ALLA PROSSIMA

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Quel sentimento di euforia durò per tutto il viaggio.

Non potevamo parlare a causa del rumore del vento, e lui mi chiese solo se andava tutto bene. Il mio imbarazzo iniziale era sparito, sostituito da un'immensa spensieratezza. Sorridevo di continuo e alzavo le braccia in aria, respirando profondamente il profumo di erba bagnata dalla pioggia e l'aria fresca che mi inebriava.

Ci impiegammo due ore e mezza, poco tempo considerando che ci eravamo persi quattro volte. Io infatti non avevo idea di quale fosse la strada da seguire, e il navigatore del mio cellulare scassato non era di grande aiuto; quando fummo più vicini alla mia città, però, fui io a dare le indicazioni, sentendomi orgogliosa del mio senso dell'orientamento. Lui insistette per portarmi fino davanti a casa mia, ma io avevo paura che i miei genitori ci vedessero; come avrei fatto a spiegare loro tutto quello che era successo in quella giornata?

Per fortuna lo convinsi a lasciarmi in un parcheggio distante qualche centinaio di metri, quindi fermò la macchina e tenne le mani sul volante. Davanti a noi si apriva uno spiazzo di cemento di qualche metro quadrato, e subito dopo una distesa incolta di erbacce, spazio che, probabilmente, sarebbe servito in futuro per  costruire nuove case. All' orizzonte stava scendendo il sole, e lo spettacolo era meraviglioso. Avevo sempre amato i tramonti, e quello era uno dei più belli che avessi visto quell'estate. Il sole, un'enorme palla infuocata, si vedeva ormai solo per metà, e dietro si estendeva un cielo infinito, che andava dalle sfumature del rosa, al viola e all'azzurro, per poi infine passare al blu. Le nuvole erano sottili ed erano come pennellate di colore arancione e rosa. Più in alto si intravedevano le prime stelle.

-Che spettacolo, eh?

Mi riportò sulla terraferma, facendomi sobbalzare, e mi sistemai meglio sul sedile, tesa.

-Sì, è vero... beh, quindi.... - ero nervosa, mi stavo rigirando le mani freneticamente, e lui sembrò accorgersene.

-Quindi... mi sa che non ci rivedremo più, vero?

-Ho paura di no, mi dispiace.

-Non preoccuparti. È stato un piacere conoscerti.

-Anche per me, sul serio. Grazie davvero per avermi riportata fin qui. Non era assolutamente un tuo dovere e ancora non capisco perché tu l'abbia fatto, ma grazie in ogni caso. Ti sarò per sempre grata, sei stato molto gentile....

-Va bene, va bene, ho capito, fermati - disse ridendo. - ho soltanto visto una bellissima fanciulla dai capelli azzurri in difficoltà e non ho resistito. -

Io gli tirai uno spintone sulla spalla, ridendo. Lui fece lo stesso, e notai che aveva dei bellissimi denti, nonostante un incisivo fosse scheggiato sull'angolo. Continuavo a ridacchiare come un'idiota, per scacciare l'agitazione. Non sapevo cosa dire, come avrei dovuto salutarlo? Con un abbraccio? Una stretta di mano? Una pacca sulla spalla? Oddio, quello no.

-Senti... se vuoi ti do io i soldi per la benzina. Hai fatto davvero molta strada, non è giusto... - feci per tirare fuori il portafoglio, ma lui mi fermò bloccandomi la mano con la sua.

-Ahi! - mi aveva dato la scossa. Lui sorrise di nuovo e si scusò, poi scese e io feci lo stesso.

-Allora... ciao. Alla prossima.

-Certo. Alla prossima.

Mi stavo stringendo nelle spalle quando, con mia grande sorpresa, mi dette un forte abbraccio. Io rimasi per un momento con le braccia per aria senza sapere come reagire, poi ricambiai la stretta.

Mi sorrise per l'ultima volta, salì sulla macchina e scomparve in una nuvola di fumo. Io lo guardai andare via e poi incrociai le braccia sul petto perché la temperatura si stava abbassando, e mi incamminai verso casa.

Quando entrai non dissi niente ai miei di quello che era successo, e mi inventai alcune cose su Genova, su quanto fosse bello il mare, i gabbiani, il molo, e che con il treno non c'erano stati problemi. Mi chiesero di vedere le foto, e io per un momento non seppi cosa dire e sbiancai; poi però mi inventai che il giorno prima mi ero dimenticata di caricare la macchina fotografica e che quindi si era scaricata subito e non avevo potuto usarla. Cenai alla svelta e mi barricai in camera mia, con la scusa che il giorno dopo avrei dovuto riprendere a lavorare. Mi distesi sul letto e fissai il soffitto per un tempo che sembrò interminabile, poi mi alzai, guardai alla finestra  e mi ridistesi ancora. Ero irrequieta. Presi in mano il cellulare per controllare le notifiche, e rimasi stranamente delusa. Quando capii il perché mi battei una mano sulla fronte, maledicendomi: non gli avevo chiesto il numero!

