GELOSIA

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Era già passato un mese da quando io e Giacomo ci eravamo fidanzati. Il tempo era trascorso così in fretta, e dicembre era giunto in un soffio; insieme ci divertivamo un mondo, nonostante passassimo la maggior parte del tempo in casa, a causa delle rigide temperature esterne. Le nostre principali attività erano starcene rannicchiati davanti al camino a bere cioccolata calda preparata da sua madre (che ci controllava a vista), stare per ore abbracciati sul letto oppure fare una passeggiata nel parco giochi davanti a casa sua, dove non c'era mai nessuno. Lì era tutto congelato: le strutture metalliche, come lo scivolo e l'altalena, erano scivolose e ricoperte di foglie bagnate e di neve, mentre l'erba era, per la maggior parte della giornata, un immenso manto di brina, soprattutto al mattino. Quando non era appena piovuto o nevicato ci piaceva sederci su una panchina isolata, in mezzo ad alcuni alberi spogli disposti a cerchio. Io soffrivo moltissimo il freddo, così lui mi prendeva tra le sue braccia e, nonostante i giubbini pesanti ci facessero sembrare due foche, potevamo starcene lì abbracciati per ore, a parlare delle nostre vite. Era stato in uno di quei momenti che la prima nevicata di quell'inverno ci aveva sorpresi; il primo fiocco era caduto proprio sulla punta del mio naso, che Giacomo mi aveva scherzosamente morsicato. A quel piccolo cristallo di neve ne erano seguiti molti altri, così che eravamo stati costretti a rintanarci in casa per aspettare che finisse quella piccola tormenta. Quando il sole tornò a splendere ci precipitammo fuori e giocammo come bambini, tirandoci le palle di neve fino a quando calò il buio completo. Ci ritrovammo fradici dalla testa ai piedi, consapevoli che molto probabilmente ci saremmo ammalati, cosa che in effetti accadde. Giacomo mi aveva riaccompagnata a casa per scusarsi con mia madre per avermi ridotta così, con i capelli grondanti e i vestiti ricoperti di ghiaccio e neve. Lei, che solitamente mi avrebbe sgridata fino a farmi diventare sorda, non disse niente per non fare brutta figura con lui: prima d'allora non avevano mai avuto l'occasione di presentarsi, e per lei la prima impressione era molto importante. Lo invitò in casa nostra a bere qualcosa e lo tempestò di domande; a un certo punto lo obbligai letteralmente ad andarsene, per evitargli ulteriore imbarazzo.

La settimana successiva fummo costretti a rimanere a letto con la febbre alta, ma ciò non ci impedì di fare un salto l'uno a casa dell'altra quando i nostri genitori non c'erano: loro, infatti, non ci permettevano di uscire, per non fare peggiorare ulteriormente la nostra influenza.

Avevo chiesto a mia madre cosa ne pensasse di lui e, suo malgrado, aveva dovuto ammettere che le sembrava un bravo ragazzo; d'altra parte, nessuna donna avrebbe potuto resistere al suo fascino.

Quando fummo di nuovo in salute riprendemmo la nostra routine quotidiana, ma non potevamo vederci molto spesso: si stavano avvicinando le vacanze di Natale, e tutti i professori avevano fissato le verifiche e le interrogazioni nelle prime settimane di dicembre.

L'unico giorno libero da impegni per entrambi capitò proprio il giorno del nostro primo mesiversario, il 12 dicembre, così decidemmo di andare a pattinare sul ghiaccio.

In città avevano allestito, nei primi giorni del mese, una pista da ghiaccio, così avevo deciso di invitare Giacomo ad andarci insieme. Ovviamente lui, perfetto com'era, sapeva già pattinare abilmente; io, invece, non l'avevo mai fatto in vita mia. Nonostante l'idea fosse stata mia ero a dir poco terrorizzata e cercai di cambiare programma all'ultimo minuto, ma lui fu irremovibile.

Quando arrivammo alla pista pagai a malincuore il biglietto più economico che c'era - quello per mezz'ora - e mi infilai i pattini che mi aveva allungato il cassiere. Per fortuna erano molto simili agli scarponi da sci, così riuscii a mettermeli in un batter d'occhio, dato che sciavo da quando avevo cinque anni.

- Sai sciare? - chiesi dal nulla a Giacomo.

- No, perché?

- Perché io sì, e anche molto bene. Quindi qualche giorno ti obbligherò a venire in montagna con me, così vedremo chi cadrà e farà una figura di merda davanti a tutti - gli dissi sollevando il mento in segno di superiorità.

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