Capitolo dodici

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                         William

Non appena metto piede alla Royal, il chiacchiericcio indistinto dei corridoi si intensifica. Mi guardo intorno, ma non trovando la causa scatenante, mi accingo a ignorare la questione, nonostante le occhiate insistenti addosso.
«Ho bisogno dei tabulati settimanali, Addison.» Controllo i documenti che ho in mano, ma non trovando quello che sto cercando, li porgo ai responsabili.
«Sono sulla sua scrivania, signor Cooper.» La ringrazio, ma la noto guardarmi di sottecchi.
«Dio, cos'avete tutti?» Sbotto, a metà tra il curioso e l'indispettito.
Incespica, ma poi sputa il rospo.
«Si tratta di lei e Dafne, signor Cooper.» Corrugo la fronte.
«Spiegati meglio.»
«Al pub eravate molto affiatati, e quando ve ne siete andati...» 
Arrivo alla conclusione prima che me la dica lei.
«Qualcuno ha messo in giro la voce che siete stati insieme, l'altra sera.»
«Dafne lo sa?» Sono le prime parole che sputo fuori. Di ciò che si dice di me non mi importa, ma Dafne voglio proteggerla da questo schifo.
«Non è ancora arrivata.»
Unisco le labbra in una linea.
Non mi infastidisce l'idea che la gente pensi che io me la faccia, ciò che mi farebbe incazzare è se pensassero che le promozioni che sta ottenendo siano dettate dal mio interesse nei suoi confronti, e non dalla sua bravura.
«Non appena arriva, mandala da me. Voglio parlarle.» Addison annuisce e torna a lavoro.
Nel mio ufficio, aspetto che Dafne si faccia viva.
Arriva un quarto d'ora dopo, e la mia giornata acquista finalmente un senso.
«Mi hai fatta chiamare?»
«Devo parlarti di una cosa.»
Si toglie la giacca ed il mio sguardo scivola sulla sua camicia stretta.
«Di che si tratta?»
«Riguarda venerdì sera.»
Dafne corruga la fronte.
«Gira voce che io e te siamo stati insieme, Dafne.»
Arrossisce violentemente.
«Ma questo non è vero.»
«Credimi, lo so bene.» Abbasso lo sguardo sulle sue labbra carnose.
«Come ne usciamo?»
«Un'idea ce l'avrei.»
Dafne mi ascolta, curiosa.
«Mi scopo qualcuna, faccio in modo che si sappia e l'attenzione si sposterà sulla nuova fortunata.
Così capiranno che non c'è mai stato niente tra noi.»
Dafne è arrossita.
«Se credi possa funzionare...»
«Ci sono già passato. Funziona sempre.»
Dafne annuisce.
«Hai scelto con chi...» Inizia, ma si vergogna nel continuare.
«Carola. Credo di piacerle. E so che è un po' pettegola, unisci le due cose...»
«E a te? Piace?»
«Preferisco le more.» replico, riferendomi al suo colore di capelli.
Dafne sorride, scuotendo la testa.
«Grazie che cerchi di proteggermi.» La sua mano scivola sulla mia.
«Io ti ho infilato in questo casino, io ti ci tolgo.» La stringo nel mio palmo, ed è così piccola da strapparmi un sorriso. Ci guardiamo, ed in quel esatto momento qualcuno bussa al mio ufficio, ed entrambe le nostre teste si rivolgono in quella direzione.
«Ci vediamo più tardi.»
Dafne mi saluta ed io la seguo con lo sguardo mentre esce dal mio ufficio.
Mio padre si accomoda, e già dall'espressione sul suo viso capisco di che si tratta.
«Non iniziare, vecchio.»
«Non iniziare? Ti avevo chiesto di non coinvolgerla e ora tutta la Royal crede che ci sia qualcosa tra voi due.»
«Sto risolvendo la cosa.»
«Sarà meglio.» Mi rivolge uno sguardo severo.
«Hai delle responsabilità adesso, figliolo. E la posta in gioco è troppo alta per rischiare di mandare tutto in fumo.»
«Non succederà, papà. So quello che faccio.» Annuisce, ma brontolando imbocca l'uscita.
Sospiro e una volta messo piede fuori il mio ufficio, cerco Carola.
Non appena mi nota guardarla, mi sorride.
«Carola, vero? Non ci siamo mai presentati nel modo giusto.» Le rivolgo uno dei sorrisi migliori del mio repertorio e lei sembra abboccare.
«Posso aiutarla in qualche modo, Signor Cooper?» Sorride. Sicuramente è una bella ragazza, ma nulla a che vedere con Dafne. Dafne riesce a farmi tremare il cuore semplice guardandomi.
«Mi chiedevo se ti andasse di pranzare insieme.» Il suo sorriso cresce.
«Assolutamente. Prendo le mie cose e arrivo.» Sorrido e mentre l'aspetto, incrocio lo sguardo di Dafne. Mi sorride, ma non è il solito sorriso di sempre. È lievemente più spento. Quando Denver, uno della contabilità la raggiunge, sembra riacquistare un po' di luce. La invita a pranzo e lei accetta. Se ne vanno nello stesso momento in cui Carola esce.
«Possiamo andare.» La faccio passare e poi la seguo fuori, pentendomi in anticipo per aver involontariamente spinto Dafne nelle braccia di un altro.

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