Eppure, mi aspettavo un suo messaggio, benchè fossi consapevole che non l'avrei rivisto mai più, né tantomeno, a quel punto, sentito per telefono.

Mi precipitai al computer gettandomi sulla mia sedia girevole, andai su Facebook e iniziai a fare delle ricerche. Io e la mia migliore amica eravamo espertissime in questo, e tante volte avevamo sognato di mettere su un'agenzia di investigazione per sfruttare le nostre abilità e l'infallibile intuito femminile.

Non sapevo come avrei fatto a trovarlo, di sicuro nessuno che io conoscessi poteva averlo come amico. Provai a cercare il nome del suo paese, ma niente. Feci molti altri tentativi digitando il suo nome e stetti più di un'ora a scorrere quasi tutti i Giacomo presenti su Facebook. Dopo un po' rinunciai, era un'impresa impossibile.

Me ne andai a letto, ma non riuscivo a dormire. Mi rigiravo continuamente nel letto e, nonostante cercassi di convincermi che fosse a causa del caldo, sapevo benissimo il motivo della mia insonnia. Rinunciai a cercare di addormentarmi e mi alzai, trascinandomi fino al computer. Lo riaccesi e tornai su Facebook, determinata a continuare la mia ricerca. Non dovevo perdere la speranza.

Non sapevo quanto tempo era passato, ma mi sembrava di vedere le luci dell'alba. O probabilmente erano solo allucinazioni, dato che non avevo dormito per niente e avevo tenuto gli occhi fissi sullo schermo abbagliante del  computer per ore. Stavo per rinunciare una seconda volta quando con la coda dell'occhio vidi un ciuffo biondo sul monitor. Scesi col cursore e cliccai sul profilo, ma non era lui. Sconsolata, appoggiai la testa sulla scrivania e chiusi gli occhi sbuffando. Quando li riaprii, notai qualcosa. Tra gli amici del biondino c'era l'immagine del profilo di un ragazzo su una roccia, a braccia spalancate, che guardava verso l'orizzonte. Aveva delle scarpe che ricordavo di aver già visto da qualche parte. Cliccai tutta trepidante, e per poco non urlai: era Valentino, e quelle erano le sue Vans nere e bianche! Scorsi velocemente il suo profilo finchè trovai una foto con suo fratello. Senza pensarci due volte gli chiesi l'amicizia e mi si aprì un sorriso a trentadue denti. L'avevo finalmente trovato, e ora non mi rimaneva altro che aspettare.

Delle insidiose domande, però, si infilarono nella mia mente.

E se non mi avesse accettato l'amicizia? Se non mi avesse scritto? Se avesse pensato che fossi una pazza stalker e mi avesse bloccato? Se non avesse più voluto avere a che fare con me?

Mi imposi di calmarmi. Era notte fonda (o forse mattina, non ne ero sicura), e la cosa certa era che di sicuro non avrebbe guardato Facebook a quell'ora. Quindi spensi il computer e cercai di tranquillizzarmi. Tirai le tende e scoprii che era davvero giorno. Il cielo si stava lentamente colorando di rosa e azzurro, e ciò  sembrava promettere una giornata limpida e calda. Saltellai fino in cucina per prepararmi un tè, poi in compagnia di qualche biscotto aprii la finestra, salii sul davanzale, lo scavalcai e mi sedetti sul tetto su cui dava camera mia. Non potevo perdermi quello spettacolo. Il cielo all'alba, infatti, come il tramonto, il mare e l'arcobaleno, era una delle mie cose preferite. Decisi di rimanere lì per un po' e mi rilassai.

Quando mi svegliai erano passate tre ore, la mia schiena era dolorante, il sole era alto nel cielo e io stavo imprecando: avrei fatto tardi a lavoro! Camminai sulle tegole per tornare nella mia camera, e per poco non caddi nel vuoto. Mi vestii in fretta e furia, lanciai un'occhiata al computer e mi venne un tuffo al cuore. Non avevo tempo di accenderlo, così  controllai dal cellulare le notifiche e il profilo di Giacomo. Zero. Non mi aveva accettato la richiesta di amicizia, ma aveva appena aggiornato il suo stato, dove aveva taggato diversi ragazzi, che dovevano essere i suoi amici.

Sotto, una sua foto in cui sembrava ridotto abbastanza male, in una mano un cocktail, mentre con l'altra cingeva la vita di una ragazza.

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