𝓦𝓻𝓮𝓷

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Camille la stava aspettando al solito posto, seduta sul bordo di una panchina di pietra. Teneva le gonne strette fra i suoi pugni, mentre ne tormentava la stoffa con le dita, gli occhi che scattavano da destra a sinistra, un ciuffo di capelli uscito dall'acconciatura che le copriva in parte il volto.
«Finalmente sei arrivata» esclamò alzandosi di scatto quando la vide. La strinse in un morbido abbraccio, le braccia di Camille dietro il suo collo. Le mani di Wren trovarono subito il loro posto sui suoi fianchi.
«Pensavo che fosse uno scherzo di cattivo gusto, ma sei davvero qui» mormorò Camille contro il suo petto.
Il popolo era già stato avvisato della morte di uno dei figli dell'Imperatore, ma ovviamente quella che tutti stavano piangendo non era Dracyan, era Wren.
Aveva accettato a malincuore di prendere il posto del fratello, ma in realtà non aveva mai avuto una scelta a riguardo. Anche se avesse detto di no, suo padre non avrebbe desistito a farle cambiare idea.
Far sapere a tutta la nazione che la Principessa Wren era morta era soltanto il suo scacco matto: ora non avrebbe più potuto tirarsi indietro, tutti pensavano che Dracyan fosse quello vivo, non il contrario.
Non aveva aspettato nemmeno un giorno a rendere pubblica la notizia, non le aveva nemmeno lasciato piangere suo fratello in intimità.
Si staccò dall'abbraccio, allontanando il viso di Camille. Sembrava aver pianto, le sue palpebre erano rosse e gonfie, così come il naso. «Certo che sono io, non avrei mai potuto raccontarti una menzogna.»
Le aveva scritto una lettera, quella mattina stessa, chiedendole di potersi incontrare. Non poteva nemmeno immaginare cosa avesse passato nelle ore precedenti, o cosa stesse provando in quel momento.
«Sembra un miracolo» sussurrò Camille portando una mano alla guancia di Wren. Lei si lasciò scaldare da quel tocco gentile, assaporando ogni millimetro di pelle toccata dalle sue dita.
«Non è un miracolo, non sono mai morta» sorrise tristemente.
Camille corrugò la fronte. «Mi spiegherai mai cosa sta succedendo? Tutti credono che tu sia morta, stanno preparando il rito funebre e i doni per il tuo viaggio, cos'è questa messa in scena?»
«Non posso, mi dispiace... Ti basti sapere che io sono viva, è questo che conta.»
Camille annuì, la mano ora lontana da Wren, lo sguardo perso da qualche parte dietro di lei. Sembrava così assente e lontana, tutto d'un tratto.
«Perché devi sempre fare così? Non sarò mai abbastanza per te? Non potrai mai mettermi a corrente di quello che fai? Solo perché hai del sangue reale in te pensi di essere tanto meglio di una stupida popolana?» sbraitò. Wren cercò di prenderle il braccio con la mano, ma lei si scostò di scatto. «Non mi toccare.»
«Questo non è vero, e lo dovresti ben sapere.» La voce di Wren stava tremando dalla rabbia.
Avrebbe potuto ricevere quel commento da chiunque e se lo sarebbe scrollato via, come una foglia che col vento le fosse finita fra i capelli, ma sentire quelle parole sulla bocca di una persona che diceva di conoscerla, di volerla e di amarla...
Non era giusto, non dopo quanto Wren si era resa vulnerabile nei suoi confronti.
Nonostante questo, sapeva che la loro relazione non sarebbe durata a lungo, ma la colpa sarebbe stata la sua, non di Camille.
«E allora come stanno le cose? Dimmelo, e forse potrò capire veramente. Se mi tieni all'oscuro di tutto non puoi pretendere che io abbia una reazione diversa da questa quando prima mi dicono che sei morta, e poi compari dal nulla come se niente fosse! Parlami!»
Mentre urlava le vene sul suo collo iniziarono a gonfiarsi e a pompare il sangue sempre più velocemente, i suoi occhi si arrossarono ancora di più. Poi si mise a piangere.
Wren avrebbe voluto allungare una mano e cancellare quelle lacrime, ma Camille le asciugò con la manica del vestito prima che potesse muoversi.
Prima di rispondere, Wren prese un lungo respiro. «Io vorrei tanto spiegarti tutto quello che sta succedendo, ma la verità è che nemmeno io sono a conoscenza dei dettagli, so solo che mio fratello è morto e mio padre vuole che prenda il suo posto.»
Scosse la testa, passandosi una mano fra i capelli scompigliati. «So che suona ridicolo, ma è la pura verità, devi credermi.»
Camille rimase in silenzio.
Il vento si stava alzando lentamente e le sue gonne, così come i capelli marroni, si stavano alzando per seguirlo.
