𝓦𝓻𝓮𝓷

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La folla davanti a Wren sembrava una massa sconclusionata di arti e teste, non riusciva a capire dove finisse una persona e dove iniziasse l'altra, figurarsi ritrovare i suoi amici.
«Elijah! Nika!» iniziò a gridare. «Elijah! Lady Cheryl! Dove siete? Elijah! Nika!»
Ogni donna che scontrava, ogni corpo privo di sensi per terra, le faceva riaffiorare alla mente la morte di Mariam. Solamente pochi minuti erano passati da allora, eppure sembrava qualcosa successo in una vita passata, ma non per questo faceva meno male. Il dolore era ancora forte nel suo petto, pungente come non era mai stato, ma sapeva che piangere non la avrebbe aiutato a salvare gli altri. In quel momento l'unica cosa che poteva veramente fare era cercare di salvare più vite possibile.
Gli uomini bardati con le sciarpe sopra la bocca avevano iniziato a sparare non più in aria, ma contro le persone che gli si avvicinavano troppo, che non si spostavano dalla loro via quando passavamo, senza una logica apparente su chi salvare e chi lasciare perire sul terreno. Spade e coltelli saettavano da una parte all'altra, senza lasciar indenni nemmeno i bambini.
Aveva smesso di contare le persone morte, o in punto di morte, ad essere onesti aveva letteralmente smesso di guardare il pavimento. Il sangue copriva ogni più piccolo sassolino del pavimento, le foglie dei  cespugli più bassi, ma anche rami più in alto. L'odore era acre, pungente, e le si infilava su per il naso senza lasciar spazio a nessuna di quelle fragranze floreali che prima tanto la nauseavano. Avrebbe preferito di gran lunga essere schifata da quegli odori dolci fino a sentirsi male che sentire quello del sangue ancora per un unico secondo.
Un grande senso di responsabilità la stava inondando. Tutte quelle persone erano lì per colpa sua, si trovavano in quel giardino per vedere quelle stupide nozze, si erano condannati ad una morte cruenta solamente per conoscere i futuri sovrani dal regno dove avrebbero vissuto. Era così arrabbiata che gli occhi avevano iniziato a pungerle. Forse stava iniziando a piangere, ma ricacciò indietro quel sentimento.
Era felice che Roselia non si trovasse lì con lei, pensarla al sicuro nel cunicolo sotto l'albero era l'unica certezza che aveva in quel momento, qualsiasi cosa fosse accaduta non l'avrebbero presa, sarebbe sopravvissuta, e di questo non poteva che esserne felice. Sperava solamente di essere in grado di ritrovare anche i suoi amici e mettere anche loro al sicuro.
Cosa avrebbero fatto dopo non le era chiaro, Roselia pareva voler usare una carrozza per scappare, ma quello sarebbe stato un problema successivo. Per prima, la sopravvivenza.
Continuò ad urlare, girando alla larga dagli uomini armati, ma ad un certo punto attirò l'attenzione di uno di loro.
I suoi occhi erano felini e allungati, accessi da una luce omicida molto più forte di quella del ragazzo. La sua fronte era rugosa e i capelli lunghi erano striati di bianco. Nonostante l'età avanzata aveva ancora un portamento da guerriero e teneva la spada fra le mani come se stesse tenendo una penna con cui scrivere, con eleganza e noncuranza, come se non gli pesasse affatto. Se avesse avuto fra le mani un'arma del genere avrebbe potuto fare la stessa cosa.
I loro sguardi si incrociarono e Wren capì subito che l'aveva riconosciuta. Ancora non sapeva il perché di quell'attacco perpetrato nei suoi confronti e in quelli di Roselia, l'unica cosa che sapeva era che non si sarebbe più fermata alle mere parole. Avrebbe attaccato con le mani e con i denti se sarebbe servito, senza alcuna riserva al riguardo. Lo avrebbe ucciso se ce ne fosse stato bisogno.
