveva anche chiesto ad Akihiro di mandare un messaggio a Silas per sapere se avrebbe potuto fare un po' di show alla Gigi Vuitton e Silas aveva risposto al messaggio con un "assolutamente, sì!".

Percy adorava le feste, Akihiro un po' meno, ma amava Percy e si trattava comunque del matrimonio di Silas, quindi avrebbe cercato quel giorno di sbottonarsi un po', glielo aveva chiesto anche Percy, aggiungendo: "poi sarò felice di sbottonarti anche i pantaloni, letteralmente, Aki".

«Sei scappato dalla cucina, Ashon?» gli domandò Percy, sorridendo al ragazzino.

Ashon guardò entrambi gli uomini sbattendo le palpebre ed allargando il sorriso con il leggero diastema, poi affermò: «Anche voi siete due cazzo di sogni!»

Akihiro scoppiò a ridere, Percy gli scompigliò la massa perennemente arruffata di piccoli riccioli color ebano. «Sei un buongustaio, ragazzino».

Ashon iniziò a fare sù e giù con le sopracciglia. Era incorreggibile. Poi disse loro: «Eli mi aveva mandato a controllare per la milionesima volta la disposizione dei segnaposti, vi ho visto arrivare ed ho colto la palla in balzo per perdere un po' di tempo, ma tanto so già che a breve mi chiamerà quel...».

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