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Tra me e Taehyung avevo sempre pensato di essere io quello più imperscrutabile, quello a riuscire meglio a filtrare i suoi pensieri, eppure c'erano delle volte in cui mi sembrava di avere davanti un puzzle con tutti i pezzi girati

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Tra me e Taehyung avevo sempre pensato di essere io quello più imperscrutabile, quello a riuscire meglio a filtrare i suoi pensieri, eppure c'erano delle volte in cui mi sembrava di avere davanti un puzzle con tutti i pezzi girati.
Non sapevo da dove partire per avere una visione chiara della faccenda.

Già il discorso che aveva fatto durante l'intervista mi era parso strano, denso di cose non dette, ma avevo deciso di convincermi che fosse tutto nella mia testa. Che non stava davvero dicendo quello che pensavo.
Non sarebbe stato possibile.
Giusto?

Però poi mi aveva confessato di non volere che mia madre avesse una brutta opinione di lui e così un pensiero mi si era sedimentato in testa. Un pensiero tanto semplice a cui, però, non avevo mai dato importanza.

Dopo le riprese, cosa ne sarebbe stato di noi?

Se mi fossi posto questa domanda tre mesi fa, la risposta sarebbe stata semplice.
Non ci avrei più voluto niente a che fare.
Perché anche solo il guardarlo mi procurava sensazioni e ricordi che avrei voluto dimenticare.
Perché Taehyung era la causa della mia rovina e io ero la causa della sua.

Eppure, adesso, la risposta era cambiata.
E ne avevo il terrore.
Quasi quanto avevo il terrore di perdere per sempre quel ragazzo che, in poco tempo, mi aveva ricostruito alcune parti del cuore che avevo dimenticato perfino esistessero.

Sospirai, finendo di sistemarmi i capelli, quando sentii il suono del campanello.
Sabato era arrivato troppo presto.

Lasciai perdere quelle ciocche ribelli, andando alla porta; il viso del corvino fu la prima cosa che entrò nel mio campo visivo e sembrò togliermi dallo stomaco quel peso opprimente, avuto per tutto il giorno.

Come puoi essere la mia dannazione ma anche la mia salvezza?

Sarei impazzito.

«Non sei un po' troppo elegante solo per incontrare mia madre?» chiesi, lasciandolo entrare e squadrandolo da capo a piedi.
Niente da fare, continuava a farmi tremare le gambe.

«Solo perché ti vesti costantemente come un barbone non significa che debba adattarmi» scrollò le spalle, facendomi alzare gli occhi al cielo per quel suo caratterino.
Volevo baciarlo.

«Se la pensassi davvero così, smetteresti di rubarmi i vestiti quando sei qui, no?»

Il ricordo della mia maglia, indossata durante l'intervista, mi causò un salto al cuore.
Dio, basta.

«Quella è sopravvivenza. Non confondere le cose, Jeon» mi sorrise, accovacciandosi subito per salutare Iron Cat, non appena comparve in cucina, miagolando. «Come sta il mio mister Coccolo?»

Feci una smorfia di disgusto per quel nomignolo che ancora non si decideva ad abbandonare, aprendo una mensola per prendere il cibo per gatti.

«Non ne ho idea dato che non so chi cazzo sia, qui ci siamo solo noi e Iron Cat» calcai sul vero nome del mio animaletto, versando i croccantini nella sua ciotolina. Nera. Ovviamente.

Act like a Lover // Kooktae Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora