TROPPO TARDI

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Erano passati un paio di giorni dalla riappacificazione tra me e Giacomo. Da un lato sentivo di aver tradito me stessa, dall'altro provavo di nuovo quella felicità, se così poteva essere chiamata, che tanto mi era mancata. Avevo rinunciato a tutti i miei propositi, alle promesse fatte a me stessa, alla mia determinazione soltanto per avere quel briciolo di felicità. Un po' me ne ero pentita, ma cercavo di non pensarci troppo. D'altronde si vive una volta sola, e finché ero felice era meglio non farsi troppe paranoie.

Era un pomeriggio in cui ero oberata di studio, come al solito. Quel giorno, però, non riuscivo a concentrarmi, cosa che ultimamente mi capitava sempre più spesso. Voltai lo sguardo verso la finestra, viaggiando con la mente oltre i limiti delle case che avevo davanti agli occhi. Mi perdevo in continuazione, iniziando a pensare ad altro e fissando il cielo grigio.

Quando sentii il cellulare suonare, sobbalzai sorpresa. Nessuno era solito chiamarmi a quell'ora, e avevo già scritto a Giacomo che ci saremmo sentiti verso sera, dopo aver studiato.

Fissai lo schermo intontita. Un numero sconosciuto, quasi sicuramente nemmeno italiano, lampeggiava insistentemente. Indecisa se rispondere o no mi passai una mano tra i capelli e, alla fine, decisi di premere sul tasto rosso.

Misi giù il cellulare sulla scrivania, riprendendo a studiare. Ero così stanca da sentirmi svenire in continuazione. Proprio mentre stavo girando pagina, però, l'aggeggio maledetto squillò di nuovo.

Lo afferrai seccata e risposi con un "pronto" arrabbiato seguito da uno sbuffo. Dall'altra parte si sentivano voci confuse, che non riuscivo a distinguere. Poi, dopo qualche secondo, proprio nel momento in cui stavo per riattaccare, qualcuno parlò.

Non era un qualcuno qualunque. Era Valentino.

- Ciao, riconosci la mia voce? - Aveva chiesto.

- Come potrei non riconoscerla? - Gli risposi, sorridendo inconsapevolmente. Lui rise.

- Come stai? - Il suo interesse era sincero.

- Insomma. Quando te ne sei andato mi hai lasciato un po' spiazzata. Ci sono rimasta davvero male, a dirla tutta.

- Lo so, mi dispiace tanto, davvero. Ma l'ultima volta in cui ci siamo visti abbiamo passato un pomeriggio stupendo insieme, e non volevo rovinare tutto.

- Tranquillo, dai. Ti ho già perdonato.

- Meno male. Preferirei non essere mai partito.

- Ma no, non dire così! Sarà un'esperienza fantastica, vedrai. Te ne ricorderai per sempre.

- Per ora non è affatto fantastica. Sai come sono fatto: chiuso, timido, introverso. Non sono riuscito a farmi amici nemmeno lì, dopo che ci siamo trasferiti, figurati in un altro continente. Assurdo.

- Per uno come te, in effetti, è stata una scelta un po' azzardata.

- E pensa che volevo farlo per aprirmi di più. Finora ha sortito l'effetto contrario.

- Prova a lasciarti andare. Non pensare alle conseguenze, buttati.

- Ci proverò. Grazie, anche se non credo che ce la farò mai.

- Cos'è tutto questo pessimismo? Sei negli Stati Uniti, forza! Un po' di vita!

- Va bene, va bene. - Ridacchiò. - Qui sono le dieci di mattina, ma non stiamo facendo lezione perché manca un professore.

- Qui invece sono le quattro di pomeriggio. Stavo cercando di studiare, ma non riuscivo a concentrarmi. Meno male che ci sei tu a distrarmi. - Mi spostai all'indietro con la sedia e appoggiai le gambe sul tavolo.

Tu che mi completiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora