Capitolo due

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William

Quando la riunione termina, non ho modo di trattenere l'assistente di mio padre, che è impegnata con altri nostri collaboratori. «Hai un team davvero impeccabile.» ammetto, addentando un'altra delle paste da lei offerte. È al pistacchio, e la crema fresca è una goduria per il palato. «Ognuno di loro è il migliore in ciò che fa. Non potrei essere più soddisfatto.» replica mio padre, lo sguardo fiero rivolto ai suoi innumerevoli assistenti. I miei occhi invece ne cercano solo un paio, scuri come il cioccolato. Ho guardato lei per tutto il tempo, senza mai distogliere lo sguardo. Lei ha evitato il mio, ma io, anche volendo, non avrei potuto guardare da nessun'altra parte. È così bella, e al tempo stesso così semplice che sono rimasto fregato. Ne frequento di donne, ma nessuna è al suo livello. Un suo sorriso ed il culo più bello del mondo appare insignificante.
«Qualsiasi idea tu abbia in testa, lascia perdere, figliolo. Sei qui per lavorare.»
Mio padre segue il mio sguardo, cogliendo le mie intenzioni future.
«Avrei preso il tuo posto tempo fa se avessi saputo che uno schianto del genere lavorava per te.»
«Will, non iniziare.»
«Cosa sai dirmi di lei?» Insisto, osservandola dialogare con i suoi colleghi.
«Cosa ti interessa sapere?» Sospira mio padre, prossimo alla resa.
«Ogni cosa.» replico, sincero.
«È l'assistente più giovane dell'intera azienda, ma anche la più portata. È dedita al lavoro, e fa più straordinari di chiunque. È l'unica su cui posso fare sempre affidamento.»
«Sta con qualcuno?» Mi sposto quando qualcuno mi copre la visuale da lei.
«Sì quindi lascia perdere. È l'assistente migliore che io abbia mai avuto in tanti anni di carriera, e non sarà mio figlio a rovinare il lavoro di una vita. Te lo chiedo per favore. Stalle vicino lo stretto necessario. Lo dico per il tuo bene.»
«Ci si vede, papà.» Lo saluto con una pacca sulla spalla, facendo il contrario di quanto mi ha appena chiesto.
Mi fiondo verso la ragazza dagli occhi più dolci che abbia mai incontrato.
«William!» Mio padre mi richiama, ma lo ignoro.
«Signor Cooper, è un piacere averla qui con noi. Faremo grandi cose insieme.» Uno dei miei dipendenti inizia a parlare di progetti futuri, ma non ho né il tempo né la voglia di starlo a sentire.
«Non ne dubito.» L'assistente di mio padre sorride di nascosto quando nota che sto cercando di levarmelo di torno. «Potete scusarci un secondo?» chiedo, e finalmente mi lasciano solo con la mia nuova assistente preferita.
«Tu che ne pensi?» domando, curioso. Anche se è una perfetta sconosciuta, sento l'esigenza di un suo parere. E più di ogni altra cosa, che non pensi che io sia un coglione. Ha un'alta stima di mio padre, vorrei che pensasse le stesse cose anche di me.
«Ti interessa la mia opinione?» domanda, sorpresa.
«Più di quella di chiunque altro in questa stanza.» Accenna un sorriso. «Allora?» Insisto, squadrandola per intero. Ha un corpo da urlo, che spero di piegare contro la mia scrivania al più presto.
«Sei stato impeccabile. Tuo padre sarà fiero di te.»
«D'ora in poi allora avrò te da non deludere.» Le strizzo l'occhio e lei sorride.
«Se mi avessi detto sin da subito chi fossi, ti avrei accolto diversamente.»
«Non volevo elemosinare la tua gentilezza. Volevo che parlassi con William, non con il figlio di Nathaniel Cooper.» Il modo in cui mi ascolta mi fa venire voglia di parlare con lei per ore intere.
«A proposito di nomi, non mi hai ancora detto il tuo.» accenno.
«Dafne. Dafne Young.»
«Dafne.» ripeto il suo nome, assaporandolo in bocca. Non vedo l'ora di poterlo gemere. Arrossisce, come se mi avesse letto nel pensiero.
«Sei impegnata, in queste ore?»
«Ho del lavoro da sbrigare, cosa che dovresti fare anche tu. Hai un'azienda da mandare avanti, d'ora in poi.» Mi ricorda.
«Sono il capo, adesso. Non ho qualche vantaggio?» Sorride.
«Come provarci con le segretarie?»
«Solo con le più carine.» Scuote la testa.
Un senso di delusione mi pervade quando viene richiamata a lavoro da mio padre.
La saluto, e prometto a me stesso di cercarla appena avrò un momento libero. Non voglio essere oppressivo, ma è l'unica che è stata cordiale con me sin da subito, senza neanche conoscermi. Questo, per me, vale più di ogni altra cosa.
«Sei qui per gestire l'azienda, Will, non per flirtare con chi lavora per te.»
«Posso fare entrambe le cose, vecchio.» Mio padre sospira. Mi conosce come le sue tasche e sa per questo che se mi fisso su qualcosa, in questo caso su qualcuna, non mi darò pace fino a quando non l'avrò ottenuta.
«È l'azienda di famiglia, figliolo. Il mio più grande orgoglio dopo te e tua madre. Non rovinare le cose.» Mi mette in guardia.
«Voglio semplicemente conoscerla.»
«Al primo passo falso con lei, Will, sarai rimosso dall'incarico.»
«Più che mio padre, sembra che tu sia il suo.»
«È una brava ragazza. Non ha bisogno di te che le incasini la vita.» Mi intima con guardo serio.
«Mi comporterò bene, te lo prometto.» replico, chiudendo il discorso.
«È fatta, allora. Benvenuto alla Royal, figliolo.» Lascio vagare lo sguardo per la sala riunioni, adesso vuota. Quella che mi sta dando mio padre è una grossa opportunità, e farò qualsiasi cosa per non deludere le sue aspettative.
«Non vedo l'ora di iniziare.» Sento l'adrenalina entrarmi in circolo.
«Ti lascio organizzare le riunioni della giornata.»
Mi stringe una spalla e si allontana, lasciandomi solo in balia dei pensieri. Avrei fatto qualsiasi cosa per renderlo orgoglioso di me. E soprattutto, avrei dato ad entrambi ciò che più volevamo: a mio padre che l'azienda portasse ancora più in alto il nostro cognome, e per quanto riguardava me, Dafne.
Nessuno ne sarebbe uscito sconfitto.

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