Capitolo quattro

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William

«Hai seriamente licenziato un tuo dipendente soltanto perché l'hai visto flirtare con questa Dafne?» Scott, seduto all'altro lato del tavolo di casa sua, mi versa il vino in un calice. Ho staccato da lavoro solo un'ora fa, eppure non riesco a smettere di pensare alla giornata appena trascorsa.
«Come se fosse cosa da poco.»
«Forse perché lo è.» Si intromette Fiona, la sua ragazza.
«Non l'ho licenziato soltanto per questa ragione. Voglio il massimo per la Royal, e questo Lucas non rientrava negli standard dell'azienda.»
«In quelli della Royal o nei tuoi?»
«C'è differenza?»
«Non ti vorrei mai come capo.»
Scherza Fiona, abbracciando il suo ragazzo. Accenno un sorriso e trangugio il resto del vino.
Non mi interessa esser stato rude o senza cuore. Ciò che penso, dico e faccio. Lucas era bravo, ma non sarebbe mai arrivato al livello che cercavo. L'unico mio cruccio è che adesso Dafne pensi che sia uno stronzo arrogante che al minimo errore è pronto a mandarti a casa.
Se è questo che preoccupa Dafne, deve stare tranquilla. Finché la Royal sarà in mano mia, lei ne farà parte.
«Non hai fatto altro che parlare di lei da quando sei arrivato. Sembra che tu non abbia mai visto una bella ragazza.» Fiona si siede accanto a me sul divano. Un ammasso di ricci neri le incornicia il viso snello ed allungato.
«Non così.» Fiona sorride.
«Che intenzioni hai?» Scott si intromette nella conversazione, curioso.
«Tutte quelle possibili e immaginabili. Potrei anche portarla alle cene di Gala di mio padre.»
«Tu odi quelle cene.»
«Non se dovessi passarle con lei.»
«Il nostro Will è cotto!» Fiona sorride, guardandomi.
«Mi sta mandando in palla il cervello, e la conosco solo da poche ore.»
«Chiedile di uscire.» Mi suggerisce Scott, beccandosi un'occhiata torva da Fiona.
«È la sua segretaria, amore, e poi è troppo repentina come cosa. Devi dargli il tempo di conoscersi, e se da cosa nasce cosa...»
«È impegnata.»
«Merda, amico.»
«Lascia perdere.» Interviene Fiona.
«Perché? Finché non ha un anello al dito ho la strada spianata.» Replico, scrollando le spalle.
«Le mie orecchie si rifiutano di sentire altro. Vado a controllare il tacchino.» Fiona bacia una guancia a Scott e si avvia in cucina.
Rimasti soli, Scott mi chiede qualche particolare in più su Dafne.
«Profilo migliore?»
«È tutta bella, amico. Cazzo, ha un culo pazzesco. Il seno, poi, lascia perdere.» Abbandono la testa contro lo schienale del divano, afflitto.
«Ma non è tanto questo, è com'è lei che mi ha colpito. È pura, la cosa più pura su cui abbia mai messo gli occhi in tutta la mia vita.»
«Ed hai intenzione di sporcarla?»
«Decisamente.» Scott ride.

«Credevo che non ti avrei mai visto ridotto in questo stato per una ragazza.»
«Non è una ragazza come le altre.»
«Ecco, pure poeta.» Scott mi prende in giro, ed io rido con lui.
Dopo cena, torno a casa mia. È grande, troppo grande per una persona sola, ed è esattamente per questo che ci passo meno tempo possibile. Poso le chiavi dell'auto e mi infilo in doccia. Lì, mi lascio andare. Mentre mi tocco, immagino che Dafne sia con me, china sul mio membro e con lo sguardo fisso nel mio. Appoggio una mano contro il muro quando le mie fantasie erotiche si fanno più intense.
Raggiungo l'orgasmo con un verso quasi animalesco e quando apro gli occhi, rimango deluso che nella doccia ci sia soltanto io. Mi asciugo ed infilo a letto. Prendo il telefono e scrivo a mio padre, per evitare di impazzire.
Hai il numero di Dafne, vecchio?
Mio padre risponde dopo dieci minuti.
A che ti serve? Quando leggo la sua risposta, quasi salto dal letto.
Stavo per chiamarti, ma quanto ci metti a rispondere?
Replica poco dopo. Confondo i tasti. Allora, a che ti serve?
Per le emergenze.
Me lo immagino sospirare a distanza.
Se te lo inoltro, mi prometti che non la disturberai fuori dall'orario lavorativo?
Neanche un messaggio.
Fingo di crederti.
Sorrido nel buio della stanza.
Me lo invia ed io lo salvo tra i preferiti. Vorrei chiamarla, ma sarebbe troppo anche per me. Decido allora di scriverle.
Spero tu non ce l'abbia con me per oggi. Invio il messaggio, e aspetto una risposta.
Non mi risponde subito, e l'attesa quasi mi scoraggia.
Quando noto i puntini digitare sulla tastiera, sorrido come un coglione.
Un po', Will ma capisco le tue ragioni. Tu sei il capo, tu decidi. Replica, ed il senso di colpa che provo si attenua.
Sei a casa?
Cena fuori con i genitori del mio ragazzo.
Pallosissimo.
Me la immagino sorridere, e al solo pensiero mi tira il cazzo.
Non è così male, invece.
È per questo che invece di parlare con loro, sei al telefono con me?
Me la immagino arrossire.
Notte, Will.
Rido, e con il sorriso sulle labbra spengo il telefono. Mi addormento, ma è anche nei sogni che la immagino con me.

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