I suoi allenamenti erano serviti proprio per quello, in fondo. Nessuno osava mai dire ad alta voce che la Principessa secondogenita di Sinpong stava intraprendendo la carica di Guerriero Reale, ma era proprio quello che stava facendo. Un giorno avrebbe potuto militare nell'esercito del palazzo, in mezzo alle file di guerrieri, pronti a servire il proprio paese: non poteva dire che quello fosse il suo sogno più grande, ma la spada la faceva sentire libera come nient'altro aveva mai fatto.
Tutti avevano sempre preferito trattarla con condiscendenza; perché era la figlia dell'Imperatore e perché era troppo giovane per le lezioni che erano impartite a chiunque volesse arruolarsi fra i guerrieri, ma lei non aveva mai lasciato che questo la definisse. Nessuno si aspettava da lei una partecipazione attiva, in prima fila, nel campo di battaglia, ma aveva promesso a se stessa che gli avrebbe fatto cambiare idea, e questo era il primo passo verso quella meta: combattere per il suo popolo, per coloro che erano al suo fianco.
L'uomo si stava avvicinando con passo scaltro, gli occhi fissi su di lei. Lo stomaco di Wren si strinse, provocandole un acuto sentore di panico in tutto il corpo. La sua mente si stava facendo più attenta, prendendo tante piccole note di quello che la stava circondando e di quello che le si stagliava davanti, proprio come le avevano insegnato. Il suo insegnante sarebbe stato così fiero di lei, a vederla mettere in pratica sul campo i suoi suggerimenti.
Non gli permise di avvicinarsi molto prima di lanciarglisi contro. Teneva l'arma nella mano destra, il peso del corpo che la seguiva, la postura leggermente inclinata lasciando così il lato sinistro scoperto.
Si abbassò, portando le mani in avanti e afferrandogli la vita dal lato sinistro, spingendolo con tutte le sue forze verso il terreno.
Sorpreso da quell'attacco, l'uomo non oppose molta resistenza, cadendo come un sacco di iuta sul terreno. Si dimenò sotto di lei, ma invano, non lo avrebbe lasciato andare così facilmente.
«Mollami» grugnì, l'accento del Nord forte nella sua voce. «Lasciami andare.»
La sua voce era rauca e asciutta, la voce di un uomo che amava i sigari e la birra, ne conosceva molti come lui. Anche il suo odore acre le ricordava le locande che un tempo frequentava con Elijah. Nessuna di quelle persone era mai abbastanza sobria da poter intraprendere uno scontro, e anche lui non sembrava da meno, ora che le era più vicino. Poteva notare la pelle rossa bei punti dove la stoffa non gli copriva il volto, e certamente non era un rossore dato dal caldo o dall'imbarazzo. Inoltre quello che le sue narici carpivano non poteva essere una bibita tanto datata.
L'arma era volata lontano da loro due, a qualche passo dalle spalle di Wren, dove le persone avevano iniziato a radunarsi. Stavano osservando la scena, confusi da quello che stava facendo il Principe Dracyan, ma allo stesso tempo elettrizzati dall'idea che il loro futuro sovrano stesse mettendo a repentaglio la propria incolumità per combattere il nemico. Qualcuno si stava anche chiedendo se prendere l'arma caduta per terra, indicandola con fare plateale e interrogandosi con chi gli stava vicino.
Quando una ragazzina con due lunghe trecce bionde la prese fra le mani con fare sicuro, Wren si alzò, puntellandosi sulle ginocchia. Buttarsi in quel modo contro il nemico non era proprio una delle tecniche predilette dalla sua insegnante, ma Wren aveva sempre trovato che funzionasse più che bene. Inoltre, non era ancora arrivato il momento di far saltare la sua copertura come Dracyan. Nonostante la situazione di pura follia, stava ancora ponderando ogni sua scelta in base a quello che suo fratello avrebbe fatto. Sicuramente Dracyan non si sarebbe mai spinto in mezzo alla mischia, sarebbe rimasto in un angolo ad aspettare che qualcuno lo fosse venuto a salvare, ma non poteva starsene ferma.
