«Dicono che sono pericoloso.
Che se ti avvicini, ti rovino.
Forse è vero.
Ma tu sei già troppo vicina.»
Rares conosce solo il buio. Il mondo per lui è fatto di ombre, di sopravvivenza, di scelte che lacerano l'anima. Non c'è spazio per il colore, pe...
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C'era una storia, nel nostro villaggio, che si bisbigliava solo nelle ore più scure, quando il mondo era avvolto dal silenzio e anche il vento sembrava fermarsi, quasi per ascoltare. Tra le roulotte vecchie e graffiate, tra i cavi elettrici sparsi e le pozzanghere che riflettevano il cielo livido, si mormorava della leggenda del Viandante senza stelle. Era una storia velata di tristezza, ma così antica che nessuno sapeva più dire se fosse mai stata reale o solo un'ombra di memoria.
Si diceva che, tanto tempo fa, il Viandante fosse un giovane dai grandi occhi luminosi, che brillavano come stelle nel cielo limpido. Il suo cuore, dicono, era colmo di sogni sconfinati, come una notte d'estate traboccante di stelle; ogni suo passo risuonava di desideri, di speranze. Aveva un sorriso per ogni anima incontrata, una risata leggera che scioglieva il gelo anche nei cuori più induriti. E camminava con la testa alta, i piedi che danzavano sui sentieri come se fossero ali, il cuore aperto al mondo, sempre in cerca di una luce nuova, di una scoperta dietro ogni angolo.
Ma una notte, quella notte che la leggenda chiama la notte del silenzio oscuro, una tempesta giunse all'improvviso, un uragano nato dal cuore stesso della disperazione. Fu una notte in cui i venti ululavano come bestie ferite, una notte in cui la pioggia cadeva come lacrime dalla volta celeste. E in quell'uragano, il Viandante perse tutto ciò che amava, tutto ciò che gli era caro. Quando la tempesta finalmente si placò, al suo risveglio non trovò più il suo mondo, ma solo le rovine, e un silenzio che urlava come una ferita aperta.
Così, il giovane, un tempo ricolmo di vita, iniziò a vagare senza più una meta, senza un luogo a cui appartenere. Attraversava foreste cupe e intricate, dove gli alberi sembravano volerlo inghiottire nelle loro ombre, e deserti infiniti, dove il vento parlava lingue sconosciute. Portava con sé, senza rendersene conto, il peso di tutti i suoi sogni sepolti, come una catena invisibile che lo tratteneva nel passato. E ogni notte, quando il cielo si accendeva di stelle, abbassava lo sguardo; non riusciva a guardarle, quelle stelle brillanti. Gli ricordavano troppo ciò che aveva perduto, quelle luci che un tempo lo avevano guidato, e che ora sembravano irraggiungibili, lontane come ricordi sfocati.
La leggenda racconta che trascorsero anni, o forse secoli. Nessuno poteva dirlo con certezza, perché il tempo si piegava attorno a lui come un fiume silenzioso. Un giorno, però, il Viandante giunse in una valle dimenticata, una valle coperta di nebbia e di erbe selvatiche, dove il vento sospirava appena, come a voler custodire un segreto. Era un luogo sospeso, dove anche la luce sembrava esitante, come se stesse decidendo se fermarsi o scivolare via.
Lì, tra le ombre delicate della sera, apparve una fanciulla. Aveva i capelli intrecciati con fili d'argento e indossava un vestito fatto di petali di fiori, petali dai colori così tenui che sembravano ondeggiare al minimo soffio. Si muoveva con la grazia di una piuma, e il suo sorriso, caldo come il primo sole di primavera, sfiorò il cuore del Viandante come un raggio che penetra le ombre. Lei si avvicinò, e con una voce che era un sussurro dolce e lieve, gli chiese: «Perché cammini con lo sguardo rivolto a terra? Perché non guardi le stelle?»
Il Viandante, la cui voce era diventata un'eco dimenticato, rispose appena, quasi temendo che le parole potessero spezzarsi nell'aria.
«Non guardo le stelle perché mi ricordano tutto ciò che ho perduto,» sussurrò, e nei suoi occhi, per un istante, brillarono le lacrime che per anni aveva trattenuto.
La fanciulla non rispose subito. Con una dolcezza infinita, posò la mano sul petto del Viandante, là dove il cuore batteva ancora, sebbene a fatica.
«Senti,» mormorò, «ascolta questo battito. È come il suono di un sogno che non si arrende. I sogni non muoiono mai davvero, sai? A volte si nascondono solo in luoghi in cui non pensiamo di cercare, luoghi che dimentichiamo di guardare.»
Quelle parole, semplici e pure come l'alba, si insinuarono nel cuore del Viandante, come una piccola scintilla in un bosco innevato. Sentì qualcosa risvegliarsi dentro di sé, qualcosa che credeva perduto per sempre. E lentamente, quasi temendo di infrangere l'incantesimo, alzò gli occhi al cielo. Le stelle brillavano come non avevano mai fatto prima, una distesa infinita di luci che si allungava fino all'eternità. Ma tra tutte, ve n'era una nuova, piccola, ma intensa, che sembrava pulsare come un cuore. E il Viandante, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì che quella stella lo chiamava, che lo aspettava.
Dicono che, da quel giorno, il Viandante non fosse più visto in nessun villaggio, in nessuna foresta, in nessun deserto. Alcuni sussurrano che sia salito tra le stelle, altri che abbia trovato un nuovo sogno da inseguire, un luogo segreto dove i desideri non muoiono mai. Ma tutti, nel villaggio, nelle ore più buie della notte, scrutano il cielo in cerca di quella stella speciale, quella che brilla più intensamente, e raccontano che è il Viandante a vegliare su di loro, che è diventato lui stesso una luce, un faro per chiunque si senta smarrito.
Ma io, io ero certo che solo una cosa di quella leggenda fosse vera: il Viandante aveva perso ogni speranza e non riusciva più a guardare le stelle. Lo sapevo, ne ero certo... perché io ero il Viandante senza stelle.
E quella luce che raccontano... io non l'ho mai trovata.