La mattina seguente Wren si ritrovò a vagare nell'ala riservata alle stanze dell'Imperatrice. Nonostante non si fosse mai dedicata in modo assiduo alla crescita dei figli, non le importava. Per lei era sempre stata e per sempre sarebbe stata un punto di riferimento. Perché almeno lei trattava Dracyan nello stesso identico modo in cui trattava Wren. E quando si ricordava della loro esistenza, sembrava la persona più dolce del mondo. Nonostante li vedesse poche volte l'anno conosceva sempre i loro interessi e gli faceva trovare bellissimi regali.
Forse non era colpa sua, se era sempre stata una madre assente. Forse era colpa della sua malattia, che la relegava nella parte più preclusa del castello. Certi giorni, dicevano le cameriere, non riusciva ad alzarsi dal letto, era così pallida e immobile da sembrare un cadavere, ma se avevi il coraggio di avvicinarti potevi notare il suo respiro lieve gonfiarle il petto.
Nessuno sapeva con precisione che male la affliggesse, e tantomeno vi se ne conosceva una cura. Erano stati chiamati medici e guaritori da ogni dove, chi usava la magia, chi le erbe del terreno, chi strani liquidi in lunghe siringhe, ma nessuno era mai riuscito a svelare il mistero.
Il padre diceva che, l'unica cosa a farla sopravvivere, era la sua testardaggine. «È troppo cocciuta, persino per morire» diceva, «Non vuole darla vinta a nessuno, nemmeno alla morte.»
Wren era quindi cresciuta amando una figura quasi mistica, che sarebbe potuta scomparire da un momento all'altro, lasciando ormai poche tracce del suo passaggio.
Negli ultimi anni, le si era avvicinata molto. Conosceva ogni più piccola stanza del castello, e i turni di tutte le guardie, quindi era facile intrufolarsi nelle sue camere anche senza invito.
La prima sera che si intrufolò da lei, quando l'Imperatrice se l'era ritrovata davanti, in mezzo al suo salotto, non sembrava arrabbiata. Anzi, era quasi divertita, come se non stesse aspettando altro.
Quella sera era tornata da lei, come faceva ogni volta che voleva parlare. Anche se da piccola non aveva mai avuto grandi conversazioni con la madre, aveva ben presto capito che era una grande ascoltatrice, e dava anche consigli migliori rispetto ad Elijah.
«Come stai?»
Era la prima volta, dalla notizia della morte di Dracyan, che qualcuno glielo chiedeva. Neppure Elijah, che era sgattaiolato nella sue camere la sera precedente, subito dopo la conversazione con l'Imperatore, aveva tentato di entrare in quel territorio minato. E forse sarebbe stato meglio se nessuno vi si fosse avvicinato.
Quasi fossero sempre state lì, aspettando solamente il momento giusto per uscire allo scoperto, una dopo l'altra, le iniziarono a cadere calde lacrime lungo le guance. Solamente un paio, prima che le asciugasse con i palmi delle mani, ricacciando indietro le sorelle che volevano seguirle.
«Non sto bene, ma devo fare finta che sia così.»
«Tuo padre... Non sa mai quando è il momento di mettere da parte la politica e pensare alle persone che ha davanti.»
«Ma ha ragione, non posso mettere a repentaglio il futuro di milioni di persone, solamente per un mio capriccio» rispose Wren, ripetendo quelle parole che da ore usava per convincere se stessa.
«Essere in lutto non è un capriccio. È un diritto e un dovere.»
«Tu... sembri molto provata, madre.»
Le sue occhiaie erano più scure del solito, e la camera sembrava essere stata messa apposto in tutta fretta, poco prima che lei arrivasse, cercando di nascondere tutto il disordine. Sapeva che quando era arrabbiata, sua madre amava distruggere cose.
«Certamente. Mio figlio è appena morto, non posso fare altrimenti. Non credi?»
Era in momenti come questo che Wren si chiedeva come due persone così diverse potessero mai finire per sposarsi. Sapeva che spesso matrimoni fra reali non erano dettati dall'amore, ma dal dovere, tuttavia quella dei suoi genitori era una delle poche eccezioni. L'Imperatrice avrebbe potuto scegliere fra un centinaio di contendenti, uno più abbiente dell'altro, ma aveva scelto un uomo che poco possedeva rispetto agli altri. Non aveva nemmeno terreni da annettere a quelli già posseduti da Sinpong, e nemmeno una bellezza smagliante che lo rendesse un partito speciale. Era solo un uomo, forse non così freddo all'epoca, di cui una giovane donna si era innamorata.
«Potresti rimanere qua, con me, troveremo un modo di uscire da questa situazione senza obbligarti a questo sforzo» propose la madre, i suoi occhi azzurri che scrutavano il viso di Wren in cerca di una qualche risposta. Certe volte sembrava che quegli occhi potessero guardare attraverso la sua pelle, fino agli angoli più nascosti della sua mente. La prima volta che le aveva raccontato di una sua cotta per una ragazza di corte non era parsa affatto sorpresa di queste infatuazione, come se avesse da sempre saputo l'orientamento sessuale della figlia.
Wren scosse la testa, non vedeva alcuna soluzione a quel casino, nessuno modo di riuscire a disubbidire a suo padre, cosa nella quale era diventata una campionessa nello scorrere degli anni. «Sai che amo scappare dai miei impegni reali, ma penso che questa volta non ci sia veramente un modo di uscirne.»