La folla stava iniziando ad urlare, ma questa volta non erano urla di paura, erano urla di gioia. Il Principe Dracyan gli stava donando nuova speranza, pensavano che in qualche modo sarebbero riusciti a sconfiggere i banditi.
Wren non fece in tempo ad alzarsi del tutto che due donne e un uomo furono subito sopra il bandito, prendendolo per i polsi e legandogliele dietro la schiena con un pezzo di stoffa che una delle signore aveva legato fra i capelli.
La ragazzina le porse la spada con un grande sorriso sulle labbra. «Ci salverai tutti?» chiese e la sua voce era ricolma di fiducia. I suoi occhi chiari la stavano scrutando come quelli di una bambina che si ritrovava davanti l'eroe di una storia divenuta realtà. All'improvviso una forte sensazione di responsabilità le gravò sulle spalle, facendosi sempre più pesante.
Ricambiò il sorriso. «Certamente, lo farò. Continuate a disarmare chiunque troviate, come ho fatto io. Se lavorate in gruppo ce la farete, ma mi raccomando fate molta attenzione, non voglio che nessun altro si faccia del male.»
La gente la stava ascoltando, pendendo dalle sue labbra, come se stesse pronunciando un discorso pubblico. Wren non aveva mai avuto qualcuno pronto a seguire qualsiasi cosa lei dicesse e la cosa iniziò a darle un po' alla testa. «Qualsiasi cosa succeda, ricordatevi che siamo qui tutti insieme, non siete da soli in questa situazione, ci siamo anche noi. Se ci proteggeremo a vicenda ce la possiamo fare, supereremo questo ostacolo e presto ci lasceremo questo incubo alle spalle!»
Urla di esaltazione si levarono intorno a lei, insieme a fischi e battiti di mano. Ora lo stato d'animo che la circondava si era rallegrato, cambiando radicalmente. Non poteva credere come le sue parole avessero potuto avere un effetto tale.
«Vi chiedo solamente di collaborare, per il bene di tutti noi, per il bene dei nostri paesi!» Poteva vedere visi provenienti da ogni angolo di Virdania e di Sinpong, mescolati fra di loro, senza più nessuna barriera a dividerla. Nella difficoltà avrebbero imparato ad unirsi e, forse, sarebbero usciti da quell'attacco più uniti di quanto non sarebbero mai potuti essere altrimenti.
Finite quelle poche parole di incoraggiamento la folla era su di giri, pronta a riprendere il controllo di quella situazione, iniziarono a disperdersi a piccoli gruppetti, cercando di infuocare gli animi di chiunque incontravano e di fermare chiunque gli andasse contro. Wren non rimase a lungo ad osservare quello che aveva appena mosso, ma si rimise alla ricerca di Elijah, Nika e Lady Cheryl, questa volta con una spada fra le mani.
Mentre si muoveva fra la gente, infilandosi fra i corpi sudati, notò con piacere che in molti stavano cercando di mettere in pratica i suoi consigli, ma sempre in molti stavano fallendo miseramente e ancora in di più tremavano ancora dalla paura. Immaginava che qualche parola non avesse potuto far cambiare idea a tutti, ma sopratutto farli diventare dei combattenti provetti in pochi secondi.
La sua mente rimase comunque concentrata sui suoi amici, ringraziando silenziosamente qualsiasi divinità la stesse guardando dall'alto ogni volta che un bandito incrociava la sua strada ma sembrava non notarla in mezzo a tutte le altre persone.
Dopo aver percorso metà giardino, urlando a squarciagola i loro nomi, finalmente ricevette un grido in risposta.
«Wren! Siamo qua!» la voce era lontana, ovattata dalla distanza e dal rumore di passi, grida e spari, ma era comunque presente.