Anche se era arrabbiata e distrutta, rimaneva comunque così bella da farle battere il cuore.
«Dì qualcosa, per favore» mormorò Wren.
La stava implorando con lo sguardo, inviandole la silenziosa supplica di credere alle sue parole e di non abbandonarla in quel momento difficile.
Nel giro di poche ore aveva perso suo fratello e la sua vita, non poteva perdere anche lei.
«Anche se ti credessi... cosa cambierebbe?»
Wren rimase allibita. «Non so davvero cosa tu stia cercando di dire.»
Camille si avvicinò di qualche passo, accorciando la distanza fra loro, i loro corpi ormai vicinissimi, eppure sembrava sempre così lontana.
«Significa che, anche se quello che stai dicendo è vero, io non sarei ancora abbastanza per te, non è vero?»
Quindi era questo quello che le interessava veramente.
Non le importava nulla di Dracyan, non le importava nulla che da lì a qualche giorno lei sarebbe partita e non l'avrebbe rivista mai più, le importava solamente di sentirsi dire che era speciale.
E lo era, ovviamente era speciale, ma in quel momento era Wren ad avere bisogno di lei. La verità è che Camille non l'avrebbe mai capito, non avrebbe mai guardato Wren e visto una ragazza bisognosa di affetto e carezze, per lei era solamente un cavaliere, pronta a proteggerla.
Wren azzerò la distanza fra loro. «Sai che non è vero, ti amo più di ogni altra cosa.»
Le appoggiò una mano sui fianchi, attirandola a sé.
Aveva sempre pensato di essere una brava corteggiatrice, ma era decisamente più abile con i fatti che con le parole.
Gli occhi azzurri di Camille si chiusero a quel tocco, come a non volere affrontare la realtà dei fatti.
«Ti amo, ti ho sempre amato e per sempre lo farò. Non ricordi la nostra promessa?» chiese in sussurro.
Camille annuì lentamente. Certo che se la ricordava, era stata lei ad inventarsela. Le aveva fatto promettere, con un anello di margherite raccolte in un campo, durante un picnic al lago, che fino a quel ricordo fosse stato impresso nelle loro menti, non avrebbero amato nessuno più di quanto non amassero l'un l'altra. Le aveva fatto promettere di non pensare a nessun altro oltre che a lei, e Camille avrebbe fatto lo stesso. Le aveva fatto promettere che, un giorno non troppo lontano, sarebbero scappate insieme, lasciando la vita di corte lontana, recandosi dove nessuno le conosceva e avrebbero potuto iniziare una nuova vita, solo loro due.
«Come potrei mai non ricordamela?» La voce di Camille era flebile, tremante. La rabbia aveva presto lasciato il posto alla tristezza. E l'unica cosa che voleva fare, che sembrava giusto fare, era baciarla. Baciarla finché il sole non fosse sorto, finché qualcuno non fosse venuto a prenderla e a spedirla dall'altra parte del mondo.
Le passò una mano fra i capelli, scostandole dietro le orecchie la ciocca che continuava a svolazzarle davanti al viso.
Poteva sentire la pelle calda sotto i suoi polpastrelli, la morbidezza dei capelli fra le sue dita, il tremore del suo respiro nel silenzio della notte.
Ormai doveva essere passata la mezzanotte perché un tamburo in lontananza iniziò a suonare, ricordando ai cittadini l'inizio di un nuovo giorno, pieno di nuove speranze e doveri. Wren avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell'esatto istante. Per quanto stesse cercando di convincersi che quelle era l'unica scelta, la scelta giusta, quella che Dracyan avrebbe fatto, non poteva non avere un milione di ripensamenti. Non era pronta a lasciare tutto e tutti indietro, fingere di essere suo fratello e sposare una Principessa di un paese sconosciuto. Non era quello che voleva fare. Non voleva passare la sua vita come se stesse vivendo un'unica grande menzogna. Aveva lottato così tanto, tutta la sua vita, per essere Wren e non la Principessa Wren, eppure ora era obbligata a partire da zero. Avrebbe ricostruito la sua vita, basandola su bugie e inganni e nulla più.
«Ti amo, sul serio. E so che al momento tu ti possa sentire tagliata fuori dalla mia vita, ma non ho avuto altra scelta. Volevo davvero parlartene, ma non ho avuto tempo di farlo fino ad adesso. Ti ho scritto appena ho potuto.»
Ed era la verità. Avrebbe voluto scriverle subito, appena lei ed Elijah erano tornati dalla città e avevano scoperto quello che era successo a Dracyan, ma non le era stato permesso di farlo.
Alla fine Camille cedette, lasciandosi abbracciare un'altra volta. Poteva sentire il dolce profumo dei suoi capelli nelle narici, avrebbe voluto poterlo imbottigliare e portare con sé, per non doverla mai davvero lasciare andare.
