Sono finalmente riuscito a mettermi a letto dopo un'estenuante giornata di studio. Sto per portarmi il lenzuolo blu fin sopra la testa quando il mio sguardo si posa sulla sedia di fianco alla porta della camera. L'utilità di quella sedia sarebbe permettermi di studiare alla scrivania presente nella stanza ma io finisco sempre a studiare sul tavolo della cucina insieme a Frana e la sedia è diventata una succursale del mio armadio. Stasera è, stranamente, libera. L'unica cosa che spicca è una felpa rossa. La felpa rossa di Manuel. Deve averla dimenticata qui l'ultima volta che è venuto.
È passata quasi una settimana da quando, entrando a teatro, ho trovato Manuel che parlava con Alessia e, nonostante io abbia provato a mostrarmi tranquillo, la realtà è ben diversa.
Sono giorni che ho una strana sensazione alla bocca dello stomaco che non mi abbandona. La verità è che, entrando in quel teatro, ho vissuto una sorta di déjà-vu. E io lo so che Manu non è Christian, che non mi farebbe mai una cosa del genere, eppure non riesco ad ignorare l'aria tesa che ho avvertito tra loro mentre li guardavo.
Non so tra Manuel e Frana chi mi abbia ripetuto più volte di stare tranquillo.
"Manuel ci è passato, come te... è stato male, non ti tratterebbe mai allo stesso modo", penso che Francesca lo abbia ripetuto circa trenta volte in sei giorni; eppure, io mi sento costantemente sul ciglio di un burrone, pronto a cadere giù al minimo soffio di vento.In aggiunta a tutto questo, Manuel ha avuto giornate lavorative pienissime che ci hanno costretto a vederci anche molto meno del solito e mi manca.
Mi alzo di scatto dal letto e vado a recuperare la felpa. Nell'istante in cui tolgo la maglia che uso come pigiama e la infilo, vengo inondato dal profumo di Manuel e quasi mi viene da piangere. Basta un minuto e al suo profumo si aggiunge una leggera sensazione di benessere che, finalmente, fa in modo che dopo giorni quel dolore allo stomaco si affievolisca un po'.
Sto per rimettermi a letto quando sento il suono del citofono.
Do un'occhiata veloce alla sveglia poggiata sul comodino, è da poco passata la mezzanotte. Sarà Francesca. Doveva uscire con Edo e poi fermarsi a dormire a casa sua, probabilmente tornando si sarà resa conto di dover recuperare qualcosa a casa.
Mi dirigo verso il citofono e rispondo distrattamente.
«Sì?»
«Simo, so' io.»
Manuel.
Premo il pulsantino per aprire e corro a fare lo stesso con la porta d'ingresso, dandomi mentalmente dello stupido perché Frana avrebbe giustamente usato le chiavi per entrare a casa sua a mezzanotte.
«Manuel... che succede?»
Lo vedo attraversare il pianerottolo e fermarsi davanti a me sulla porta. Ha un'espressione strana in viso, forse è stanco, e i muscoli tesi. Lo noto dalla postura che ha assunto nel momento esatto in cui si è fermato di fronte a me.
Mi osserva per un attimo, poi fa un passo avanti, chiude la porta alle sue spalle con un piede e si fionda su di me.
«Ho bisogno de te...» sussurra sulle mie labbra e il mio cervello si spegne.
Non riesco a dar retta al campanello nella mia testa che non smette di suonare, né alla strana sensazione che prova ad avvertirmi che c'è palesemente qualcosa che non va. C'è solo Manuel che in questo momento ha bisogno di me, proprio come io ho bisogno di lui.
Mi afferra per i fianchi e, facendo appena un mezzo giro, mi sbatte contro la porta che ha appena chiuso. Mi ritrovo bloccato tra il suo corpo e la porta e, istintivamente, porto le gambe a cingergli i fianchi.
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Come un fiore nella neve
Fanfiction«Simo, per quanto tempo ancora pensi che potrai struggerti per questa cosa?» mi chiede, senza neanche alzare gli occhi dal libro enorme su cui stava provando a studiare. «Ehm, non lo so... per sempre?» rispondo io con tono tranquillo, quasi come fos...