Fece un giro su se stessa, cercando di capire da che parte provenisse, ma i suoi amici furono più veloci di lei. In pochi secondi furono al suo fianco, sudati, ma indenni. Tuttavia, non c'era traccia di Lady Cheryl con loro, la cosa non avrebbe dovuto stupirla.
«Ragazzi! State tutti bene?» chiese, osservandoli più da vicino. Non sembravano riportare alcuna lesione, non visibili ai suoi occhi quanto meno.
«Noi tutto a posto, piuttosto tu e Roselia?» Elijah si guardò attorno, cercando l'altra ragazza. «Dov'è? Sta bene?»
Vederlo così preoccupato per la Principessa che tanto disprezzava le fece quasi venire da ridere, ma non era quello il momento di scherzare.
«È al sicuro, ora dobbiamo raggiungerla anche noi. Ha un piano per andarsene, prenderemo una carrozza passando per i tunnel nascosti» rispose lei.
Elijah inarcò un sopracciglio. «Hai davvero lasciato Roselia da sola, in mezzo a questo trambusto?»
Wren annuì. «Ma come ho detto: è al sicuro, molto più di quanto non siamo noi in questo momento. Ci conviene sbrigarci prima che qualcun altro cerchi di attaccarmi.»
Il suo amico parve accorgersi solamente in quel momento della spada che teneva fra le mani. La indicò con fare plateale. «E quella? Da dove è spuntata fuori? Hai combattuto contro qualcuno? Perché succedono cose interessanti quando non ci sono?» La raffica di domande irritò alquanto Wren. Amava il suo amico, ma aveva sempre un tempismo pessimo per far partire la sua parlantina.
«Vi racconterò tutto più tardi, ve lo prometto» si rivolse anche a Nika, vestito di tutto punto con l'armatura di Virdania, il quale non aveva ancora spiccicato una parola. La sua spada ondeggiava al suo fianco, probabilmente non l'aveva ancora usata. «Quando saremo al sicuro, lontani da qua, avremo tutto il tempo per aggiornarci su cosa sia successo in questi minuti di panico generale.»
Così si diressero verso l'albero che nascondeva l'entrata al passaggio segreto, sperando di non essere attaccati all'improvviso da uno dei banditi. Il viaggio di ritorno di estremamente più tranquillo di quello di andata: le persone stavano ancora urlando e muovendosi in fretta e furia in giro per il giardino, ma ora gli spari erano più silenziosi, i corpi ormai divisi in due grandi masse contro le mura. Sembrava quasi che i banditi li avessero circondati con le spalle al muro come parte di un piano estremamente complicato. Non stavano più attaccando per uccidere, erano tornati solamente ad osservare e minacciare i passanti, cercando tra la folla i volti che li interessavano, quelli di Wren e di Roselia. L'unica cosa che poteva fare era tenere la testa bassa e sperare che nessuno la notasse.
Elijah era alla sua destra e Nika alla sua sinistra, sembravano quasi due guardie del corpo al fianco del Principe. Elijah non era armato, ma Nika lo era: indossava l'armatura che tutte le guardie erano state obbligate a portare per l'occasione del matrimonio e lungo il fianco gli sbatacchiava una sottile spada da cerimonia. Wren all'improvviso si chiese che fine avessero fatto tutte le altre guardie, perché solamente sembrava essere rimasto fra di loro, durante il suo andare avanti ed indietro non ne aveva incontrata nemmeno una. Pensò di chiederglielo, ma alla fine lasciò perdere perché probabilmente anche lui ne era all'oscuro.
Si avvicinarono all'albero senza alcun problema e, controllando che nessuno stesse facendo caso a loro, Wren aprì il portellone sul terreno che nascondeva le piccole scale a pioli. Sotto il buio era completo, esattamente come prima. Sapeva che Roselia si trovava proprio alla fine di quelle piccole protuberanze di ferro che uscivano dal muro, eppure avrebbe potuto giurare che non ci fosse nessuno lì sotto.