«Ti amo anch'io» bofonchiò contro il suo petto.
Wren non potè fare a meno di ridacchiare, rilasciando un po' di quelle tensione che si era costruita nel suo corpo. «Ovviamente.»
Camille si staccò lentamente dalla stretta, gli occhi verdi a scrutare quelli di Wren. «Quindi, mi spiegherai tutto adesso?»
«Certamente, ma prima...»
Senza lasciarle modo di replicare Wren abbassò la testa, inclinando leggermente, per poi appoggiare le sue labbra su quelle di Camille.
Iniziò piano, quasi accarezzandola, aspettando che la ragazza le desse un segno di continuare o di fermarsi. Quando ricambiò il tocco, si spinse più in là, più a fondo, con più energia.
Lasciò la sua lingua farsi spazio nella bocca di lei, libera di andare ovunque volesse, esplorando ogni più piccola parte di lei.
Più la baciava più voleva rimanere fra le sue braccia, più voleva assaporare le sue labbra, più voleva sentire le sue mani sui fianchi.
Allungò una mano verso lo chignon di Camille, disfacendolo in pochi secondi e lasciando le lunghe ciocche bionde a svolazzare nella notte. Le prese il volto fra i palmi, accarezzandolo con gentilezza, per poi passarle le dita fra i capelli. La strinse ancora di più, facendo aderire le sue curve a quelle di lei, in un incastro perfetto, diventando un'unica cosa.
La baciò e la baciò, come se fosse la prima volta, anche probabilmente sarebbe stata l'ultima.
Quando si staccarono la faccia di Camille era rossa, i capelli scompigliati e annodati e gli occhi brillavano nel buio della notte. Nonostante questo la fece sedere sulla panchina e la intimò di raccontarle tutto, con fare perentorio.
«Come ti ho già detto, neanch'io sono sicura di cosa sia accaduto di preciso, ma ieri sera... è arrivata notizia della morte di mio fratello» iniziò a raccontare, omettendo la parte di lei ed Elijah a bere in città. Le spiegò degli accordi che suo padre aveva stretto con il Re di Virdania, di come era essenziale avere il loro aiuto e di come, se le nozze fossero state annullate, tutto il paese sarebbe stato a rischio. Non si potevano permettere di partecipare ad una guerra, figurarsi di farlo con un nemico in più, anziché un alleato.
«E tu? Quale sarebbe il tuo ruolo in tutto questo? Perché devi essere tu quella a cui viene organizzato un funerale?» chiese Camille, gli occhi spalancati, incredula di quello che le sue orecchie stavano ascoltando. Non poteva biasimarla.
«Te l'ho detto prima, nessuno può sapere della morte di Dracyan. Se tutti sono convinti che quella passata a miglior vita sono io, sarà più facile continuare le contrattazioni con Virdania, senza lasciare l'assenza di uno di noi due inspiegata» rispose Wren. Posò una sua mano su quella di Camille, stringendola con delicatezza.
Camille distolse lo sguardo dal suo, concentrandosi sulle loro dita intrecciate. «Quindi questo cosa vuol dire per me? Per noi?»
Wren non voleva veramente pronunciare quelle parole ad alta voce, aveva sperato che Camille ci arrivasse da sola, e ovviamente lo aveva fatto, ma anche lei non era pronta a rendere tutto più vero dicendolo.
Odiava dare le brutte notizie. Sarebbe stato doloroso per Camille, ma si meritava comunque la verità, non sarebbe cambiato nulla a girarci intorno. Così Wren prese un respiro tremante.
«Io prenderò il posto di Dracyan, andrò a vivere a Virdania come era stato organizzato e sposerò la Principessa. Tu sarai forte, mi dimenticherai nel giro di qualche settimana, massimo un paio di mesi, troverai una persona che ti renda veramente felice e passerai il resto della tua vita con loro.»
Camille scosse la testa, con energia, rimanendo in silenzio.
«Piangerai per qualche giorno,» continuò Wren, «poi ti arrabbierai con me, ma alla fine ti scorderai il mio odore, il mio volto, il mio nome. Non rimarrà nulla di me e andrà bene così, perché non ne avrai bisogno.»
Wren raccolse entrambe le mani di Camille, portandosela in grembo, mentre lei iniziava a piangere. Le accarezzò i palmi con le sue dita, disegnando piccoli cerchi, nella speranza di aiutarla a calmarsi.
Sapeva che sarebbe stata dura per lei, ma in fondo non stava dicendo altro che la verità. In un battito di ciglia Wren non sarebbe più esistita per lei, così come Camille non sarebbe più esistita per Wren. Lo sapeva già da tempo, da prima che tutto quel casino iniziasse. Aveva provato a cambiare, a diventare quello di cui Camille aveva bisogno, ma devono essere entrambe le persone a cambiare per portare avanti una relazione, non si può lasciare tutto il peso ad uno solo dei due pilastri o altrimenti finirà per collassare su se stesso, portando con se anche l'altro.