La Principessa Wren non era quella "amabile" della coppia di gemelli. Tutto il Paese lo sapeva, e non mancavano di ricordarglielo. Dracyan veniva acclamato ovunque, in qualsiasi occasione. Tutti lo immaginavano come il principe azzurro, a cavallo, pronto a salvare la nazione. Wren era solamente una ragazza piena di difetti.
«Sembri molto convinta a voler andare.»
«Ormai Dracyan è morto, stare qui non lo riporterà in vita. E non aiuterà nemmeno il paese. Sarebbe solamente una scelta inutile ed egoista quella di rimanere.» Non erano parole sue, ma dell'Imperatore. Quella mattina l'aveva chiamata nuovamente nei suoi uffici, per ripeterle quanto fosse importante che prendesse il posto di Dracyan e come non era un'offerta la sua, ma un ordine.
«Quindi mentire ad un intero Regno e ad una ragazza che ha aspettato tutta la sua vita di sposarsi e avere una famiglia è la soluzione migliore?» chiese sua madre, avvicinandosi a lei. Le loro gambe si stavano toccando, sedute su un piccolo divanetto di broccato, eppure Wren non si era mai sentita più sola che in quel momento.
Wren stava cercando di fingere che la Principessa di Virdania non esistesse, perché la sua presenza non faceva che rendere ancora più difficile la scelta. Non sapeva nemmeno come fosse fatta, la ragazza che avrebbe dovuto sposare. Sapeva quello a cui stava andando in contro, sapeva che, da lì a pochi mesi, avrebbe mentito al mondo intero, ma non si era veramente soffermata a pensare che, prima di tutto il resto, avrebbe mentito ad una povera giovane, che poco centrava con tutto quel casino.
Chiuse gli occhi e trasse un respiro. «Il nostro Regno è più importante di una ragazzina.»
Nel buio della sua mente sentì una mano avvicinarsi alla stia testa e carezzarle lentamente i capelli.
«So che non lo pensi veramente, piccola mia. Puoi cercare di convincerti, ma non è questo che il tuo cuore prova veramente.»
L'Imperatrice la avvicinò a sé, appoggiandole il viso sul suo petto.
«Sai, mi ricordo quando cercasti di convincere Dracyan ad arrampicarsi su un albero con te, anche se quella mattina avevate delle lezioni da seguire. Non so come, ci riuscisti. Riuscisti a staccarlo dai libri, conducendolo nei giardini. Quando cadette e si fece male, vostro padre non volle sentire scuse: anche se aveva un braccio rotto, doveva studiare, e siccome avevate perso due ore a giocare, quel giorno vi fece saltare il pranzo, per far in modo che non perdeste nemmeno un minuto di spiegazioni.»
«Me lo ricordo bene anch'io, anche se non avevamo più di dieci anni» borbottò di rimando. Quella memoria non faceva altro che riempirle il cuore di tristezza. Dicevano che quando si sta per morire ti passa tutta la tua vita davanti agli occhi, ma Wren la stava rivivendo in quelle ore. Non faceva altro che pensare a Dracyan e a tutto quello che avevano passato insieme, e ogni oggetto le ricordava di lui, e ogni luogo le ricordava di lui, e ogni odore le ricordava di lui, e ogni suono le ricordava di lui, e ogni volto le ricordava di lui.
Wren si allontanò dall'abbraccio della madre e subito la vide allungare la schiena, irrigidendosi. Quel gesto non le aveva fatto piacere. Meglio così.
«E sei d'accordo con quello che ha fatto tuo padre? Avesti obbligato un bambino dolorante a seguire lunghe ore di storia e matematica? Facendogli saltare un pasto?» chiese con tono grave.
«Ovvio che no, non farei mai una cosa del genere.»
«Beh, è un po' quello che stai per fare. Forse le somiglianze ti sembreranno troppo tirate, ma ti stai comportando come farebbe lui» sputò fuori, la voce piena di rancore. I suoi occhi si erano allargati, increduli davanti al comportamento della figlia.
Forse quello era l'insulto che più l'avrebbe mai potuta ferire. Aveva sempre ostentato con fierezza il fatto di essere l'esatto contrario del padre. La maggior parte delle volte in cui si rivolgevano la parola finiva per disprezzarlo con tutto il suo cuore.
«Continui a pensare che il nostro Regno sia più importante di una ragazzina?» chiese nuovamente l'Imperatrice.
Distolse lo sguardo da quello della madre. Non avrebbe mai saputo mentirle guardandola dritto negli occhi. «Sì.»
Forse era vero. Forse non era vero. Ma non era quello l'importante, per una volta avrebbe aiutato la sua famiglia, il suo popolo, per una volta avrebbe seguito gli ordini di suo padre. Non c'era alcuna via di scampo al suo volere e, tanto valeva, farsene subito una ragione, guardare il lato positivo e cercare di salvare il suo popolo.
«Beh, so che cambi idea molto facilmente, e spero che tu lo faccia prima della tua partenza»
Detto questo l'Imperatrice si alzò, rigida e fredda, e svolazzando nel suo turbine di stoffe rosse si chiuse nelle sue stanze.
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Of Venom and Thorns ~ SAPPHIC
FantasíaIl Regno di Virdania e l'Impero di Sinpong sono in estremo pericolo, una guerra incombe su di loro, più vicina di quanto osassero sperare. Mentre il nemico a Kaiste sembra diventare sempre più forte, la soluzione diventa una sola: sancire la loro al...