Fece prima scendere gli altri, uno dopo l'altro, poi, dandosi un'ultima occhiata intorno, si calò a sua volta, chiudendosi l'ingresso alle spalle.
Uno dei due ragazzi aveva acceso in qualche modo una luce, proiettando lunghe ombre per tutta la superficie di mattoni del tunnel. I gradini di ferro scricchiolavano sotto il suo peso, ma ben presto Wren si ritrovò con un tonfo sul pavimento fermo.
Quando si girò, il mondo le barcollò sotto i piedi.
«Roselia? Dov'è Roselia?» chiese, scansando Elijah e che le stavano bloccando la vista, ma di lei non c'era alcuna traccia.
«Pensavo lo sapessi tu!» esclamò Elijah, le mani con i palmi aperti davanti a lui. «Hai detto che era al sicuro, no?»
«Sì, pensavo lo fosse. Eravamo rimaste d'accordo che mi avrebbe aspettato qui, mentre io venivo a cercare voi due.» E Lady Cheryl, aggiunse nella sua mente. Non l'aveva trovata e l'unica cosa che poteva sperare era che si trovasse al sicuro.
«Che le sia successo qualcosa?» La domanda constatava l'ovvio, ma nonostante ciò fece calare un pesante silenzio intorno ai tre ragazzi. Se le era successo qualcosa era solamente per colpa di Wren: aveva acconsentito a lasciarla da sola, avrebbe dovuto farla venire con lei. Ma anche il quel caso, non poteva essere sicura della sua incolumità, anche se fossero state assieme le sarebbe comunque potuto succedere qualcosa. Però sarebbe potuta intervenire, avrebbe potuto provare a salvare, a fare qualsiasi cosa fosse necessaria.
Si guardò nuovamente intorno, come a poterla fare apparire dalle ombre che li circondavano. «Magari si è solamente addentrata nel passaggio, per essere sicura di non essere attaccata in caso qualcun altro trovasse l'ingresso al tunnel» propose, ma la sua stessa voce era insicura e flebile.
Nika fece la cortesia di annuire silenziosamente, rivolgendole anche un piccolo sorriso di incoraggiamento, ma Elijah le rivolse un'occhiata di traverso.
«Lo sappiamo entrambi che non può essere successo nulla del genere. La situazione è decisamente diversa, fattelo dire.»
«Stavo solo cercando di essere ottimista.»
«E io sto solamente cercando di farti vedere la realtà: alimentare le tue fantasie non farà altro che spezzarti ancora di più il cuore quando la verità salterà fuori» disse Elijah, avvicinandosi di qualche passo deciso verso di lei. Le prese le spalle per le mani. «Non è il momento di perdere la lucidità solamente per una ragazza.»
Wren corrugò la fronte, le labbra distorte in una smorfia ferita. «Smettila di parlarmi come se fossi una ragazzina. Sono pienamente consapevole di quello che mi sta accadendo intorno, ma penso che dovrei mantenere un minimo di speranza in quello che faccio.»
«Ragazzi, non è questo il momento di avere delle discussioni. Conviene continuare per il tunnel, se Roselia è andata avanti la troveremo, e se non l'ha fatto... beh, cerchiamo di arrivare al punto di incontro che avevate concordato: dovevamo andare a prendere una carrozza, no? Magari è successo qualcosa e ha preferito dirigersi subito lì» si intromise Nika, la voce della ragione fra di loro.
Elijah si staccò da lei, passandosi una mano fra i capelli. «Va bene, va bene, non fasciamoci subito la testa, volevo solamente fare capire a Wren che potrebbe essere successo qualcosa di brutto alla sua amata e non dovrebbe trascurare questa cosa.»
«Ovvio che non lo sto facendo! Io... spero solamente che stia bene, tutto qua. Non confondere la mia speranza con ingenuità.»
Detto questo, i tre si avviarono lungo il tunnel, con la unica fonte di luce nelle mani di Elijah ad illuminargli la strada.

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