Aveva detto di amarla, o lo faceva, lo aveva fatto, ma l'amore era un sentimento così labile, che veniva ed andava liberamente dentro e fuori il cuore di Wren, senza che lei potesse mai veramente afferrarlo. Stava bene con lei, si sentiva a suo agio, il suo stomaco impazziva solamente a guardarla, ma non poteva immaginarsi di vivere tutta la sua vita con lei.
Ad essere sinceri, andare a Virdania era quasi diventata una scusa.
«No, sai benissimo che non succederà mai» riuscì a dire dopo qualche secondo, la frase interrotta dai singhiozzi del pianto.
Scosse la testa un'altra volta, come a sottolineare la sua affermazione.
«Certo che accadrà, sei una ragazza bella e intelligente, troverai qualcuno che ti ami meglio di quanto non possa mai aver fatto io.»
«Quello che stai dicendo, è pura cattiveria.»
«In questo momento ti potrà sembrare così, ma ti assicuro che sarà così, non sono mai stata la tua metà perfetta, lo sai, ti meriti di meglio.»
Camille sembrò agitarsi a quell'ultimo suo commento. «Perché ti comporti sempre in questo modo? Quando si inizia a parlare di relazioni, di cose serie, ti arrendi ancora prima di cominciare: anche per chiederti di diventare la mia ragazza ho dovuto convincerti in mille modi che ne sarebbe valsa la pena e che non avresti rovinato tutto come ti ostinavi a pensare.»
Forse perché non è qualcosa per cui valga la pena lottare, pensò amaramente.
«Se dici così sembra che non mi importi nulla di noi due, e sai che non è vero. Sto solamente guardando negli occhi la realtà e sono sicura che presto capirai anche tu che quello che sto dicendo è solamente per il tuo bene» rispose invece.
Ormai era arrivato l'orario di tornare al castello. Uscire di nascosto non era mai stato semplice, ma adesso che Wren era diventata l'unica erede al trono, suo padre la teneva d'occhio più del solito, non poteva permettersi di restare fuori troppo a lungo. Inoltre, la mattina seguente avrebbe dovuto alzarsi presto per chissà quale noiosa lezione, non sarebbe riuscita a poltrire fino all'ora di pranzo come era solita fare, ma avrebbe comunque avuto bisogno di riposare.
Il suo cuore si stringeva al solo pensiero di dover lasciare Camille lì, da sola, dopo averle appena dato una delle notizie peggiori della sua vita. Sola, al buio e con il cuore infranto. Ma non c'era altra scelta, così avrebbe sofferto di meno.
«Quindi, in poche parole, mi stai lasciando» mormorò infine Camille, gli occhi fissi da qualche parte sotto il collo di Wren, improvvisamente vuoti. «Sei venuta qua, mi hai calmato e poi baciato solamente per lasciarmi subito dopo.»
«Il bacio non era programmato, mi sono lasciata spingere un po' troppo» acconsentì lei. «Un ultimo pegno del mio amore, immagino.»
«Te lo puoi infilare dove non sbatte il sole il tuo amore!» esclamò Camille. La rabbia era tornata, più forte di prima.
Alzò la testa, incenerendo Wren con il solo sguardo, le piantò un pugno sul petto, poco più in alto del seno sinistro, lo fece con decisione, con l'intenzione di farle del male, ma lo sentì a malapena.
«Sei la peggio del peggio del peggio! Non ho davvero parole per descrivere quanto io ti odi!» continuò imperterrita, senza smettere di tirare un pugno dopo l'altro, mirando a parti casuali del corpo di Wren, ma senza mai provocarle veramente dolore. Non fisico, per lo meno.
«Hai ragione, non c'è un modo per descrivere quanto io faccia pena, e spero che un giorno mi potrai scusare per questo, ma devo andare.»
La raffica di colpi si fermò, gli occhi di Camille si rimpicciolirono, le sopracciglia si aggrottarono. «Te ne vai veramente.»
«Non stavo scherzando, o mentendo. Per quanto possa importare, mi piacevi sul serio Camille, ma è il momento di dirsi addio.»
Se ne andò, prima che lei potesse replicare qualcosa, prima che potesse bloccarla, prima che potesse, in qualche modo, riuscire a farle cambiare idea. Perché forse, se glielo avesse chiesto, sarebbe rimasta, non sarebbe andata a Virdania, sarebbero scappate insieme da qualche parte, ma non glielo aveva mai chiesto ed era meglio così, per Wren, per Camille e per il regno intero. Un amore passeggero in cambio della vita di migliaia di persone era un sacrificio che doveva compiere.

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